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Barometro della manifattura

05 gennaio 2015

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Impresa & Territori IndustriaSpiragli per chi investe su export e innovazione

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Spiragli per chi investe su export e innovazione

I dati relativi a produzione e vendite di elettrodomestici in Italia parlano di un settore ancora in difficoltà ma che nel 2014, dopo un decennio di progressiva contrazione, sembra aver arrestato la caduta, anche grazie a una politica di incentivi alla produzione (come gli sgravi fiscali per la R&S), ai consumi (come l'ecobonus per l'acquisto di elettrodomestici in caso di ristrutturazioni edilizie) e all'efficienza energetica.

Al di là dei numeri, per altro non omogenei, il 2014 è stato comunque, per il comparto elettrodomestici, un anno di svolta, con assestamenti e trasformazioni importanti, volti a rilanciare la competitività delle aziende italiane in uno scenario globale dominato da concentrazioni nelle mani di pochi, grandissimi, player multinazionali e da manodopera a basso costo. Esempi eclatanti di tali assestamenti sono stati episodi che hanno dominato a lungo le cronache mediatiche, come la difficile vertenza Electrolux (conclusasi in primavera con il ritiro dei 1.700 esuberi da parte del gruppo, in cambio del 35% di decontribuzione previdenziale per i contratti di solidarietà); l'acquisto del 91% di Indesit da parte degli americani di Whirlpool; l'affacciarsi sul territorio marchigiano del colosso cinese Haier, attraverso un contratto di collaborazione con la Regione sul fronte della ricerca.
Tutti segnali di una vitalità e qualità del know-how italiano ancora riconosciute a livello globale, ma al tempo stesso della difficoltà del comparto di mantenersi competitivo sul fronte dei costi produttivi. Se reggono bene, soprattutto grazie all'export, le produzioni di fascia alta, il segmento medio o quello degli apparecchi dove minore è l'incidenza di tecnologia e design devono ancora fare i conti con una ripresa contraddittoria. Prova ne è che mentre il mercato interno ha segnato nei primi dieci mesi dell'anno una incoraggiante ripresa (+1,6% in volumi e +1,5% in valore, dati Gfk), la produzione complessiva per il 2014 è stimata ancora in calo (tra il 2 e il 3%), a quota 11,6 milioni. A soffrire sono soprattutto le produzioni della fascia media, mentre le aziende che si sono posizionate (o si stanno riposizionando) verso l'alto di gamma dimostrano un andamento opposto, con livelli di produzione superiori a quelli di vendita sul mercato italiano, a prova del fatto che le loro macchine sono molto apprezzate all'estero. È il caso ad esempio dei piani cottura, la cui produzione è aumentata del 9,5% nei primi tre trimestri del 2014, mentre le vendite in Italia sono cresciute, nello stesso periodo, appena dell'1,7%; o dei i forni a incasso, con una produzione salita dell'8,1% e vendite in Italia in calo del 2,1%.

«Il made in Italy di qualità, che punta su innovazione, efficienza energetica e design conferma la sua competitività sui mercati globali – spiega la vice-presidente di Ceced Italia Manuela Soffientini -. Tuttavia il tema dei costi è uno scoglio difficile da superare. Molte aziende in questi anni hanno fatto scelte di delocalizzazione su cui non credo ipotizzabile un cambio di rotta». La strada è dunque quella del riposizionamento verso l'alto di gamma e l'innovazione, come prevede del resto il Progetto Orizzonte elaborato e presentato al ministero per lo Sviluppo economico a giugno da Ceced assieme a Confindustria. Un Piano accolto con favore e in parte recepito dal Governo, su cui tuttavia molto lavoro resta ancora da fare e i firmatari del documento aspettano di essere riconvocati dall'Esecutivo «per dare concretezza agli impegni presi».
Sul fronte delle esportazioni – positive soprattutto per piani cottura, forni e frigoriferi – i dati elaborati da StudiaBo-Ulisse stimano per il 2014 una tenuta del nostro mercato principale (la Germania), una ripresa della Spagna e una forte crescita negli Stati Uniti (+40%), mentre anche gli elettrodomestici risentono delle tensioni con la Russia, quarto mercato di sbocco, che ha perso il 7%.
Proprio sul fronte export si gioca buona parte del futuro del settore. Se infatti i dati congiunturali parlano di un mercato interno in ripresa grazie soprattutto agli effetti dell'ecobonus, «i fattori strutturali che da anni pesano sul comparto non sono stati rimossi», osserva Donato Iacobucci, docente alla Politecnica delle Marche.

Il problema di fondo, secondo Iacobucci, è la scarsa capacità, da parte delle aziende di italiane, di ragionare in termini globali. La sofferenza di molti produttori è oggi conseguenza di una strategia di internazionalizzazione che per anni ha guardato soprattutto all'Europa e che oggi, con il vecchio continente che arranca anche nei Paesi più ricchi, deve fare i conti con player come Bosch, Siemens, o le stesse Electrolux e Whirlpool, che si sono invece da tempo strutturate per conquistare i mercati oggi trainanti, dal Medio Oriente all'Asia, dalle Americhe all'Australia. In questa chiave va letta anche la vicenda Indesit: in uno scenario dove le concentrazioni societarie sono destinate a continuare, il tema non è la proprietà del gruppo, italiana o estera, ma la capacità della filiera marchigiana (o italiana) di garantire ai player globali quel valore aggiunto di qualità che giustifichi maggiori costi produttivi rispetto a Paesi come Polonia o Turchia – per non parlare della Cina o dell'Asia.

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