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Mps, spuntano Soros e Paulson

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il piano industriale

Mps, spuntano Soros e Paulson

L’accoglienza che il mercato riserverà nelle prossime settimane al nuovo piano industriale di Mps, che sarà approvato lunedì dal board del Monte e presentato agli investitori martedì mattina dal nuovo amministratore delegato Marco Morelli, sarà decisiva per l’esito del maxi-piano di ricapitalizzazione da 5 miliardi di euro che la banca varerà entro fine anno, subito dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre. Il nuovo piano industriale riguarderà la «good bank» Monte Paschi che nascerà dopo la maxi-cartolarizzazione da 27 miliardi che isolerà in un veicolo ad hoc l’intero portafoglio di crediti in sofferenza.

Se il riassetto andrà in porto, nascerà di fatto una banca nuova. Un “unicum” anche ai fini delle valutazioni di mercato, che da mesi prezza in media le banche italiane 0,3-0,4 volte il patrimonio (proprio per i timori sugli Npl) e che ora si trova a dover valutare per la prima volta un istituto senza più crediti in sofferenza e con una copertura degli incagli (unlikely-to-pay, secondo le nuove definizioni dell’Eba) che sarà innalzata a livelli superiori alla media del sistema. Il nuovo piano di Morelli per Mps, oltre alle prevedibili nuove azioni sul taglio dei costi a partire dalla riduzione di dipendenti e sportelli, dovrà dettagliare in che misura il maxi-riassetto inciderà sulla redditività. Tra aumento di capitale da 5 miliardi e cartolarizzazione dei crediti, la banca si troverà a incassare 12 miliardi di liquidità. Con un conseguente miglioramento del rating e del costo della raccolta, che Morelli quantificherà lunedì. Da quanto trapela da Siena, il piano sarà basato su previsioni prudenziali e conservative soprattutto se sarà confermato che si ipotizza un trend di ricavi basato su tassi d’interesse negativi per l’intero triennio del piano, mentre sul mercato i tassi d’interesse sono già in risalita adesso.

I dettagli del piano saranno anche la vera base con cui Mps cercherà di attrarre i nuovi investitori cui sarà proposto di sottoscrivere la maxi-ricapitalizzazione da 5 miliardi concordata con Bce. Dei 5 miliardi, 2 dovrebbero arrivare dal complesso piano di conversione dei bond subordinati in equity. Inoltre, da settimane il maxi-consorzio di collocamento guidato da JP Morgan e Mediobanca ha avviato pre-sondaggi con fondi sovrani e grandi investitori “finali” Usa e Uk. Molti i soggetti interessati, che già hanno messo al lavoro i

propri advisor per valutare la redditività del potenziale investimento proprio sulla base del nuovo piano. Lo schema d’intervento ipotizzato dai consulenti finanziari di Mps prevede di limitare al massimo l’offerta sul mercato. E punta massicciamente sul ruolo dei cosiddetti anchor investir. Tra questi, i contatti più avanzati sono con una serie di fondi del Qatar che potrebbero investire tra 1,5 e 2 miliardi. Un altro miliardo potrebbe arrivare da due grandi investitori istituzionali Usa già contattati: si tratta, stando a indiscrezioni di ambienti finanziari, del fondo del miliardario Usa George Soros e di uno dei re degli Hedge fund Usa, John Paulson. Altri contatti sono in corso con fondi Uk e Usa ma, almeno restando nel campo del tentativo promosso da JP Morgan e Mediobanca, non riguarderebbero grandi private equity internazionali per la difficoltà di garantire un rendimento (Irr) predefinito. A differenza del contropiano proposto dallìex ceo di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, che invece punterebbe sull’intervento di alcuni fondi di private equity (si fanno i nomi di Atlas, Bc Partners, Warburg Pincus) sulla base di un piano che in termini numerici differisce molto da quello di Morelli. Il board di Mps ha comunque deciso di non chiudere la porta all’intervento di Passera, che quindi potrà partecipare alla due diligence al pari degli investitori contattati da JP Morgan e Mediobanca, in attesa di capire se l’impegno dei suoi investitori si concretizzerà in un’offerta formale e vincolante.

Lo schema di intervento di questi investitori, cosiddetti anchor, dovrebbe prevedere l’assunzione di un impegno entro tre settimane dal varo del piano di Mps. In modo da arrivare una settimana prima dell’assemblea del Monte, che lunedì il cda convocherà per fine novembre, con una più precisa ripartizione delle quote dell’aumento da presentare agli azionisti che voteranno in assemblea.

Inutile dire che fino all’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre, molto atteso anche dalla business community internazionale, sarà difficile avere degli impegni scritti e vincolanti. Il destino di un Governo, per chi investe capitali, è una delle variabili di cui tenere conto. Così come probabilmente è vero che per attrarre capitali “particolari”, come quelli arabi e in particolare del Qatar, serve una piena condivisione del Governo. Se davvero Mps eviterà la nazionalizzazione anche grazie all’intervento del Qatar non si tratterà di una specificità italiana: lo stesso schema, proprio per evitare un intervento pubblico, è già stato seguito dall’inglese Barclays e dalla tedesca Deutsche Bank.

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