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Dal recupero lavoro e dignità nelle carceri

Materie prime seconde recuperate da lavatrici, piccoli elettrodomestici, vecchi pc e varie altre apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee): dal 2009 a oggi 2.500 tonnellate di materiali sono state trattate da 60 detenuti, occupati con borse lavoro, tirocinii e con contratti a tempo determinato. Una sola recidiva.
Accade nelle carceri di Bologna, Forlì e Ferrara presso laboratori interni all'istituto, ma anche esterni, gestiti da cooperative. Nel 2013 i detenuti hanno trattato un quinto di tutto il materiale raccolto dai consorzi. Nei giorni scorsi questo progetto è stato premiato come il migliore in Italia alla Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Ma non ci sono solo i Raee: con il progetto "Sigillo" una decina di coop in Italia sta impiegando una cinquantina di detenute il cui lavoro vale un fatturato stimato intorno ai 500mila euro, una buona parte di questo proveniente da prodotti (soprattutto borse e accessori) realizzati con scarti (e tanta dignità ritrovata).

Nelle carceri italiane il lavoro con materiali di recupero realizzato dalle detenute si sta diffondendo. A Milano, a San Vittore, la cooperativa Alice, con il marchio "Gatti galeotti" fa grembiuli, shopper e cappelli con rimanenze di tessuti. Mentre col brand "Sartoria San Vittore" fa collezioni con stoffe di "prima mano". Del resto è la moda (abbigliamento e accessori) il principale ambito di riutilizzo di tessuti, pvc, oppure iuta, per dare lavoro alle carcerate.

A Roma, a Rebibbia, la cooperativa sociale Ora d'aria dà lavoro a cinque detenute contrattualizzate che trattano pvc ricavato da striscioni pubblicitari, stoffe e anche bottoni, riferisce la presidente Daniela Arronenzi. Un'attività che si finanzia con la commercializzazione (in particolare in due negozi a Roma) dei suoi prodotti, tra cui borse e cartelle per congressi di organizzazioni(dai sindacati alla Fao a un recente convegno della Conferenza episcopale italiana) e gadget come cappellini (per le Olimpiadi di Sochi). Lavorando con i materiali di recupero la cooperativa si è fatta conoscere e ad essa è stata affidata dai cappellani delle carceri la realizzazione dell'ormai famosa borsa in pelle di papa Francesco. Spesso i materiali di lavoro arrivano da campionari, come è accaduto con la stoffa fornita da Ikea. Alla Casa circondariale di Torino opera "Uno di due" presieduta da Silvia Braga e che occupa a tempo determinato tre detenute. I materiali per borse, shopper, pochette, contenitori, cestini e gadget provengono da pezze di industrie tessili, da campionari (come quelli di BasicNet) o da striscioni in pvc di grandi eventi. Dalle Olimpiadi al Settembre Musica di "Mito". Al Museo Egizio di Torino fanno bella mostra i gatti-pupazzetti in tessuto, che compaiono disegnati anche su borse a tracolla e shopper. I prodotti sono commercializzati per gli eventi di riferimento, tramite contatti diretti e col sito internet.

In Puglia, nel laboratorio della Casa circondariale Borgo San Nicola di Lecce e a Trani, la cooperativa Officina creativa fondata da Luciana Delle Donne ha creato i marchi "Made in carcere" e "Second chance". Vi lavorano venti donne e 15 uomini, questi ultimi attualmente in formazione. Realizzano borsette, borse per convegni, shopper, porta-Ipad, porta-chiavi, braccialetti, sciarpe e gadget etici personalizzati. «Scopo principale di "Made in carcere" – spiega l'ideatrice - è diffondere la filosofia della "seconda opportunità" per i detenuti e della "doppia vita" dei tessuti». Il marchio è presente con i suoi prodotti anche all'estero tramite la catena di Eataly e, in altra forma, in punti vendita a Parigi e Toronto e presto a Barcellona. Borse e portafogli in pelle di recupero (con l'impiego anche di sacchi del caffè in alluminio plastificato) e una linea di abbigliamento per bambini in tessuto di scarto proveniente da seterie locali sono i materiali utilizzati dai tredici detenuti (8 uomini e cinque donne) occupati in due distinti laboratori da "Impronte di libertà", nella Casa circondariale di Como. La cooperativa, come spiega la presidente Antonella Baldo Capilvenere, si sta attrezzando per portare questi prodotti di "economia carceraria" anche nella Gdo. Attività che ha attirato l'attenzione di Intesasanpaolo che ha commissionato alla cooperativa i grembiulini da cucina che saranno utilizzati all'Expo di Milano. Ma in questo caso i tessuti sono "di prima mano".

La cooperazione sociale è oggi insostituibile nell'aprire opportunità di lavoro in carcere, ma non solo. Come insegnano le esperienze delle coop del progetto Raee, Gulliver, It2 e Il Germoglio: «Qualcuno una volta divenuto ex detenuto – spiegano Barbara Bovelacci e Paolo D'Acunti, del progetto Raee - è rimasto a lavorare nel laboratorio e nella coop».

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