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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2014 alle ore 14:24.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2014 alle ore 14:34.

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L'area Expo non trova acquirenti. Va deserta la gara per trovare un investitore interessato a raccogliere l'eredità dell'esposizione universale che si terrà nel 2015 a Milano. E' scaduta stamattina alle 12 la possibilità di presentare un'offerta per partecipare al bando di gara da 315,4 milioni di euro: a restare incerto, dunque, è il futuro dell'area a nord ovest di Milano che Arexpo (società costituita nel 2011 per acquisire le aree di Expo 2015 e accompagnarne la trasformazione post-evento) aveva messo in vendita a metà agosto.

Di fronte all'esito della gara il Cda della società proprietaria delle aree (Regione Lombardia, Comuni di Milano e Rho, Provincia e Fondazione Fiera di Milano) si è subito riunito per decidere il da farsi e valutare un eventuale piano B, rinviando ad un'assemblea dei soci nelle prossime settimane. Su questa operazione immobiliare pesano le contingenti difficoltà di mercato e i vincoli della cessione unica dell'intero lotto, nonostante gli sforzi messi in campo negli ultimi mesi dalla società Arexpo per promuovere l'area nelle diverse fiere che radunano la community del real estate internazionale (dal Mipim di Cannes a marzo ad Expo Real a Monaco lo scorso ottobre).

Il bando di gara metteva in vendita un lotto unico, la cui parte edificabile, sul totale di 105 ettari, non avrebbe dovuto superare i 479mila mq, mentre il 54% dei terreni doveva essere destinato al parco tematico. Ma ora tutto è da rivedere. I tempi forse erano troppo stretti e a scoraggiare il mercato sono state le dimensioni e i rischi commerciali del progetto.

In parallelo, però, alla società Arexpo sono già arrivate anche numerose richieste per piccoli appezzamenti, dai 20mila fino al massimo ai 50mila metri quadrati. Ma il rischio che il progetto venga “spezzettato” si scontra con il rischio che gli offerenti vogliano accaparrarsi solo le parti più prestigiose e con minori oneri sociali, lasciando fuori dal progetto parchi e opere di interesse collettivo. E al Comune di Milano non intende rinunciare all'obbligo, contenuto nel masterplan, di destinare il 56% dell'area a verde pubblico.

Fonti vicine ai vertici della società Arexpo nelle scorse settimane hanno fatto sapere che i soci già stanno valutando un piano B. Tra le possibili alternative, la società potrebbe dover cambiare la sua mission: da puro soggetto incaricato a vendere le aree a developer istituzionale. Un eventuale accordo con le banche potrebbe consentire ad Arexpo di trasformarsi in soggetto promotore e garantire l'operazione di sviluppo sull'area attraverso un'importante regia pubblica. .La vera spada di Damocle, infatti, è il finanziamento delle banche che – salvo eventuali nuovi accordi da prendere nelle prossime settimane – potrebbero presto avanzare le loro pretese e diventare attori protagonisti del post-Expo.

Qualsiasi revisione del piano urbanistico prevede tempi troppo lunghi: un nuovo accordo di programma per modificare le destinazioni dell'area e rendere più appetibile il progetto dovrebbe essere nuovamente approvato dalle giunte dei due comuni (Rho e Milano) coinvolti. E all'orizzonte su Palazzo Marino pesano le prossime elezioni amministrative, previste per aprile 2016, durante le quali l'eredità di Expo 2015 sarà la vera carta da giocare per la giunta uscente.

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