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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2014 alle ore 17:47.

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L'Italia è ben lontana dal rispettare gli obiettivi della legge Golfo-Mosca sulla parità di accesso agli organi delle società controllate da pubbliche amministrazione e non quotate: nemmeno un organo su sei nei cda è donna. A denunciarlo, a partire dai dati del monitoraggio condotto dal dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con la società Cerved Group è la Fondazione Bellisario.

Una quota ancora lontana dunque da quanto previsto dal regolamento attuativo della legge, che stabilisce, per il primo mandato, che la quota riservata al genere meno rappresentato sia pari ad almeno un quinto (20%) del numero dei componenti
del cda. La legge prevede inoltre un aumento progressivo della presenza femminile nel top mangement pubblico e impone che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, «ove a composizione collegiale», sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti (33% circa) di ciascun organo.

«Un disastro - commenta Lella Golfo, presidente della Fondazione e già deputata Pdl e promotrice, insieme ad Alessia Mosca, della legge in questione -, ma Come Fondazione Bellisario non ci fermiamo e, dati alla mano, da settembre lanceremo una campagna in tutte le regioni, per denunciare le violazioni alla legge sulla presenza delle donne nei cda delle società non quotate partecipate dalla pubblica amministrazione. E dopo la segnalazione le società hanno 60 giorni per adeguarsi, trascorsi i quali i cda decadono».

Secondo il monitoraggio, a maggio 2014, sono infatti solo 1.795 le donne che siedono al top delle 4mila società non quotate in cui uno o più enti delle pubbliche amministrazioni
detengono una partecipazione superiore al 50% , pari al 14,7% del totale. Emerge anche una forbice territoriale molto accentuata: al Nord è maggiore la presenza sia assoluta
che percentuale di donne nelle società: 1.020 donne ai vertici si trovano in società di quest'area, mentre al Centro ci sono 428 amministratici e in tutto il Sud e Isole solo 347.

Ma «mentre per i valori assoluti le differenze sono consistenti soprattutto a causa delle differenti dimensioni economiche delle "tre Italie", le differenze nelle percentuali (vale a dire l'incidenza della componente femminile all'interno dei cda ndr) non sono complessivamente di grande rilievo, con una differenza complessiva tra Nord e Sud inferiore a tre punti percentuali». Infatti la media di presenza femminile al Nord è del 15,3%, al Centro del 14,9%, al Sud e Isole del 12,7%. Al top ci sono Liguria (17,9%), Emilia Romagna (17%) e Toscana (16,9%), mentre situazioni particolarmente critiche si registrano al Sud soprattutto in Sicilia e Calabria, con percentuali del 10,5% e 11,7%.
E le cose non cambiano per gli organi di controllo delle società pubbliche, con 700 sindaci effettivi donne e 613 supplenti al Nord, contro i 308 e 257 del Centro e i 246 e 191 di
Sud e Isole.parte delle società che, per dare qualche numero, sono ben 94 in Calabria e 385 nel Lazio.

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