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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2014 alle ore 14:39.
L'ultima modifica è del 30 novembre 2014 alle ore 14:47.

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Un dialogo avviato, la consapevolezza che per incrementare le esportazioni è necessario proporre un prodotto italiano unico. Parte – nelle intenzioni manifestate in occasione dell'Assemblea nazionale dell'Anicav, Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali,che si è svolta ieri a Napoli a Città della Scienza– una collaborazione tra il Distretto del pomodoro da industria del Nord e il Polo distrettuale del pomodoro del Centro Sud. «È necessario lavorare tutti insieme, solo uno spirito unitario e obiettivi condivisi potranno rappresentare la strategia migliore per aumentare la competitività del settore», ha detto il presidente dell'Anicav, Antonio Ferraioli. «Vogliamo lavorare – ha replicato Pier Luigi Ferrari, presidente Organizzazione Interprofessionale in rappresentanza dell'industria del Nord – perché il sistema Italia possa fare gioco di squadra. E raccogliere le opportunità come l'imminente avvio dell'Expo di Milano». Del resto, i problemi che Farraioli e l'Anicav pongono sul tavolo della discussione sono comuni.

Le aziende italiane – secondo le rilevazioni dell'Anicav – hanno trasformato quest'anno 4,9 milioni di tonnellate di pomodoro, di cui poco più della metà nel Distretto del Centro-Sud e il resto nel Distretto del Nord-Italia. Oggi l'Italia, terzo trasformatore dopo Usa e Cina, rappresenta il 12% della produzione mondiale (circa 40 milioni di tonnellate) e il 54% del trasformato Ue, con un fatturato totale di circa 3 miliardi (le esportazioni raggiungono il 72% nel solo distretto delle Conserve di Nocera che rappresenta il principale polo produttivo). Importanti anche i numeri dell'occupazione: il settore impiega circa 10.000 lavoratori fissi e circa 20.000 stagionali l'anno. «Una eccellenza – commenta il governatore della Campania Stefano Caldoro – con un prodotto che anche all'estero è apprezzato: un'industria competitiva».

Ma la congiuntura presenta qualche segno negativo. «Il comparto – mette in guardia Farraioli – fa i conti con il calo dei consumi nazionali; e ora anche sul fronte dell'export, nei primi otto mesi del 2014, registra una riduzione in volume delle esportazioni di circa il 4% cui è corrisposto, però, un aumento in valore del 6,10%». «Una compensazione – precisa il direttore di Anicav Giovanni De Angelis, intervenendo in assemblea a cui tra l'altro hanno partecipato Riccardo Monti (Ice) ed Emilio Gatto (ministero dell'Agricoltura) – possibile grazie al lavoro fatto dal Distretto del Centro Sud che, avendo aggregato parte agricola e parte industriale, ha potuto governare e programmare la quantità di materia prima a vantaggio di una migliore qualità».

Ma insomma, come far fronte a concorrenza straniera, riduzione dei terreni coltivati a pomodoro, calo delle rese medie (segnalato da Dario Squeri, ceo di Sterlintom e nel collegio dei probiviri di Anicav), calo dei consumi sul mercato interno e dell'export?

Non una sola ricetta. Per il presidente dell'Anicav, alla guida di La Doria, una delle maggiori imprese del settore, da tempo quotata in borsa – «è prioritario un progetto di ricerca e innovazione per accrescere la produttività e la redditività agricola».

Un ruolo importante nella difesa e nel rilancio del settore viene attribuito al Distretto del pomodoro del Centro Sud, a un anno circa dalla sua costituzione. «Il dialogo tra agricoltori e industriali ha fatto notevoli passi in avanti – dice il presidente del Distretto Annibale Pancrazio –. Il polo riunisce dieci regioni, il 31% dei trasformatori e il 70% dei produttori di pomodori». Va avviata la richiesta di Igp per il “pelato”. Ma poi ci sono fuori dell'azienda antiche diseconomie. «Non si può pensare di fare impresa senza una seria politica ambientale – aggiunge Antonio Ferraioli – ma vanno denunciate situazioni paradossali proprie dei nostri territori. Basti pensare che le aziende sono sottoposte a controlli dell'Arpac, del Noe, delle Asl, dei Comuni, dei Nas, della Repressione Frodi, del Corpo Forestale».

Per non parlare delle infrastrutture: servono banda larga e una piattaforma logistica, per migliorare il traffico delle merci. «Non ci mancano le infrastrutture – ha precisato il presidente della Regione – semmai serve un miglior collegamento tra queste e un sistema per utilizzarle a meglio». Un impegno per Caldoro .

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