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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2015 alle ore 15:36.
L'ultima modifica è del 04 luglio 2015 alle ore 11:24.

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Se le fiere sono il “termometro” della salute di un settore, nella filiera dell’edilizia è ancora presto per dire se i piccoli segnali sapranno trasformarsi in una vera ripresa. Tra spiragli di nuovi ordinativi e lo spaccato desolante del sistema dei grandi appalti pubblici si è aperta ieri, nei padiglioni di Rho-Pero, alle porte di Milano, Made Expo, la fiera dell’edilizia, dell’architettura e delle finiture d’interni.

In tutto 1.400 imprese di cui 140 straniere e 400 incontri B2B al giorno, per un settore che, negli ultimi 5 anni, ha perso un quarto degli occupati. Mentre a gennaio – dato Istat sempre di ieri – la produzione nelle costruzioni è aumentata dell’1% rispetto al mese precedente, confermando la tendenza al recupero registrata a dicembre 2014 (quando era cresciuta del 2,6%).

Presente al virtuale “taglio del nastro” anche il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, pesantemente contestato da diversi imprenditori: «È un appuntamento che avevamo fissato da tempo e con gli imprenditori con cui ho parlato emerge che cominciano a esserci elementi di ripresa: la sfida che avevamo lanciato tutti insieme comincia a dare i primi risultati» .

«Si vede qualche segnale di ripresa positivo – ha dichiarato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a margine dell’inaugurazione – ma è ancora presto per dire che c’è una ripresa. Mi auguro che nel corso di quest’anno si possa constatare una ripresa che non è lo 0,2% ma penso sempre a una soglia minima del 2 per cento». Secondo Squinzi – che a una domanda sull’inchiesta degli appalti pilotati ha sottolineato come «la corruzione taglia la competitività» – è possibile farcela soprattutto «cogliendo i segnali positivi che ci arrivano dalla congiuntura economica internazionale, dal cambio euro-dollaro, dal prezzo del petrolio e dal Qe della Bce. Ma possiamo ritrovare una vera ripresa solo se metteremo mano alle riforme portando fino alla fine il programma di Governo al quale è stato dato solo il calcio d’inizio». In ogni caso, ha aggiunto il leader degli industriali «da parte nostra occorrono investimenti in ricerca e innovazione». E poi c’è il capitolo sicurezza e dissesto idrogeologico (si veda il pezzo a fianco): «Bisogna investire – ha concluso Squinzi – per mettere il Paese in sicurezza. Ci sarebbero possibilità per interventi straordinari, tali da creare centinaia di migliaia di posti di lavoro».

Intanto, ha sottolineato il presidente di Ance, Paolo Buzzetti, «le compravendite di immobili stanno aumentando: +7,1% nell’ultimo trimestre dello scorso anno, +3,6% nel 2014 sul 2013. Negli anni della crisi abbiamo perso 800mila posti di lavoro, il 60% dei finanziamenti privati e il 50% degli investimenti in opere pubbliche. Ma la gente ricomincia a comprare casa». «C’è una grande crescita dell’erogazione dei mutui – ha ribadito Giovanni De Ponti, ad di Made Expo – le ristrutturazioni crescono del 30%: questi sono fattori molto positivi». Aiuta il settore la detraibilità delle spese per ristrutturazione e risparmio energetico. «Ma siamo in dirittura di arrivo – ha dichiarato Giorgio Palmucci, presidente di Confindustria Alberghi – anche con i decreti attuativi che renderanno operativo il “tax credit” previsto nel Dl Cultura, grazie al quale le strutture alberghiere potranno beneficiare di un sostegno concreto per le ristrutturazioni».

Tra gli stand gli umori sono contrastanti. «Vediamo prospettive di sviluppo stabili – ha spiegato Alessandro Lacedelli, ad di Rubner Objektbau (gruppo Rubner , che complessivamente fattura 363 milioni di euro, con oltre 1500 addetti) -. Abbiamo contribuito ad alcuni padiglioni di Expo. Restiamo molto presenti in Germania, Francia, Svizzera. Il calo dell’euro e del petrolio beneficia il Gruppo in termini di fornitura materiali per grandi commesse in Paesi extra Ue».

«Resta un periodo difficile – ha sottolineato Dario Vaccari, presidente di Alias Porte Blindate (15 milioni di fatturato e 100 dipendenti) –. Abbiamo perso il 10% del fatturato con la crisi russa. Per noi resta un mercato molto importante. Mentre in Italia rimane il problema dei ritardi nei pagamenti, anche con clienti con cui i rapporti sono consolidati da anni. Non mi sento proprio di parlare già di ripresa».

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