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Un ecosistema aperto per l’Internet delle cose

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Un ecosistema aperto per l’Internet delle cose

  • –di Alessandro Longo
(marka)
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Un calderone in ebollizione. L’internet delle cose sta crescendo con forza anche in Italia e potrebbe essere l’occasione di rilancio competitivo per tutti i settori industriali. Ma il sistema paese al momento sta lasciando questo mercato senza una governance. Così si va verso uno sviluppo incontrollato, privo di standard e di una politica industriale condivisa.

È questo il paradosso che sta vivendo L’Iot (Internet of things). Il problema riguarda un po’ tutti i Paesi, ma in particolare è bruciante in Italia. Lo si evince da un documento (inedito) di raccomandazioni inviate al Governo, a gennaio, dai partecipanti di un gruppo di lavoro aperto sull’Iot presso Palazzo Chigi. Vi hanno collaborato, tra gli altri, Agcom, l’Agenzia per l’Italia Digitale, Confindustria Digitale, il ministero dello Sviluppo economico, l’università Bocconi, Sogei, la Luiss, l’università Sant’Anna di Pisa e la Bocconi di Milano, Federmeccanica, il Garante della Privacy.

“Il mercato «Iot» italiano è al boom: valeva 2 miliardi di euro nel 2015, con una crescita del 30% sul 2014, secondo l’ultimo rapporto degli Osservatori del Politecnico di Milano”

 

«Al documento (che Nòva24 ha potuto leggere, Ndr) non c’è stato seguito, da parte del Governo: rischia di essere un’occasione persa», dice Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale. «Tra le raccomandazioni: collaborare ai tavoli internazionali per definire standard e interoperabilità nell’Iot; incentivi fiscali al settore e il lancio di innovation hub; l’adozione - nelle PA, nelle aziende e nelle scuole - di percorsi formativi per sviluppare competenze Iot», aggiunge.

Il mercato Iot italiano è al boom: valeva 2 miliardi di euro nel 2015, con una crescita del 30% sul 2014, secondo l’ultimo rapporto degli Osservatori del Politecnico di Milano. Valgono quasi un miliardo i contatori del gas (+25%) e le auto connesse (+24%). Crescono anche le soluzioni di smart building (+18%), che riguardano principalmente la videosorveglianza e la gestione degli impianti fotovoltaici, e quelle di smart logistics (+11%) per la gestione di flotte aziendali e degli antifurti satellitari.

Città, auto, edilizia, energia; «ma anche moda, cibo: l’Iot può avvolgere tutti i settori del made in Italy, rendendoli più competitivi. Ecco perché il Governo dovrebbe occuparsene, con una strategia sistematica. Al momento assente», dice Catania.

A questa mancanza di governance, tipica italiana, si somma una questione intrinseca dell’universo Iot e che tutto il mondo sta scontando. L’assenza di standard e regole internazionali di interoperabilità. Una situazione che non solo rischia di frenare lo sviluppo del mercato, ma anche di creare oligopoli di aziende basate su ecosistemi proprietari. È un po’ come se, all’alba di internet, non fossero nati standard per la posta elettronica: forse saremmo stati costretti a usare i servizi di una sola azienda per poter comunicare. Il problema è già stato denunciato da Agcom (Autorità garante delle comunicazioni) in un rapporto di inizio 2015.

«Da allora il solo sviluppo significativo è stata una nostra consultazione pubblica per arrivare a regole che consentano agli operatori di usare in Italia sim con numeri stranieri», dice Antonio Nicita, commissario Agcom. «Vogliamo così evitare che, in assenza di regole abilitanti per i telefonici, il mondo Iot sia preda delle multinazionali over the top», aggiunge. La consultazione finirà il prossimo mese. «Google punta su Brillo OS in combinazione con la piattaforma di comunicazione Weave, seguendo il modello Android. Samsung ha sviluppato il sistema operativo TizenOS, e punta sull’integrazione della piattaforma SmartThings e sull’apertura verso altri attori. Apple invece continua a spingere il suo ecosistema controllato totalmente, basato su HomeKit (senza particolare successo fino ad oggi)», riassume Razvan Pitic, ricercatore degli Osservatori del Politecnico di Milano. Al contempo, c’è una battaglia di tecnologie diverse. Da una parte, quelle a corto raggio, dove sembra ora prevalere il Bluetooth Low Energy (mentre nel 2017-2018 arriverà Halow, ossia Wi-Fi low energy). Dall’altra, quelle a lungo raggio, dove c’è uno scontro tra Low power wide area (con diversi standard proprietari che si scontrano) e gli standard cellulari (dove gli operatori ora puntano sul Nb-Iot).

Insomma, da una parte grandi spinte innovative; dall’altra un caos di fondo. È in questo contrasto il fantasma che aleggia sul mondo Iot. E può danneggiare gli interessi di consumatori ed sistema paese. Soprattutto in Italia.

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