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Le capitali della manifattura

12 dicembre 2014

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Impresa & Territori IndustriaLa Brianza resiste con l'export

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La Brianza resiste con l'export

«Direi discretamente bene, anche se ci vuole tempo per le sinergie». Mara Meroni preferisce minimizzare, anche se il percorso recente seguito dall'azienda di serrature brianzola può a buon titolo entrare nelle case history di successo del territorio: ricapitalizzazione da parte della famiglia, identificazione di un socio asiatico da inserire nell'azionariato a fianco di un gruppo di dipendenti, sviluppo sui mercati esteri anche grazie all'aggiunta di nuovi prodotti per affrancarsi dal disastrato settore edile nazionale.

La strategia, che si traduce in una crescita del 10% dei ricavi 2014, è in fondo la sintesi di ciò che accade in molte realtà brianzole impegnate ad accelerare su innovazione ed export, anche se forse raramente tutti questi elementi sono riscontrabili contemporaneamente in modo così lineare. Nella Provincia di Monza e Brianza la crisi ha però messo alla frusta i distretti locali, costringendoli a guardare oltre i tradizionali modelli di business per arginare un crollo produttivo che nel 2009 è stato drammatico, con 16 punti di output persi in una manciata di trimestri. Abisso da cui il territorio si è risollevato fino al 2011, per poi ricadere come l'intero paese in una fase di stagnazione che evidenzia ancora un gap di 12 punti rispetto al 2007, un utilizzo della capacità produttiva al 64,7%, una redditività crollata all'1,4%, quattro punti in meno rispetto a sette anni fa, un tasso di senza lavoro balzato all'8,3%.

L'impatto del lungo stop produttivo è evidente anzitutto nella dimensione del parco locale di imprese manifatturiere, scese dal 2010 ad oggi di circa 700 unità, il 7% del totale. L'utilizzo degli ammortizzatori sociali ha però mitigato l'effetto sull'occupazione, che in quattro anni è cresciuta sia nelle dimensioni totali (dalle 361mila unità del 2010 alle 389mila odierne) che nel segmento dell'industria, salito da 116mila a 131mila addetti. Ad aggravare l'impatto della crisi sul territorio è stata però senza dubbio la brutale caduta dell'edilizia, comparto legato a doppio filo al settore del mobile e dell'arredo, una delle aree di punta dell'economia brianzola. Scenario cupo in particolare per le Pmi, meno drammatico per chi poteva contare su brand affermati o per chi ha deciso di puntare con decisione sui mercati esteri, come ha saputo fare ad esempio proprio Serrature Meroni.

I numeri testimoniano che qui l'emorragia continua, con la platea di imprese del settore, la maggiore in Italia, in caduta del 3% a quota 2244 imprese. Le vendite internazionali hanno comunque rappresentato per Monza e Brianza una fonte di ricavi determinante e i risultati raggiunti testimoniano lo sforzo aggiuntivo delle aziende in questa direzione. Nel 2010 (primo anno in cui l'Istat calcola i dati della neo-provincia di Monza e Brianza) l'export del territorio valeva 7,2 miliardi di euro, saliti progressivamente fino a quota 8,6 miliardi nel 2013, per quasi la metà rappresentati dall'area vasta della meccanica.

I primi sei mesi dell'anno confermano questi valori, con risultati in crescita per gomma-plastica e farmaceutica, numeri stabili per prodotti in metallo, mobili e chimica, mentre cedono terreno macchinari ed elettronica. L'hi-tech, che sul territorio vanta una presenza storica, avviata negli anni 50-60 (Sgs e Telettra, ora Alcatel-Lucent ed Stm), presenta risultati contrastanti, con alcuni settori (schede elettroniche) in calo nelle vendite oltreconfine e un numero di imprese attive in discesa, in particolare nell'area telecomunicazioni (-12,7%). Il comparto ha subito negli anni profonde ristrutturazioni e anche in tempi recenti i casi Micron, Alcatel-Lucent (che ristruttura ma inaugura anche una nuova sede a Vimercate), testimoniano le difficoltà del comparto.

Qualche spazio di ottimismo arriva dalla ripresa del comparto auto in Italia e in Europa, settore che rappresenta il principale cliente del distretto locale legato alle viti, forte di un miliardo e mezzo di ricavi (che raddoppiano con l'indotto), per l'80% realizzati grazie all'export. E in più di un caso, per le aziende del comparto, il 2014 si chiuderà in termini di ricavi con i migliori risultati di sempre. Il quadro resta complesso, con fallimenti ancora in crescita (+23% per il comparto manifatturiero, 54 nei primi dieci mesi dell'anno) ma guardando all'aumento del fatturato del terzo trimestre e alla crescita degli ordini esteri (+3,9%) è possibile ipotizzare una schiarita, che quasi certamente allargherà il solco tra micro-aziende e realtà più strutturate. Posti pari a 100 i ricavi 2007, per queste ultime il gap a fine 2012 era nell'ordine del 25%, per le aziende fino a 9 addetti il divario sale a 55 punti.

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