Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2014 alle ore 13:01.
L'ultima modifica è del 19 luglio 2014 alle ore 16:17.

My24

Sciopero il 29 luglio in tutto il gruppo Eni, manifestazione a Roma nelle vicinanze di Montecitorio, richiesta di incontro al Governo. Dopo l'annuncio della società di bloccare gli investimenti nella raffineria di Gela e di mettere in discussione anche gli assetti degli impianti di Taranto, Marghera, Livorno e del petrolchimico di Priolo, è scontro tra sindacati e gruppo petrolifero. Per Cgil, Cisl e Uil del settore, "l'annuncio shock dell'Eni di mettere in discussione l'intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull'intero sistema industriale e occupazionale nel nostro Paese, facendo terra bruciata dell'industria italiana.

Questo il Governo lo deve sapere, in primis il presidente del Consiglio". E ancora: "Colpi di spugna su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, etc.) sono inammissibili. Al Governo - dicono i sindacati - abbiamo chiesto l'immediata convocazione di un tavolo negoziale. Se, come sostengono al ministero dello Sviluppo economico, la politica industriale richiede anche di rivalutare l'intervento pubblico nell'economia, allora il Governo chiarisca se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento. Se l'Italia ha bisogno degli investimenti e della presenza industriale di Eni, non possiamo assistere inerti - concludono i sindacati - ad un grande gruppo che rischia di uscire dall'industria. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinchè ciò non avvenga".

A Gela i problemi maggiori. In Italia eccesso di raffinazione
Il punto più acuto della crisi è Gela, dove l'Eni ha annunciato la revoca di investimenti per 700 milioni. Dalla prossima settimana, intanto, il ministero dello Sviluppo economico attiverà due tavoli di confronto: uno specifico per Gela e l'altro per le altre raffinerie che l'Eni vorrebbe ridimensionare. Eccedenza di raffinazione: così l'Eni motiva i tagli. E secondo dati dell'Unione petrolifera, nel 2014 i consumi italiani dovrebbero attestarsi intorno a 56 milioni di tonnellate a fronte di una capacità di raffinazione di 99 milioni di tonnellate. Ci sarebbe quindi un eccesso di oltre 40 milioni di tonnellate, in pratica l'equivalente di 6/7 raffinerie come quella di Gela su un totale di 12, che l'esportazione non riuscirà mai ad assorbire.

Gela e Taranto, reazioni diverse davanti alla crisi
Ma l'annuncio dell'Eni di tagliare nella raffinazione sta anche mettendo in luce reazioni diverse da parte dei territori interessati. Se ad esempio per Gela il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, è sceso subito in campo dicendo che da quella raffineria dipende il 7 per cento del Pil dell'isola, a Taranto, dove la raffineria ha un movimento di 1.200 addetti tra diretti e indotto, l'annuncio della possibile chiusura vede per ora schierati solo i sindacati. E c'è di più: uno dei progetti che potrebbe tenere l'Eni ancorato alla realtà di Taranto, ovvero la base logistica del giacimento petrolifero lucano di Tempa Rossa, è fortemente contrastato dal Comune, dall'ala più radicale dell'ambientalismo e da associazioni di categoria come ad esempio Confcommercio. Sarebbe la seconda volta che l'Eni a Taranto è costretto a fare i conti col fronte del no. Una prima volta accadde anni fa, quando presentò, attraverso la controllata Enipower, un progetto di nuova centrale a metano. Gli enti locali, tra cui la Regione Puglia, prima dettero il via libera, poi lo stopparono sollevando il problema delle emissioni di anidride carbonica che l'Eni si era comunque impegnato a compensare su scala regionale. Alla fine, l'Eni ha dovuto ritirare quel progetto, nel frattempo anche autorizzato dal ministero dell'Ambiente, e sostituirlo con un altro ridimensionato nella portata, nell'investimento e nell'occupazione di cantiere, che peraltro è ancora in attesa di poter essere avviato. Contrasti e lungaggini che quasi un anno fa hanno poi spinto Enipower ad abbandonare il sito di Taranto lasciando tutto alla raffineria. Va detto infatti che il primo progetto di centrale è stato presentato nel 2007 e che la relativa autorizzazione ministeriale è del 2010.

Adesso la storia rischia di ripetersi con Tempa Rossa. In gioco è un investimento da 300 milioni di euro per la costruzione di due serbatoi di stoccaggio (180mila metri cubi di capienza complessiva) e l'allungamento del pontile petroli della raffineria per consentire l'attracco delle navi che il greggio devono caricare. Eni é solo partner logistico delle compagnie Total, Shell e Mitsui che gestiscono l'estrazione dal giacimento della provincia di Potenza. I ministeri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture sono da settimane in pressing sul Comune di Taranto perchè dia le autorizzazioni a Tempa Rossa ma quest'ultimo ribadisce il suo no parlando di nuovi pericoli per l'inquinamento, soprattutto del mare a causa del maggior traffico di petroliere.

"Taranto deve puntare alla svolta - dice Confcommercio -. E' giunta l'ora di mettere in atto le condizioni per avviare il cambiamento attraverso una programmazione dello sviluppo economico del territorio alternativa alla impostazione prettamente industrialista che ha caratterizzato l'economia jonica nell'ultimo mezzo secolo". E per Confcommercio Taranto il no del Comune a Tempa Rossa è effettivamente un "punto di svolta. Ora è necessario proseguire con determinazione e tenacia sulla strada intrapresa, sapendo che al no di oggi seguirà una stagione di programmazione e di impegno nella ricerca di nuovi percorsi che valorizzino le risorse che il territorio offre: il mare, le aree urbane, la cultura, le produzioni locali, la logistica e che incentivino le imprese ad intraprendere processi di rinnovamento". Ribatte Confindustria Taranto: "Mentre in altre regioni, come la Sicilia, la comunità fa le cosiddette barricate e si batte per la tutela dei suoi insediamenti, qui da noi si creano le condizioni per una desertificazione che non è solo industriale ma è della città, delle sue reali prospettive di crescita, di occupazione, di potenziamento e valorizzazione delle sue risorse. Nell'indifferenza - sottolinea Confindustria Taranto - rischia di passare anche un altro aspetto: l'avvio del progetto Tempa Rossa si presenta al momento strettamente connesso alla permanenza a Taranto della stessa raffineria" che così "aumenterebbe i livelli di competitività", avrebbe "un'importanza strategica nello scacchiere delle raffinerie in Italia" e allontanerebbe "i paventati rischi di chiusura".

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi