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«Alimento Italia»: parte il tavolo sulle commodity

L'agroindustria italiana accelera il confronto al suo interno su un nuovo modello di sviluppo sinergico fra le sue componenti - l'agricoltura e l'industria trasformatrice - e fra queste e la grande distribuzione organizzata. E assume una valenza simbolica il luogo scelto per un incontro di riflessione: la tenuta Ca' Tron a Roncade (Treviso). L'11 aprile il tavolo di confronto si aprirà lì, nel più grande latifondo del Nord-Est (ora affidato alle cure di Cattolica Assicurazione). Proprio dove convivono la tradizione, rappresentata dalla vocazione agricola del territorio, e l'auspicata svolta 2.0 italiana, simboleggiata dall'incubatore di start-up H-Farm ospitato in quel luogo (e, sempre simbolicamente, visitato da Matteo Renzi al suo debutto da premier).

A pochi passi dal celebre cartello d'ingresso di H-Farm che recita «Big shoes and beautiful mind» (riecheggiando il detto contadino «scarpe grosse e cervello fino») verrà lanciata nell'Auditorium Cattolica l'idea di un tavolo di lavoro per riflettere su un nuovo modello di filiera delle commodity made in Italy. Una filiera che dovrebbe spaziare dai seminativi ai prodotti alimentari. L'idea iniziale è stata etichettata come «Alimento Italia» e il logo del convegno rappresenta una coccarda tricolore che lega una pianta a un forchetta. L'incontro è promosso da Cereal Docks e da Cattolica assicurazioni e farà dialogare le imprese che già lavorano in un'ottica di filiera con i rappresentanti del mondo agricolo, con le istituzioni, con il sistema assicurativo.

«Un nuovo modello di sviluppo per l'agroindustria sarebbe importante sotto il profilo politico, economico e sociale», spiega il promotore dell'incontro, Mauro Fanin, fondatore e presidente di Cereal Docks, importante gruppo industriale italiano per lo stoccaggio e la trasformazione di cereali e semi oleosi per usi alimentari e industriali. Un'azienda (con una quota di mercato del 20%) totalmente italiana, con sede a Camisano Vicentino (Vicenza).
«Lo scenario sta cambiando - riprende Fanin -. L'area mediterranea rischia di essere trascurata dai traffici internazionali, visto che si modificheranno le rotte delle commodity (per l'attivismo cinese) e che si riducono le produzioni. Invece c'è bisogno che vengano intensificate le produzioni proteiche, strategiche per alimentazione degli animali e dell'uomo. In questo quadro, l'Italia può giocare la partita dell'alta qualità e della difesa della salute dei consumatori anche attraverso una filiera corta controllata e certificata. Senza demonizzare le commodity d'importazione, di cui il nostro Paese ha bisogno».

Quello della qualità è il valore fondante della proposta. «Se le imprese alimentari scelgono per gli approvvigionamenti di materie prime una filiera controllata, scelgono la qualità - spiega Fanin -. L'italianità delle commodity di filiera va valorizzata: quei seminativi prodotti nel nostro Paese possono essere segnalati dall'industria ai consumatori come materie prime fondamentali per ricavarne prodotti sani, freschi, a filiera corta. Quando questi elementi vengono esplicitati in etichetta, il ritorno (in termini di immagine ma anche di business) è consistente. Non solo: si soddisfa meglio la domanda di prodotti più salubri da parte dei consumatori e si va incontro ai nuovi trend alimentari in atto, come il boom dell'alimentazione vegetariana e per celiaci. Questo vale per il food, ma anche per il feed, vale a dire il mangime che gli animali assumono e che finisce poi nel corpo umano».
Ma come dovrebbe funzionare il modello di filiera proposto? Su scala più ampia, come quelle già realizzate dal pioniere Veronesi, da Barilla e da Cereal Docks, con soddisfazione ampia da parte di tutti i partner. «L'anno scorso abbiamo avviato il progetto Sistema Green - spiega Fanin -: una eco-filiera a elevata sostenibilità economica, ambientale ed etica, perché garantisce equo compenso per gli agricoltori italiani, che in cambio seguono un protocollo di produzione più sostenibile e di elevata qualità».

Nel concreto, un modello di filiera sostenibile lo descrive bene Gabriella Chiellino, fondatrice e managing director della società di consulenza e progettazione ambientale eAmbiente, responsabile dei contenuti scientifici del convegno di Ca' Tron. «Il modello proposto prevede la rotazione delle coltivazioni per non impoverire il suolo con le monocolture intensive (con ritiro periodico da parte di diverse aziende clienti, ciascuna interessata a un seminativo diverso) - spiega - e poi coltivazioni che seguono protocolli specifici anti-inquinamento e anti-spreco, raccolti già venduti a prezzo equo al momento della semina senza il rischio di fluttuazioni al ribasso dei prezzi delle commodity, stipula di polizze assicurative che garantiscono più serenità agli agricoltori ora troppo sotto pressione. Servono anche partner industriali che comprino le materie prime italiane di qualità certificata così prodotte, se possibile valorizzando in etichetta i valori di un prodotto made in Italy al top. Infine, occorre una distribuzione che valorizzi questi beni sugli scaffali».

L'obiettivo, ai fini ambientali, è ridurre l'impronta di carbonio della filiera lungo l'intero ciclo di vita dei processi e dei prodotti. Un tema caro anche al ministero dell'Ambiente, che in proposito ha lanciato un programma sull'impronta ambientale dei prodotti e servizi fortemente sostenuto da Corrado Clini (ex ministro e ora tornato al suo ruolo di direttore generale), che sarà presente al convegno dell'11 aprile. Poi ci sono i vantaggi di immagine che derivano da una filiera integrata, «come l'opportunità di presentarsi in modo coordinato ai grandi appuntamenti dell'Expo 2015 di Milano e della Borsa europea del commercio (l'evento cerealicolo più importante), a Torino nel 2016», conclude Fanin, che però segnala: «Da soli, noi imprese, non andiamo da nessuna parte: serve un ruolo propulsivo da parte del Governo, che sostenga il nuovo modello di filiera integrata».

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