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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 11:03.
L'ultima modifica è del 25 settembre 2014 alle ore 13:19.

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Per i consumatori, in prima battuta, può sembrare una bella notizia. Per il settore ortofrutticolo, e per gli esportatori italiani in particolare, rappresenta una iattura, o quasi. Ieri i ministeri della Salute e dell'Ambiente hanno annunciato ufficialmente che anche quest'anno non potrà essere usata la molecola «Etossichina» nella fasi di conservazione e trasporto della frutta. Una sostanza tradizionalmente impiegata dagli operatori, su cui prima l'Unione europea, poi i Servizi fitosanitari italiani, negli ultimi anni hanno però sollevato dubbi circa la sua totale innocuità.

Bruxelles ne ha vietato l'uso. In Italia bandito dal 2013
In attesa di dati scientifici più attendibili, Bruxelles ha deciso di vietarne l'uso. Salvo poi accogliere una richiesta di deroga presentata da Spagna e Portogallo, dove tuttora è possibile ricorrere a questa sostanza. A differenza dell'Italia, dove già nel 2013 è scattato il divieto, provocando di fatto una «disparità di trattamento» tra i partner comunitari. Con un danno economico che nel nostro Paese – in particolare per la produzione di pere – viene stimato in oltre 100 milioni di euro. I dicasteri della Salute e dell'Ambiente, in una nota congiunta, hanno chiamato in causa «un'ampia e documentata istruttoria» che tiene conto «delle determinazioni formulate dall'Istituto superiore di Sanità». Un parere vincolante che esclude la possibilità di ricorrere anche all'uso eccezionale, e in via temporanea, dell'Etossichina. Le autorità sanitarie italiane, infatti, hanno riscontrato «rilevanti criticità relative al valore degli attuali residui rispetto al rischio per la salute degli utilizzatori e dei consumatori».

Concorrenza sleale al made in Italy
Detto questo, spiegano i due ministeri, «la decisione di alcuni Stati come la Spagna, che ha ammesso l'uso del formulato per il trattamento della frutta, escludendo caratteristiche di tossicità, crea un problema di concorrenza sleale per le imprese del Made in Italy e, soprattutto, un pregiudizio per la salute che diventa necessario rimuovere attraverso l'immediata definizione di un percorso comune tra tutti gli Stati membri».

Coldiretti chiede controlli sulla frutta «tossica» e il blocco immediato delle importazioni dalla Spagna
Nel commentare questa decisione, la Coldiretti parla di frutta spagnola «tossica», chiedendo «controlli con il blocco immediato delle importazioni dalla Spagna». «Una misura necessaria per tutelare la salute dei consumatori e difendere i produttori italiani dalla concorrenza sleale», ha osservato il presidente dell'organizzazione agricola, Roberto Moncalvo.

Italia primo produttore mondiale di pere
L'Italia è il primo produttore mondiale di pere, alle spalle del «colosso» Cina, con una produzione di 700-800 mila tonnellate l'anno. Anche se le esportazioni, nella campagna 2012-13, si sono attestate a poco più di 142mila tonnellate, meno del 20% del totale. In compenso, la Spagna è il primo fornitore di frutta dell'Italia: l'anno scorso ha spedito nel nostro mercato 478mila tonnellate, con un aumento in valore del 5%, di cui 22mila tonnellate di pere.

Salvi (Fruitimprese): si apra la commercializzazione delle pere in Cina
Da Cesena, dove è in corso (fino a domani) la rassegna internazionale Macfrut, il presidente degli esportatori riuniti in Fruitimprese, Marco Salvi, ricorda che «quest'anno la nostra produzione di pere è prevista in aumento del 15%. Ma le crisi diplomatiche degli ultimi mesi hanno chiuso mercati importanti e ora è indispensabile che si apra rapidamente la possibilità di commercializzare le nostre pere in Cina, così come stanno facendo Olanda e Belgio. L'apertura del mercato cinese cambierebbe radicalmente la nostra velocità». Senza contare i danni, ancora difficilmente quantificabili, derivanti dal blocco delle esportazioni in Russia per la crisi ucraina. Un mercato, quello russo, che assorbiva 350mila tonnellate di pere, di cui 250mila dalla Ue (140mila solo dal «piccolo» Belgio). «Ci servono alternative immediate su cui poter investire e concentrare le nostre energie – avverte Salvi – e questo è uno sforzo diplomatico di cui l'Italia si deve fare carico». A questo punto, con o senza Etossichina.

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