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Nuovo dinamismo dentro l'economia

(Credit: Porto di Venezia)(Credit: Porto di Venezia)

Dire che le cose vadano a meraviglia non si può. Le aree più industrializzate d'Italia, come il Veneto, sono state fortemente toccate dalla crisi. In regione i numeri su fallimenti e licenziamenti sono stati più pesanti della media italiana. Si è rivelato tra i più alti d'Italia anche il numero di suicidi per cause legate a situazioni di disagio economico. Il Pil è sceso sotto i livelli di 13 anni fa, si è perso per strada il 25% delle aziende, nel solo 2013 si sono volatilizzati 36mila posti di lavoro.

Ma la crisi ha insegnato che bisogna ingegnarsi, lavorare sulla velocità, i gusti, i cambiamenti. E in questa regione, da sempre anticipatrice dei cambiamenti, ci sono tutti i segnali di un rinnovato dinamismo, la cui entità è direttamente proporzionale alle batoste ricevute negli ultimi sei anni. Su molti campi i veneti sono i primi a sperimentare, i primi ad adattarsi ai nuovi mercati, i primi ad usufruire del ritorno delle produzioni in patria dalle aree a basso costo (il fenomeno del re-shoring).

«Dobbiamo creare un pensiero, una politica sociale, che sia fortemente legata al valore dell'industria come motore di sviluppo – dice Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto –. Bisogna sostenere la centralità del manifatturiero e puntare sulle infrastrutture, dall'alta velocità alla banda larga, sul turismo, sulla formazione».
«Stiamo perdendo le esportazioni a basso contenuto tecnologico – continua Zuccato –, ma aumenta l'export di prodotti ad alta o altissima innovazione. Prenda la componentistica automotive che va in Germania: il marchio made in Italy alla fine non compare, ma nelle auto tedesche c'è moltissimo di italiano e di veneto». Un recente sondaggio di Senaf sul comparto della meccanica, settore di punta in regione, dice che per quasi un imprenditore su due c'è aria di ripresa. Oltre il 70% delle imprese interpellate ha chiuso l'esercizio 2013 all'insegna della crescita o della stabilità di fatturati. E sono positive anche le attese per i fatturati del 2014, visto che solo il 6,4% li prevede in calo.

Negli stabilimenti delle imprese attive in regione si ricomincia a parlare di assunzioni: nel primo trimestre dell'anno i nuovi contratti hanno superato i licenziamenti, con un saldo di 4.400 posti di lavoro in più. E non si tratta di lavoro atipico, ma di lavoro a termine o a tempo indeterminato e di apprendistato. Il trend positivo è continuato anche nel secondo trimestre: sono state assunte l'11,3% di persone in più rispetto al corrispondente periodo del 2013, contro un 8,7% del Piemonte, un 9,1% della Liguria e un -0,2% della Lombardia (fonte Veneto Lavoro). «Le nuove assunzioni sono diverse – spiega il presidente di Confindustria –, più specializzate. Meno magazzinieri e più export manager. Inoltre, si investe di più sia in formazione che in ricerca. In questo contesto si inserisce il progetto, che noi sosteniamo fortemente, della creazione di un politecnico universitario regionale: un polo unico che coinvolga e specializzi per settori le università di Venezia, Padova, Verona e le business school come il Cuoa di Vicenza».

Gli imprenditori continuano ad avere timori sul futuro, ma le commesse non mancano per chi ha saputo innovare e internazionalizzare. Stanno cambiando i vertici aziendali, sia per il naturale ricambio generazionale, sia per l'ingresso in azienda di manager esterni; appaiono in azienda i fondi di investimento (italiani e stranieri). «Oggi bisogna essere presenti ovunque ci sia domanda – aggiunge Zuccato –, per fare questo ci vuole struttura, dimensione. Ben venga la finanza di investimento, purché mantenga le produzioni sul territorio». E la nuova vitalità traspare nei progetti di quotazione in Borsa: lo hanno già annunciato Ovs, Segafredo Zanetti, Fedrigoni, Favini.

Anche l'atavico autoisolamento delle città venete, con le loro economie distanti l'una dall'altra, sembra un retaggio del passato, quando si parla di voglia di ripartire non più da soli. Ecco allora i contratti di rete (interessano 496 imprese venete), le aggregazioni temporanee d'impresa, le sinergie tra enti. Come il progetto lanciato da Matteo Marzotto, presidente della fiera di Vicenza, e accolto da Ettore Riello, presidente di VeronaFiere, sulla integrazione dei due poli espositivi. O il piano strategico di fusione tra gli scali aeroportuali di Verona e Venezia, che sarà ratificato il 10 ottobre, nell'ottica della creazione di un unico polo aeroportuale del Nordest.

Il Veneto può diventare laboratorio di re-industrializzazione, basti pensare alla vivacità sul fronte delle start-up e all'attività dei tanti incubatori, o all'avvio del recupero delle aree di Porto Marghera, allo sblocco dei cantieri per l'alta velocità, alla realizzazione del nuovo terminal hi-tech merci e passeggeri al porto di Venezia, uno dei più importanti progetti di infrastruttura portuale realizzato in project financing, per un investimento di 230 milioni di euro.

«Gli imprenditori hanno fatto la loro parte – conclude Zuccato –. Ora tocca al sistema: dalle banche, che devono credere di più in chi fa impresa, al governo, che deve sostenere la domanda interna e dare maggiore capacità di spesa. Si può fare anche con provvedimenti immediati, come l'introduzione di una settimana in meno di ferie e quindi di una in più di lavoro detassata per il dipendente: l'impresa otterrebbe più produttività, il lavoratore uno stipendio più cospicuo e meno tasse da pagare».

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