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Il mondo corre tra gli stand, l'Italia soffre

Futuro in rosa per il business delle fiere. Almeno, a livello internazionale. L'Italia dei quartieri fieristici, invece, soffre. E non poco. Ma a livello internazionale prevale la convinzione, fra gli analisti, che le esposizioni rimarranno, per molti anni, il miglior strumento di marketing business to business. La società di consulenza Amr International stima il business globale delle fiere a poco più di 27 miliardi di dollari nel 2013, in un anno di bassa crescita per gran parte dei Paesi; ma dal 2014 il ritmo di sviluppo dovrebbe rimanere sopra il 5 per cento.

Certo, la crescita continuerà ad essere trainata dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dell'area del Golfo, più alcuni emergenti come Indonesia e Malaysia. Nonostante la maturità dei mercati occidentali il business rimane frammentato ma profittevole: due buoni motivi che hanno spinto il fondo di private equity canadese Onex ad acquisire l'americana Nielsen Expositions (che organizza 65 manifestazioni negli Usa) per 950 milioni di dollari.

La forbice tra Europa e Brics si manifesta nelle previsioni sul 2014 raccolte nel Barometro globale dell'Ufi, (l'associazione dei principali organizzatori fieristici mondiali e proprietari di quartieri); questa forbice, però, tenderebbe a ridursi, grazie all'attenuarsi della crisi economica in Europa e alla frenata, invece, in Sud America. In Europa, però, emerge la performance della Germania e per quest'anno si stima una crescita delle fiere tedesche nel mondo (quindi nel ruolo di organizzatore) di oltre il 10%, a quota 305 manifestazioni. Ma quali sono le gerarchie globali delle fiere? Secondo Auma, l'Associazione delle fiere tedesche, le manifestazioni organizzate nel mondo sono all'incirca 30mila per oltre 100 milioni di metri quadrati di aree espositive nette affittate. Per Walter Mennekes, presidente di Auma, «la crescita economica in Germania è lievemente calata, ma gli ordini sono aumentati; la situazione economica difficile nel Sud Europa ha continuato a influenzare la presenza di questi Paesi in occasione di fiere tedesche, mentre d'altra parte la Germania ha sfruttato la forte crescita sia in Asia orientale sia in Sud America».
E per il prossimo biennio? Gli espositori tedeschi sono cautamente ottimisti: il 57% punta su un budget stabile mentre il 26% intende aumentarlo. L'Europa nel suo complesso si ritaglia il 45% del totale mondiale, gli Stati Uniti e l'area dell'Asia Pacifico un quarto ciascuno; il 20% è attribuibile a Medio Oriente, Africa e Sud America. Dal Barometro Ufi emerge che la situazione appare piuttosto solida, con la maggioranza delle imprese che dichiara un aumento del fatturato e circa un azienda su due un incremento del profitto annuo medio di oltre il 10% a partire dal 2011. Eppure il 63% degli intervistati dichiara che l'impatto della crisi economica sul loro business durerà fino al 2015, anno della svolta. Una media di sei aziende ogni dieci stima aumenti di fatturato in Europa mentre otto ogni dieci prevedono un aumento dei ricavi in Asia-Pacifico e in Sud America; negli Usa temono una frenata nella seconda metà del 2014, con solo quattro imprese su dieci che credono nello sviluppo. Quanto agli utili operativi nel 2013, il 73% degli operatori fieristici europei dichiara risultati stabili o in aumento, che sale all'85% in Medio Oriente e Africa e al 95% nelle Americhe e in Asia-Pacifico.

In tutte le aree del mondo, la grande maggioranza delle imprese si propone di sviluppare nuove attività: il 75% sta pianificando nuove iniziative sia nell'attività espositiva che organizzativa e il 49% intende espandersi in nuovi mercati. I vincitori globali (anche perché non hanno obiettivi istituzionali) si confermano gli organizzatori internazionali: i top player sono le inglesi Reed Exhibitions e Ubm, nonché la francese Gl Events. A distanza inseguono le fiere tedesche e quelle italiane, con Milano, Bologna e Verona. I Top 3 non hanno asset fisici ma promuovono soltanto eventi: complessivamente sviluppano un business che si avvicina ai 2,5 miliardi di euro. Se loro vedono rosa, l'Italia invece soffre la crisi economica, che rende il nostro Paese un mercato meno appetibile rispetto a prima, in particolare per le aziende espositrici che stanno in piedi con l'export. I quartieri fieristici stanno chiudendo i bilanci in questi giorni e non esistono stime sulla chiusura 2013 del comparto. Ma i primi dati frammentari indicano per molti, non per tutti, sofferenza sul fronte dei ricavi. Il 2014 si profila come un anno di transizione verso l'Expo 2015, che dovrebbe portare 20 milioni di visitatori, il 30% dei quali dall'estero. Qualche rivolo di visitatori professionali convergerà verso le fiere del 2015? Procede, intanto, l'internazionalizzazione del business. Sono queste le strade da battere.

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