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Paolo Barilla: al lavoro per creare nuove sinergie

«Barilla stringerà accordi con quante più filiere e partner possibili, con l'obiettivo di creare tutti insieme un vantaggio competitivo per il sistema agroalimentare italiano: così, dopo quelli sul grano duro e sulla barbabietola da zucchero, stiamo lavorando ora ad altri accordi che aumenteranno la sostenibilità della coltivazione di colza e girasole in Italia».

Paolo Barilla racconta con orgoglio il ruolo del gruppo di famiglia, di cui è vicepresidente, nel processo di rinnovamento in atto nell'agroindustria italiana, alla ricerca di un «modello innovativo per lo sviluppo di un sistema sinergico che riduca gli impatti ambientali, migliori la sua efficienza e crei vantaggi economici per tutta la filiera agroindustriale». Un modello che l'azienda leader mondiale della pasta persegue anche nell'interesse dei suoi consumatori. «I programmi di filiera integrata - spiega - rappresentano una importante garanzia per i consumatori dei prodotti Barilla: quella dell'impegno continuo dell'azienda a gestire la qualità, la sicurezza alimentare e l'impatto ambientale mediante una presenza significativa nelle varie fasi della filiera».

Da materie prime coltivate secondo protocolli condivisi, più restrittivi delle normative vigenti, derivano prodotti migliori: questo è il ragionamento alla base dell'impegno Barilla. E la convenienza si trasmette lungo tutta la filiera, perché gli accordi valorizzano le materie prime made in Italy e danno agli agricoltori certezza di equa remunerazione e di salvaguardia della rotazione delle colture.

Ecco perché il gruppo di Parma investirà sempre di più su questi patti, cui lavora in particolare (e con passione) la direzione acquisti della multinazionale. A gennaio sono state apposte le firme su due diversi accordi, uno di filiera e uno tra filiere. Il primo a Bologna, assieme alla Regione Emilia-Romagna e alle organizzazioni dei produttori di grano duro: riguarda 80mila tonnellate di frumento italiano della campagna cerealicola 2013-2014. Il secondo accordo è stato firmato a Parma, con il leader nazionale dello zucchero Coprob, e garantisce la rotazione delle colture di anno in anno, per salvaguardare la fertilità dei terreni, ottenere migliori rese, prodotti qualitativamente superiori e remunerazioni più alte per gli agricoltori.

«Con Coprob e il suo marchio Italia Zuccheri, abbiamo selezionato alcune aziende agricole che utilizzeranno la rotazione tra grano duro e barbabietola secondo i contratti di coltivazione firmati e nel rispetto dei disciplinari condivisi - spiega Paolo Barilla -. In questo modo agli agricoltori sono stati garantiti sbocchi commerciali per le loro coltivazioni, in cambio di una produzione sostenibile di alta qualità. E nei prossimi giorni, Barilla siglerà un altro accordo con Cereal Docks per il reciproco riconoscimento dei disciplinari e dei servizi di supporto agli agricoltori. Saranno individuate alcune realtà che applicheranno le metodologie definite da un protocollo di intesa e verrà garantita la sostenibilità delle coltivazioni di colza e girasole. Il girasole, in rotazione col grano duro, sarà utilizzato per ottenere l'olio per i sughi Barilla». Anche di questo si parlerà a un incontro a Ca' Tron di Roncade (Treviso), l'11 aprile, sui nuovi modelli di filiera, cui parteciperà anche Paolo Barilla.

L'impegno per un'agricoltura sostenibile parte per Barilla nel 2009, su iniziativa di un gruppo multidisciplinare di esperti interni e di partner come Horta (spin-off dell'Università del Sacro Cuore di Piacenza) e LC Engineering di Torino. Da allora, sono stati lanciati il modello Barilla sustainable farming, il Decalogo per la coltivazione sostenibile del grano duro di qualità e lo strumento di supporto alle decisioni Granoduro.net. Per non parlare del lavoro di ricerca di livello internazionale svolto dal Barilla Center for food and nutrition. Tutt'altro che filantropia, secondo Barilla. «Solo con la ricerca di efficienza attraverso un migliore utilizzo di fattori produttivi e un conseguente minore impatto sulle componenti ambientali l'Italia può competere nello scenario del commercio internazionale», conclude Paolo Barilla.

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