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Le capitali della manifattura

12 dicembre 2014

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Varese resiste diversificando

Lo stabilimento Agusta Westland di Cascina CostaLo stabilimento Agusta Westland di Cascina Costa

Una al giorno. L’impatto della crisi a Varese è visibile anzitutto qui, nella riduzione del numero di imprese, scese oggi poco al di sopra delle 62mila unità, quasi 2mila in meno rispetto al 2007, emorragia che tuttavia raddoppia prendendo come riferimento il picco di fine 2008. Un altro mondo, un mondo in cui ad esempio le ore di cassa integrazione autorizzate erano “solo” 673mila per trimestre, esattamente un terzo rispetto a quanto accade oggi, un mondo in cui il tasso di senza lavoro era nell’ordine del 3%, quasi al limite fisiologico, mentre oggi il dato è quasi triplicato

In sei anni, tra 2007 e 2013, gli occupati dell’industria si sono ridotti di 12mila unità (-16mila per il totale degli addetti), il che significa che ogni giorno, sabati e domeniche inclusi, cinque persone hanno perso il proprio posto di lavoro.

Numeri che evidenziano come la crisi abbia colpito duro anche qui ma a differenza di altri territori Varese ha in realtà potuto contare sul proprio principale asset: la diversificazione produttiva.

In provincia, infatti, nessun singolo comparto supera il 16% in termini di addetti totali (tessile e meccanica), con un presidio superiore al 10% anche per macchinari e gomma-plastica e una quota non marginale di occupati (7%) impegnati nell’area chimica-farmaceutica.

Diversificazione che ha consentito al territorio di attutire l’impatto della lunga crisi di domanda, limitando a poco meno del 10% il calo della produzione industriale rispetto al 2007, con un deficit di output inferiore rispetto a quanto è riuscita a fare la Lombardia nel suo complesso. Livello che tuttavia è ormai stazionario da un paio d’anni, segnalando la difficoltà del territorio, in linea con quanto accade per l’intero paese, nello scrollarsi di dosso la crisi e imboccare con decisione la strada della ripresa. Che in gran parte resta legata ai mercati esteri, perché con 9,8 miliardi di euro di vendite oltreconfine, per quasi due terzi realizzate dal comparto metalmeccanico, Varese si pone al nono posto in Italia in termini di proiezione internazionale. Risultati legati in particolare a macchinari e aerospazio, due dei punti di forza principali del territorio, che spingono la propensione all’export dell’area in rapporto al valore aggiunto a quota 45%, nove punti oltre la Lombardia, 17 in più della media italiana.

La crescita delle esportazioni negli anni è stata esplosiva, con un livello quasi triplicato in 20 anni e arrivato già nel 2012 oltre il picco pre-crisi. Anche in questo caso, però, da un paio d’anni i valori restano inchiodati, (-1,5% anche nei primi sei mesi del 2014) , con una stasi legata alle due aree chiave dei macchinari e dell’aerospazio, a cui si aggiunge la frenata della metallurgia. La reazione alla crisi ha preso forma in due modi: da un lato spingendo l’acceleratore sui processi innovativi, dall’altro aumentando gli sforzi oltreconfine, sia in termini di export che di presenza diretta. Le partecipate estere di aziende varesine sono infatti 557, 60 in più rispetto al 2007, attività in grado di generare 6,8 miliardi di ricavi con poco meno di 22mila addetti, 9mila in più rispetto al 2007.

Crescita dell’export e più in generale dell’internazionalizzazione del territorio sono tra gli obiettivi prioritari dell’Unione industriale di Varese, che di recente ha portato a termine alcune missioni estere dirette per portare gli imprenditori locali a visitare “colleghi” che già hanno aperto filiali o stabilimenti oltreconfine, in modo da avviare una sorta di formazione sul campo per migliorare la conoscenza dei mercati e dei problemi organizzativi e commerciali che si incontrano in loco. Sul fronte organizzativo un modello interessante e di successo è il cluster dell’aerospazio, gruppo di imprese che ruota attorno ai due big di Finmeccanica del territorio, Alenia-Aermacchi e Agusta-Westland. In provincia si contano in questo comparto 68 imprese con 7.300 addetti, capaci di esportare 817 milioni di euro nei primi sei mesi del 2014. Il modello vede la presenza di numerose aziende di fornitura di medie e piccole dimensioni, capaci di sfruttare il traino e la certezza della domanda interna per poi sviluppare prodotti innovativi capaci di conquistare commesse rilevanti tra i colossi dell’aerospazio di tutto il mondo. Altra area di eccellenza, a forte contenuto innovativo e di export, è quella dei macchinari, con aziende sparse nell’intero territorio e un presidio significativo che arriva fino a Luino, sulle sponde del Lago Maggiore. Il settore macchine qui conta quasi mille unità locali per 12.700 addetti, capaci di esportare poco meno di un miliardo di euro nei primi sei mesi dell’anno.

L’altro elemento di tenuta sul territorio è legato alla “resistenza” degli elettrodomestici, con la scelta di Whirlpool di non abbandonare l’area, confermando a Comerio il proprio quartier generale europeo.

Decisione che pur in una fase di profonda ristrutturazione globale delle attività, che ha coinvolto pesantemente anche Varese, ha portato la multinazionale addirittura ad aumentare gli investimenti sul territorio, 245 milioni da qui al 2018.

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