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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2014 alle ore 08:35.
L'ultima modifica è del 06 novembre 2014 alle ore 12:34.

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Mentre il Senato italiano vuole porre limitazioni allo sfruttamento dei giacimenti italiani che il decreto Sblocca italia rende di nuovo possibili (si stima che sotto i nostri piedi ci siano 700 milioni di tonnellate di petrolio, o di gas), la Croazia si prepara a trivellare l'Adriatico per cercare giacimenti di petrolio e metano. A ridosso delle acque italiane. Lunedì alle 14 sono state aperte le offerte della gara bandita dal Governo di Zagabria per l'assegnazione di 29 blocchi di fondale adriatico. Sono state ricevute offerte di sei compagnie per 15 blocchi di mare.

La decisione finale del Governo croato sulle offerte è prevista entro la fine dell'anno e la firma dei contratti è attesa nel primo trimestre del 2015. Zagabria non ha comunicato ancora i blocchi assegnati né le compagnie che hanno presentato offerte, ma da indiscrezioni sembra che abbiano suscitato più interesse i giacimenti nella parte meridionale dell'Adriatico, per investimenti stimabili sui 2,5 miliardi di dollari, da parte (pare) di Exxon, Shell, Chevron e Total. Dalle indiscrezioni mancano ancora un paio di nomi, ma potrebbe trattarsi di compagnie italiane.

L'Italia ha da sempre trivellato l'Adriatico, dove abbiamo più di 1.300 pozzi e decine di piattaforme soprattutto davanti al turistificio emiliano-romagnolo, dove non sono emersi in decenni problemi con pesca e turismo, la Croazia non ha mai perforato il mare dalmata, se non in modo sporadico.

I punti più delicati sono di fronte a Trieste – le distanze delle acque sono ridottissime – e la zona fra il Gargano e l'isola di Lagosta poiché le acque croate attorno allo scoglio ex italiano di Pelagosa sono a un passo dalle Tremiti e da Vieste.
La parte più settentrionale dell'Adriatico – il golfo di Venezia e la zona fra Istria e Romagna – sembra far presagire giacimenti soprattutto di metano. Non a caso oltre alle moltre decine di piattaforme italiane, nel mare fra l'Alta Italia e la zona istriana ci sono due grandi istallazioni, la piattaforma Ivana che la compagnia croata Ina condivide con l'Eni e la piattaforma Annamaria al largo di Fano sul punto di condivisione fra i due Paesi in cui le posizioni sono rovesciate e l'operatore di riferimento è l'Eni.
Nel golfo di Venezia da una quindicina d'anni l'Italia ha vietato l'estrazione di metano dai giacimenti a nord dell'altezza della bocca del Po di Goro per il timore che il loro sfruttamento possa far abbassare il sottosuolo sotto la cedevole Venezia, patrimonio dell'umanità e generatrice di incassi favolosi dal turismo. Il divieto però vale per il lato italiano, dove ci sono giacimenti inutilizzati per 30 miliardi di metri cubi, ma non per i vicini croati.

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