Impresa & Territori IndustriaTessile e abbigliamento: torna di moda la ripresa
Tessile e abbigliamento: torna di moda la ripresa
di Carlo Andrea Finotto e Silvia Pieraccini | 3 gennaio 2014

Ritorno degli ordini, risveglio di alcuni mercati come Stati Uniti ed Europa, seconda parte del 2013 con segno positivo. Parafrasando Francesco De Gregori si potrebbe dire che è da questi particolari che si giudica un settore. Si potrebbe anche dire che tre indizi fanno una prova. E che per il tessile-abbigliamento italiano il 2014 ha una discreta dose di premesse per essere l'anno di svolta.
«I prossimi sei mesi possono segnare un'inversione di tendenza, sia per la parte tradizionalmente più forte della filiera, quella dell'abbigliamento-moda, sia per le imprese a monte» conferma Claudio Marenzi, presidente di Sistema Moda Italia (Smi), al lavoro anche durante le feste nella sua azienda: la Herno di Lesa (Novara). Incombe Pitti Uomo, a Firenze dal 7 al 10 gennaio, uno degli appuntamenti e degli indicatori più importanti della nuova stagione che si va ad aprire. Dai lì potrebbe arrivare la conferma che uno dei pilastri del made in Italy sta ripartendo.
Non sarebbe male per il sistema Paese, visto che si parla di un settore con 50 più di miliardi di fatturato, oltre la metà legati all'export, con un saldo commerciale positivo sui dieci miliardi e, nonostante lo tsunami della crisi più grave dopo quella del 1929, con ancora quasi 50mila aziende e oltre 410mila addetti.
Smi ha previsto per il primo semestre 2014 una crescita del fatturato pari al 2,1%, trainato dall'abbigliamento-moda (+2,8%) ma con anche il tessile che torna positivo (+0,4%). Le esportazioni saliranno dell'1,8% e il saldo si arricchirà di un ulteriore 7,3. In ripresa anche la domanda interna: +1,4%.
Un segnale, anche questo, come il fatto che siano in molti a lavorare nei giorni tra Natale e Capodanno. Saldamente in ufficio è Silvio Albini. «Non possiamo dire che le cose vadano bene – ammette il titolare dell'omonimo cotonificio bergamasco e presidente di Milanounica – ma il secondo semestre ha in parte compensato i primi sei mesi del 2013. E questo potrebbe essere di buon auspicio, così come il fatto che gli ordini arrivino anche dal mercato europeo e da quello americano, che si sta risvegliando».
Dai territori arrivano ulteriori conferme. A partire da Prato, che tenta anche di superare lo shock della tragedia del rogo dove hanno perso la vita sette cittadini cinesi. Nel distretto toscano – circa 3 miliardi di fatturato e oltre 1,5 legati all'export – la seconda parte dell'anno ha registrato una scossa. «Il dato positivo dell'export dopo cinque trimestri negativi consecutivi – sottolinea il vicepresidente degli industriali, Andrea Tempestini – è un segnale che auspichiamo preluda a un'inversione di tendenza». Speculare l'analisi di Marilena Bolli, presidente degli industriali biellesi: «È stato un anno difficile ma il trend sta cambiando. Nel 2014 cresce l'ottimismo tra gli imprenditori, sia sulla produzione sia sugli ordini. La vocazione internazionale privilegia e sostiene le produzioni di nicchia e d'eccellenza del distretto biellese».
A fare la differenza saranno proprio questi elementi. Il primo: «I segnali saranno colti solo dalle aziende strutturate, orientate sui mercati esteri – spiega Marenzi – una vocazione che è più spiccata e nel Dna dell'abbigliamento-moda, ma esiste anche nella parte a monte della filiera». Il secondo: «Anche chi realizza prodotti intermedi ed è più legato al mercato interno potrà beneficiare del cambiamento – aggiunge Albini – purché lavori sull'alta qualità». Per gli altri i tempi duri potrebbero proseguire: «In Italia è ancora tutto fermo - dice il presidente di Smi – e per sbloccare la situazione servirebbero le cose che ripetiamo come un mantra: tagliare le tasse, ridurre il cuneo fiscale, ridare potere d'acquisto alle persone». Anche perché, come ricorda Marilena Bolli, «questo fuocherello di ripresa rischia di spegnersi se non si cambia passo in maniera decisa. Le imprese hanno bisogno di fiducia. Rimettere al centro il lavoro, l'industria e il manifatturiero: solo le esportazioni non possono più bastare». E da Prato Tempestini rincara la dose: «Dall'analisi dei bilanci delle imprese emergono le difficoltà a far fronte a un fisco sempre più esoso, costi per il personale e dell'energia sempre maggiori, continui aumenti del costo del denaro. In queste condizioni, gran parte dell'immobilismo delle imprese rispetto agli investimenti è conseguenza dell'erosione dei margini».
Inoltre c'è l'incognita Pakistan, la variabile che potrebbe sparigliare le carte. La decisione della Ue di prorogare fino al 2017 i dazi iperfavorevoli (o zero) per i prodotti provenienti dal Pakistan, «non aiuterà di certo il tessile continentale e quello italiano in particolare» ammette Silvio Albini. A Prato la scelta è stata definita «scellerata». E Claudio Marenzi spiega come sia al vaglio «la verifica di legittimità del provvedimento Ue. Spesso c'è l'impressione che la politica consideri il tessile un settore maturo che si possa smantellare. Non è così!». E dall'Est arriva anche un'altra preoccupazione: «Il rallentamento della Cina - spiega Albini – un Paese con un bacino d'utenza enorme per il lusso, su cui, come Milanounica, puntiamo molto».