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I linguaggi contemporanei legano i grandi marchi

Fuori dall'Italia, è Cartier, tra le aziende del lusso, ad aver segnato per prima un punto importante nel campo dell'arte contemporanea: nel 1984 inaugura la Fondation Cartier pour L'Art Contemporain, che per l'epoca è un'operazione visionaria.
Concepita da subito come una vera e propria istituzione nettamente separata dalla maison di moda, basata su una visione aperta e multidisciplinare dei linguaggi, nel corso dei suoi trent'anni di vita (dal 1994 si sposta nella sede parigina creata da Jean Nouvel) la Fondazione ha ospitato format leggendari come le «Soiréé Nomades», in cui performatività, cinema e musica intrecciavano i pubblici; decine di mostre capaci di attraversare i confini tra moda, cinema e design; una collezione che oggi conta oltre 800 opere. Un modello esemplare per compiutezza e capacità di guardare in avanti, con un'attenzione all'aspetto educativo e alla divulgazione, con pubblicazioni di altro profilo e un'identità capace di coniugare cultura pop e linguaggi sofisticati.

Il binomio arte contemporanea/moda è anche il terreno su cui si scontrano, alla fine degli anni 90, i due uomini più ricchi di Francia: Bernard Arnault, patron di Louis Vuitton, e François Pinault, del gruppo Ppr che controlla, tra gli altri, Gucci, Yves Saint Laurent e Sergio Rossi. Arnault, con l'avvento di Marc Jacobs nel 1998 come direttore creativo di Louis Vuitton, affianca il suo marchio all'arte contemporanea in modo sistematico, con una strategia che prevede interventi diretti degli artisti nel design di prodotto: sono oltre 80 i progetti sviluppati fino a oggi con gli artisti – tra i più famosi le borse firmate Takashi Murakami o Yayoi Kusama – o opere commissionate come quelle di Richard Prince in collaborazione con Marc Jacobs. A partire dal 2005 Louis Vuitton apre una serie di spazi espositivi – gli Espace Culturel a Parigi, Roma, Venezia (dove il 6 giugno inaugura la mostra «Sguardi incrociati» di Jirô Taniguchi e Mariano Fortuny ), Tokyo, Monaco, Singapore, Hong Kong e Taipei: la formula è quella di spazi espositivi sopra i negozi monomarca, che ospitano mostre personali e collettive, spesso con opere "site specific" che entrano poi a far parte della collezione.

La maison ha al suo interno anche una casa editrice di libri d'arte e ha in cantiere, per la fine del 2014, l'apertura della Fondation Louis Vuitton for Creation: uno spazio diretto da Suzanne Pagé (storica ex direttrice del Muséé d'Art Moderne) in cantiere ormai da sei anni.
Pinault, invece, entra nel sistema dell'arte come attore di mercato: è del 1998 l'acquisizione di una quota di maggioranza della casa d'aste Christie's. Segue nel 2005 l'acquisto di Palazzo Grassi a Venezia e nel 2006 l'aggiudicazione della sede di Punta della Dogana, aperta dal 2010 al pubblico. Le due sedi espositive sono slegate dai marchi e dal gruppo industriali e ospitano mostre spesso legate alla collezione privata di Pinault, considerato uno dei collezionisti più importanti del mondo.
Gi.Am.

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