Notizie ItaliaUn rosso da 34 milioni annui per Ctp di Napoli
Un rosso da 34 milioni annui per Ctp di Napoli
di Fabio Pavesi | 3 dicembre 2013
La sigla Ctp sta per "Compagnia Trasporti Pubblici", ma quell'acronimo potrebbe anche tradursi in "Compagnia Troppe Perdite". È questo il tratto distintivo della società di autobus che collega 72 comuni nell'area delle province di Napoli e Caserta. Come accade da tempi immemori, anche l'anno scorso il bilancio della Ctp si è chiuso in passivo. Non è una sorpresa, né una novità. Il copione è già scritto. Lo sanno gli amministratori, i revisori dei conti e il presidente della Provincia di Napoli a cui è capitato in sorte dal 2008 di possedere il 100% della Ctp. Le perdite archiviate sono state di 21,4 milioni. Senza sapere quanto fattura si direbbe che è poca cosa. Non è così: quando perdi oltre 20 milioni su 52 milioni di entrate, significa che lasci sul terreno il 40% dei ricavi.
Ogni 10 euro incassati, 4 vanno persi. Per strada letteralmente. Nessuna sorpresa: nel 2011 il buco è stato di 26 milioni, altrettanti nel 2010. Non è finita perché la striscia negativa va indietro nel tempo: nel 2009 le perdite sono ammontate a 29 milioni e nel 2008, l'anno in cui la Provincia di Napoli è diventata unico azionista (rilevando il 50% posseduto dal Comune di Napoli) il "rosso" dei conti era di ben 33 milioni. Si dirà che c'è un progresso. Anche questo è vero ma solo in parte. Il miglioramento (si fa per dire) del cronico stato comatoso è apparente dato che anche i ricavi sono scesi. Erano 58 milioni nel 2008; saliti a 64 milioni nel 2010 e ora tracollati a poco più di 52 milioni. Non c'è tregua come si vede, nessuna soluzione di continuità. Anche prima del 2008, quando la società era compartecipata in quote uguali da sindaco di Napoli e presidente della Provincia, l'utile non era di casa alla Ctp. Tra 2003 e 2007, come documenta l'Ufficio Studi di Mediobanca, il pozzo senza fine dei bilanci in rosso della Ctp ha regalato ad azionisti e collettività un ulteriore buco di oltre 170 milioni di perdite. Fanno una media di 34 milioni di "rosso" ogni anno. Sommate il tutto e avrete un buco tra 2003 e 2012 di oltre 300 milioni. È il costo per far andare avanti e indietro i pullmann nel bacino napoletano e nel Casertano.
Un costo accettabile per la collettività? Il più delle volte è inevitabile che i servizi pubblici, in particolare i trasporti che hanno pesanti costi fissi in termini di personale, chiudano in perdita. Ma c'è modo e modo. Per la Ctp il dato inquietante è che gran parte dei ricavi sono sussidi pubblici. Solo nel 2012 su quei 52 milioni di entrate i corrispettivi da contratto di servizio (ciò che la Provincia di Napoli paga per assicurare il trasporto) sono stati 44 milioni. Dalla vendita dei biglietti sono arrivati in cassa alla Ctp poco meno di 8 milioni. Cioè spiccioli. In genere, i ricavi da mercato (i biglietti) valgono almeno il 30% del monte fatturato delle imprese di trasporto pubblico locale. Tra Napoli e Caserta siamo solo al 15%, la metà della media nazionale. Un mare di portoghesi che viaggia a scrocco.
È stato fatto qualcosa per migliorare la situazione? Il nulla più totale: la dinamica della pesantissima evasione tariffaria dura imperterrita da anni. Finisce così che paga la Provincia. E paga due volte. La prima con i 40 e passa milioni di contratto di servizio, la seconda quando si trova anno dopo anno a ripianare le perdite. Anche quest'anno il canovaccio si è ripetuto: la Provincia di Napoli ha staccato un assegno a giugno di 19 milioni per tappare il buco di bilancio. Ormai è una consuetudine. Le perdite lentamente erodono il capitale, la società balla ogni due anni sull'orlo del crac. Ecco arrivare puntualmente l'iniezione di denaro fresco da parte dell'ente pubblico. Ovvio che è un giochino infernale e malsano. I passeggeri non pagano l'autobus; la Ctp ogni anno vede i costi superare le entrate (mancate), il capitale viene eroso, scende la cassa; la Ctp ritarda i pagamenti ai fornitori. Occorre aspettare la manna dal cielo. Quell'assegno che viene staccato prima del baratro del fallimento dall'ente locale. E poi si ricomincia in una giostra sempre identica a se stessa. C'è da aspettarsi che il buco della Ctp finisca per essere compensato da nuove tasse. Eccolo il circolo perverso. I portoghesi del biglietto pagheranno (se lo pagheranno) il costo con un inevitabile aumento della tassazione sul territorio. Ma non sempre va così. Capita anche che l'azionista pubblico (la Provincia oggi e ieri anche il Comune di Napoli) alle prese a sua volta con bilanci in rosso non paghi i suoi corrispettivi. Si accumulano crediti su crediti solo sulla carta. Arriva poi il momento che si debbano svalutare. Nel 2012 Ctp aveva a bilancio fatture per 9 milioni dal 2004 al 2010 non incassate. L'anno scorso le ha svalutate per 5 milioni perché quei soldi non sono più riscuotibili.
Resta il vizio strutturale di sempre: ricavi bassi (biglietti evasi) e costi troppo alti. I mille e più dipendenti di Ctp dovranno scendere a 880 in futuro grazie a un accordo con il sindacato che ha firmato contratti di solidarietà difensivi. Uno sforzo vero, ma resta uno squilibrio patologico. Una società che fattura poco più di 50 milioni non sta in piedi con mille dipendenti, ma neanche con 880, visto che da soli costano oltre il 90% dei ricavi totali. Del resto la pur disastrata Atac di Roma ha dipendenti in organico dieci volte più della Ctp ma fattura 20 volte tanto. E nonostante ciò Atac continua a imbarcare perdite. È welfare sociale in realtà. Legittimo finché si vuole, ma non c'entra niente con l'efficienza (o meglio l'inefficienza cronica) di un'azienda pubblica di trasporti. Già in Campania è saltata un'azienda di trasporti, la Eav bus fallita l'anno scorso. Ctp rischia la stessa fine. Forse (per le finanze pubbliche) sarebbe meglio così.