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Le mosse Ue e l'incognita unione energetica

Il nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker (Fotogramma)Il nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker (Fotogramma)

C'era un tempo in cui l'Europa si piccava di essere all'avanguardia nella lotta all'inquinamento e a favore dell'energia sostenibile. L'accordo appena raggiunto dai Ventotto modifica l'atteggiamento dell'Unione: gli obiettivi per il 2030 sono per la maggior parte indicativi. Nello scegliere di optare per decisioni all'unanimità l'Unione impone a sé stessa soluzioni segnate dal più piccolo denominatore. Quanto compatibili con la nascita di una unione energetica è tutto da capire.

Sono tre gli obiettivi decisi dai capi di stato e di governo il 23 ottobre scorso. Il primo è quello che prevede entro il 2030 una riduzione delle emissioni nocive di «almeno il 40%» rispetto ai dati del 1990. Il target è vincolante a livello europeo e a livello nazionale. Il secondo obiettivo è quello di una quota delle fonti rinnovabili nella produzione energetica che sia «almeno del 27%». In questo caso, il target è vincolante a livello europeo, non a livello nazionale.

Infine, il terzo obiettivo prevede un miglioramento dell'efficienza energetica di «almeno il 27%» (rispetto ai dati del 2007), sempre da qui al 2030. Il target non solo è indicativo sia a livello europeo che a livello nazionale, ma è stato rivisto al ribasso dai Ventotto rispetto alla proposta della Commissione Barroso, che in gennaio aveva previsto un obiettivo del 30%. Molti osservatori si chiedono se gli obiettivi europei siano realmente raggiungibili, senza che vi siano target nazionali.

Il pacchetto, spiega Christian Egenhofer, analista del Centre for european policy studies a Bruxelles, è il riflesso delle diverse realtà nazionali e del desiderio di rispettare il mix energetico Paese per Paese. «C'è da chiedersi se troppa libertà sia compatibile con l'idea di una unione energetica. Al tempo stesso, sappiamo che target troppo rigidi creano tensioni nazionali. Dovremo guardare alle prossime proposte legislative per capire in che direzione andrà il progetto di unione energetica».

Tony Robson, il presidente di Knauf Insulation - una società leader nei processi di isolamento - ha spiegato che il target dell'efficienza energetica è appena «business as usual». Fa notare Monica Frassoni, copresidente del Partito verde europeo: «Cambia il modello rispetto al pacchetto 20-20-20» che introduceva maggiori vincoli nel raggiungimento degli obiettivi entro il 2020. «Gli orientamenti sono talmente laschi da perdere la capacità di orientare l'Europa verso una economia ad alta sostenibilità».
Secondo Eurostat, il braccio statistico dell'Unione europea, l'obiettivo di riduzione delle emissioni nocive consentirà ai Ventotto di diminuire le fuoriuscite di CO2 da 5.339,9 milioni di tonnellate nel 1995 a 3.417,7 milioni di tonnellate nel 2030. Senza questo target, il risultato tra 16 anni sarebbe di 3.873,4 milioni di tonnellate.
La partita negoziale - sull'energia si è optato per avere l'unanimità dei governi - ha visto gli interessi nazionali dominare le discussioni.

La Polonia ha voluto limitare per quanto possibile l'obiettivo di riduzione delle emissioni nocive alla luce di un tessuto economico molto dipendente dal carbone e da una industria inquinante. La Spagna e il Portogallo hanno chiesto uno sforzo aggiuntivo nelle interconnessioni (sempre in tema di energia) con il resto del continente. La Gran Bretagna ha posto la questione dei costi dell'efficienza energetica in un contesto economico ancora molto fragile. L'Irlanda ha chiesto aiuto per il settore agricolo.
L'iter decisionale non è terminato. «Il Parlamento europeo ha già dato il suo benestare preliminare all'obiettivo relativo alle emissioni nocive - spiega Isaac Valero, portavoce dell'ormai ex Commissario al clima Connie Hedegaard -. La Commissione sarà chiamata a mettere a punto nuovi testi legislativi e dopo naturalmente il Parlamento europeo sarà uno dei due co-legislatori». La partita dipenderà anche dal dibattito sulla futura unione energetica, un progetto ancora tutto da definire.

Secondo il nuovo presidente della Commissione europea, l'ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, l'obiettivo è di rafforzare le interconnessioni, migliorare la sicurezza, riunire sotto uno stesso tetto le risorse nazionali. Come sarà possibile se il mix energetico rimarrà scelta puramente nazionale, se alcuni Paesi optano per il nucleare e altri credono nel carbone, se alcuni privilegiano il loro rapporto con la Russia e altri invece tentano di limitarlo?

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