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Clima, un anno per evitare il flop

Lo scioglimento dei ghiacci rappresenta una delle principali preoccupazioni legate al riscaldamento globaleLo scioglimento dei ghiacci rappresenta una delle principali preoccupazioni legate al riscaldamento globale

Molte conferenze, poche decisioni. La storia della lotta ai cambiamenti climatici è una lunga sequenza di vertici, riunioni, forum, tutti presentati come l'ultima occasione per cercare un'intesa globale sulla riduzione dei gas serra. Il Climate summit che sarà aperto oggi a New York dal segretario generale dell'Onu non fa eccezione. Ban Ki-moon spiegherà agli oltre cento leader presenti al Palazzo di Vetro che il tempo sta per scadere e chiederà a ciascuno di assumere impegni vincolanti. Non è detto che ci riesca.

Questa volta però il tempo stringe davvero. L'appuntamento cruciale è la conferenza di Parigi in programma dal 30 novembre all'11 dicembre 2015. Per quella data i 195 Paesi che siedono al tavolo della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Unfcc) si sono impegnati a trovare un nuovo accordo internazionale per ridurre le emissioni di gas serra. Un patto al quale devono aderire anche i Paesi in via di sviluppo, esclusi dal protocollo di Kyoto, e gli Stati Uniti. Che tipo di accordo si profila? Per capirlo occorre esaminare le posizioni negoziali dei due attori senza i quali l'intesa sarebbe svuotata di significato, cioè Stati Uniti e Cina.

A Washington Obama ha un problema: un Congresso ostile a qualsiasi patto globale sul clima. Poiché ogni Trattato internazionale richiede l'approvazione dei due terzi del Senato, una maggioranza assolutamente fuori portata, il presidente sta cercando strade alternative. Un'ipotesi allo studio degli sherpa americani è quella di promuovere un accordo internazionale fondato su impegni volontari da parte dei Paesi, senza la forza giuridica di un vero e proprio Trattato ma dotato comunque di una sorta di controllo tra pari sul rispetto degli obiettivi prefissati. «Comprendiamo a fondo le difficoltà degli Stati Uniti - ha detto di recente Laurence Tubiana, ambasciatore francese all'Onu per i cambiamenti climatici - e vogliamo lavorare insieme per uscire da questo stallo. È chiaro che si deve trovare una soluzione capace di aggirare l'ostacolo del Senato americano».

L'idea dei «contributi volontari» non dispiace neanche alla Cina. Il capo dei negoziatori climatici ha detto che Pechino presenterà i suoi obiettivi nel primo semestre del 2015. In quell'occasione potrebbe anche essere annunciato «l'anno del picco», cioè la data nella quale la Cina raggiungerà il tetto delle emissioni di gas serra. L'atteggiamento del governo cinese è cambiato. Fino a pochi anni fa non voleva neanche sedersi al tavolo dei negoziati perché riteneva di avere il diritto di inquinare in nome dello sviluppo dopo che l'Occidente lo aveva fatto senza limiti per 150 anni, provocando il riscaldamento globale che ormai nessuno mette più in dubbio. Quando però l'impatto sanitario e sociale delle emissioni nocive è diventato un tema sensibile per l'opinione pubblica cinese, anche il Partito ha compreso che era necessario cambiare marcia. Così ha lanciato una serie di ambiziosi piani di sviluppo che spaziano dalle energie rinnovabili - la Cina è diventata in poco tempo il maggiore produttore al mondo di pannelli solari - alla produzione di auto elettriche fino alla sperimentazione di mercati regionali di scambio delle emissioni ispirati a quello europeo.

C'è però anche chi frena. Il premier australiano, Tony Abbott, che già in passato aveva definito le conferenze sul clima «un'idiozia assoluta», ha annunciato che non parteciperà al summit Onu di oggi. Un'altra assenza di spicco è quella del premier indiano Narendra Modi, che parteciperà all'Assemblea generale dell'Onu ma non alla Conferenza sul clima. Del resto, secondo le stime della Us Energy Information Administration, dal 2020 al 2040 l'India aumenterà del 60% le emissioni di gas serra e dunque non vuole avere le mani legate. Non tutti insomma remano dalla stessa parte e il rischio di un fallimento è sempre in agguato.

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