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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2014 alle ore 13:44.
L'ultima modifica è del 26 settembre 2014 alle ore 13:51.

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Molteplici interventi normativi hanno posticipato l'età di ritiro dal lavoro. Le principali giustificazioni sono l'insostenibilità finanziaria e l'aumento costante della speranza di vita (libera da malattie). Tuttavia, c'è stata una modesta valutazione degli effetti che tali interventi hanno sulla vita degli individui. Le differenze sono funzione dell'istruzione, della professione, dell'età, della appartenenza (famiglia, territorio, impresa), del genere ovvero sull'influenza sul “ciclo di vita” tradizionale, che sta mutando significativamente.

Nodo produttività
Sono evidenti i rischi di un collasso della produttività se non si avvieranno interventi per sostenere la capacità lavorativa delle persone in età avanzata e, simultaneamente, si riconvertirà l'economia verso posizioni a bassa usura fisica. E' giunta l'ora di chiedersi se, per tenere in attività vaste componenti della popolazione over60 (e over70), non sia necessario intraprendere politiche tempestive di prevenzione delle più comuni patologie che renderebbero impraticabile lavorare in tarda età (Mazzaferro e Morciano, 2012). “Non è importante aggiungere anni alla vita, ma vita agli anni” sosteneva Rita Levi Montalcini. L'invecchiamento è influenzato dalla eredità genetica e da danneggiamenti indotti da fattori ambientali quali lo stress, l'inquinamento, l'alimentazione, lo stile di vita. Si stima che siamo direttamente responsabili del 70% del nostro invecchiamento, ovvero dipende da condizioni e fattori ambientali su cui si può intervenire.

La redditività del benessere psicofisico
Promuovere il benessere psicofisico consente di ridurre la povertà, l'emarginazione, il disagio sociale e, pure, di incrementare la produttività, i tassi di occupazione, la crescita complessiva dell'economia. Ma occorre una svolta decisa: perché non preparaci per tempo, come fanno gli altri paesi, alle trasformazioni sociali e tecnologiche?! “Lo scenario gerontologico si fa promettente: perché se diviene possibile posticipare l'età di insorgenza delle malattie croniche riducendone l'impatto disabilitante più rapidamente di quanto non aumenti ogni anno l'aspettativa di vita, allora appare realistico un incremento del tasso di attività” (V. Filippi, 2014). Dunque, se i segnali demografici sono incoraggianti, bisogna non sprecare l'occasione, avviando subito serie politiche di active ageing. Nell'interesse reciproco degli individui, delle istituzioni pubbliche e delle imprese private. È il tempo – se non per etica almeno per calcolo – di una educazione al benessere psicofisico, ad un rapporto diverso tra tempi e modi di vita e lavoro (P. Checcucci, E. Mandrone, F. Roma, 2014).

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