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Dal solare nuove vie di sviluppo

Un pannello solare più una batteria più una lampada uguale luce anche di notte per studiare, per lavorare, per ballare, per giocare a calcio. Si può già fare e non ci sono bollette da pagare. Una soluzione interessante in particolare per i Paesi in via di sviluppo, che devono fare i conti con una situazione diversa da quella del mondo industrializzato dove la rete porta elettricità dappertutto e a tutte le ore: oltre 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all'elettricità e almeno altri due miliardi hanno forniture elettriche erratiche, con diverse ore di black-out al giorno. Il che si ripercuote sull'educazione, sulla produzione, sulla sanità, sulla depurazione dell'acqua e così via. In diverse parti dell'Africa, dell'India e del Sud Est asiatico quasi ogni attività si ferma al calar del sole. La risposta a questo problema, proprio a partire dall'energia del sole, è relativamente semplice e ancora più efficiente con gli ultimi progressi negli accumuli e nei led. Il vecchio generatore diesel, rumoroso e sporco, si può rottamare. Al suo posto sono già in vendita prodotti commerciali che mettono assieme fotovoltaico e led per illuminare strade, case e campi da gioco con energia pulita e a buon mercato.

Non a caso nei Paesi emergenti la ricerca si concentra soprattutto su questo tipo di soluzioni. È opinione comune che le aree più povere del mondo salteranno il passaggio dell'elettrificazione capillare via rete, simile a quella di cui godiamo nel mondo industrializzato, che comporterebbe oneri pesantissimi. In base alle stime dell'International Energy Agency, il costo complessivo per colmare il gap arriverebbe a quasi 500 miliardi di euro. Per Krishna Kumar, ceo di Philips India, un manager molto impegnato nell'emancipazione del suo Paese dalla povertà energetica, è probabile invece che lo sviluppo energetico dei Paesi emergenti segua il modello già visto nello sviluppo delle telecomunicazioni: «Così come la diffusione dei cellulari ha completamente soppiantato la necessità di una rete fissa – spiega – è probabile che le fonti rinnovabili, intese soprattutto come fotovoltaico affiancato da sistemi di accumulo, portino l'elettricità direttamente là dove serve, senza la necessità di arrivare dappertutto con la rete».

Saltato questo passaggio, viene naturale chiedersi a cosa possa servire, nelle zone più arretrate di India o Africa, la trasformazione dell'energia fotovoltaica in corrente alternata, come si usa fare in Occidente. Fin dai tempi della "guerra delle correnti", quando Thomas Edison e Nikola Tesla si contendevano il ruolo di padre dell'elettricità moderna, si discute sul tipo di corrente su cui puntare, se quella continua di Edison o quella alternata di Tesla. Un sistema alimentato in corrente continua allora non era in grado di modulare il voltaggio a seconda dei diversi apparecchi: non si potevano attaccare alla stessa linea lampadine e motori industriali. Quando Tesla nel 1887 sviluppò un sistema di generatori, trasformatori, motori, cavi e lampadine adatti alla corrente alternata, il destino della distribuzione elettrica fu segnato. Ma oggi serve ancora tutto ciò? Che senso ha produrre elettricità dal sole in corrente continua e trasformarla in alternata per immetterla in rete, perdendone un quarto, per poi ritrasformarla in continua per alimentare i vari led, alogene, computer, stereo, tv e tutti gli altri dispositivi che funzionano in corrente continua, con ulteriori perdite?

Questa è la domanda che si è posto Narendranath Udupa, direttore scientifico del Philips Innovation Campus a Bangalore, quando ha realizzato il Solar DC Grid, una nuova soluzione per la pubblica illuminazione che collega un pannello fotovoltaico con una lampada led ad alta efficienza in corrente continua, passando per una batteria che accumula l'energia durante il giorno e la rilascia automaticamente, grazie a dei sensori, quando diventa buio. «In questo modo non ci sono perdite», spiega Udupa, che è convinto di aver preso la strada giusta. «Con un sistema centralizzato, che produce elettricità in grandi impianti per poi distribuirla a centinaia di chilometri di distanza, serve la corrente alternata, ma con un sistema di generazione distribuita, tipico del fotovoltaico, questa esigenza non c'è più e si può utilizzare direttamente l'energia del sole in corrente continua, in maniera molto più efficiente e pulita», precisa Udupa.

Udupa non è il solo a pensarla così. Le sue considerazioni, che partono da un problema tipico dei Paesi emergenti, riecheggiano nei centri di ricerca e nelle stanze dei bottoni dei Paesi industrializzati, dove si comincia a rivalutare la corrente continua, che potrebbe diventare il sistema di micro-distribuzione prevalente nel futuro. Già oggi, i dispositivi digitali consumano un quinto del fabbisogno elettrico complessivo e questa quota aumenta con la rapida crescita dei led, per non parlare della diffusione dell'auto elettrica. Casi di micro-reti in corrente continua sono già operativi, come quello della Xiamen University in Cina, che alimenta il sistema d'illuminazione e i server di tre edifici del campus attraverso una copertura a celle solari da 150 kilowatt, o quello del datacenter Green di Zurigo. Ma qualsiasi edificio, che si tratti di case, uffici, negozi, studi o laboratori, è sommerso da alimentatori che convertono l'alternata in continua. In futuro ce ne potrebbe essere sempre meno bisogno.

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