Impresa & Territori IndustriaInnovare ed estero, ecco le vie obbligate
Innovare ed estero, ecco le vie obbligate
di Paolo Lombardi | 4 febbraio 2014
Il preconsuntivo 2013 del sistema fieristico italiano evidenzia il prevalere di risultati netti negativi. Per l'esercizio 2014 si annunciano calendari e programmi d'attività prudenti, ricalcati su quelli del passato in attesa della ripresa dell'economia nazionale.
In effetti la carenza di progetti innovativi caratterizza l'intera Europa delle fiere; in Italia, finora uno dei due leader continentali di settore, le difficoltà si confermano però superiori alla media. Come oltre cinque secoli fa la scoperta delle Americhe determinò il ribaltamento dei traffici commerciali emarginando il bacino mediterraneo a vantaggio del Nordeuropa, così l'attuale globalizzazione dell'economia del Pianeta sposta i luoghi dello scambio verso i grandi Paesi di recente industrializzazione e ora "nuove fabbriche del mondo", ponendo ai margini la maggior parte del vecchio continente.
Inoltre, i quartieri italiani in attività, circa una cinquantina, scontano pesantemente la prolungata contrazione dell'attività economica e della domanda interne. Escluse le strutture maggiori, meno di dieci, che realizzano eventi di portata internazionale e propongono anche un calendario di attività all'estero, gli altri quartieri sono impegnati a riconvertire l'attività al servizio del proprio bacino locale e a ospitare eventi non fieristici.
I calendari annunciano con crescente frequenza convegni, congressi, raduni politici o sociali, competizioni sportive o amatoriali, spettacoli e concerti. Sul totale delle fiere confermate aumenta il numero di quelle b2c e a ingresso gratuito, destinate all'intrattenimento dei consumatori nel tempo libero; quelle b2b, dedicate all'incontro tra domanda e offerta manifatturiere, calano di numero e dimensioni.
Mentre nel sistema industriale la recessione sfalda le reti di terzisti e subfornitori e le loro professionalità, la riduzione delle fiere b2b manda in crisi le società organizzatrici degli eventi. Il fatto, acuito anche da complessi passaggi generazionali, ha registrato nel 2013 varie uscite dal mercato con significativa dispersione di avviamenti economici e competenze operative. Al riguardo il comparto mostra la necessità di percorsi formativi misurati sulle sue peculiarità e utili a recuperare ritardi e carenze gestionali.
Per interrompere il declino in atto, gli attori del sistema devono puntare sia a ridare lustro al patrimonio di strutture ed eventi presenti in Italia sia a consolidare un sistema coordinato di promozione all'estero della nostra offerta almeno paragonabile a quella dei concorrenti: europei, asiatici e multinazionali. Si tratta di mettere a sistema obiettivi strategici, risorse economiche pubbliche e private, competenze professionali e organizzative, e fonderle in programmi operativi finalizzati a due obiettivi generali.
Il primo obiettivo è quello di accompagnare e facilitare l'ingresso delle imprese dei settori più competitivi, di regola già dotate di proprie manifestazioni in Italia, nei mercati capaci di apprezzare il meglio della offerta italiana; a seconda dei casi servono presenze collettive nelle fiere mondiali di riferimento settoriale o nuove e autonome manifestazioni di bandiera, italiane o europee.
Il secondo obiettivo è quello di attirare gli espositori e visitatori stranieri, interfacciati proprio in quelle trasferte, alle fiere italiane specializzate nelle merceologie omologhe.
Per realizzarli occorre uscire dalla logica della gestione ordinaria e puntare a un salto di qualità progettuale, consapevoli che i concorrenti ci sono già riusciti, che i nostri pochi successi del passato fecero prosperare, in mercati ricchi e per lustri, intere filiere produttive (beni strumentali, processi di trasformazione, prodotti durevoli e di consumo) e che il potenziale competitivo delle nostre imprese è ancora oggi elevato.
In questi mesi è cresciuta la consapevolezza della necessità di esportare e di avvalersi proprio di strumenti fieristici e promozionali rinnovati, per superare un lungo periodo di scelte inadeguate.
L'operatività e le affermazioni dei vertici di ministero dello Sviluppo economico e di Italian Trade Agency (l'ex Ice) vanno in questa direzione: «Il tempo delle scampagnate all'estero è finito»; «il macro piano è stato approvato, le risorse pubbliche sono state aumentate e accentrate, i Paesi target per le azioni all'estero sono stati identificati, il Tavolo per il coordinamento del sistema fieristico nazionale sarà riattivato»; «l'obiettivo adesso è convincere tutti a condividere il macro piano promozionale».
La meta è alquanto ambiziosa, ma il passaggio è ineludibile se non si vuole subire un pesante ridimensionamento, con declino dell'attività in Italia e chiusura di quartieri e società organizzatrici.
Con altri punti a sfavore: abbandono delle posizioni acquisite all'estero e svendita a concorrenti esteri di manifestazioni e di strutture espositive.
Dopo sessant'anni da protagonista, il Paese sarebbe marginalizzato rispetto ai grandi flussi commerciali internazionali e il residuo sistema espositivo avrebbe valenza solo locale.