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Gli Usa puntano su cloud e Big Data, L’Italia è ancora un cantiere aperto

Stando ai 50 manager americani censiti da Nomura Holdings per l’edizione 2016 della propria Cio Survey, il budget di spesa in tecnologie crescerà quest’anno solo dell'1,2%, rispetto al 3,1% dello scorso anno. Una flessione evidente, dunque, che verrà riscattata parzialmente nel 2017, quando gli investimenti dovrebbero segnare un incremento anno su anno del 2 per cento.

BUDGET IT: VARIAZIONI ATTESE 2016 SU 2015
Dati in percentuale. (Fonte: Nomura research)

Proiezioni che forse non riflettono fedelmente le intenzioni dei responsabili informatici su scala internazionale, ma che ci permettono di capire dove (e come) i Chief Information Officer destineranno le risorse a loro disposizione nei prossimi 12/24 mesi. Le priorità evidenziate dallo studio, in tal senso, non rappresentano certo una novità. Big Data Analytics, cloud computing e security sono le voci che caratterizzeranno il ciclo di spesa del biennio 2016/2017. Ed è la sicurezza, in particolare, il vero driver degli investimenti It per l’82% dei manager censiti.

Se queste sono le intenzioni professate dai responsabili It statunitensi, quelle dei colleghi italiani registrate dalla «Cio Survey 2016», realizzata da Netconsulting cube (per conto di Capgemini Italia, Hewlett Packard Enterprise e Tim) coinvolgendo circa settanta realtà private, riflettono lo stato di «cantiere aperto» che caratterizza il processo di metabolizzazione della trasformazione digitale in seno alle aziende della Penisola. Un processo i cui lavori stanno comunque procedendo appoggiandosi a pilastri noti quali mobile, cloud, Big Data, social e Internet of Things.

LE SFIDE PER LE AZIENDE NEL 2016
Valori percentuali su totale campione (Fonte: NetConsulting cube)

L'aspetto chiave della questione non è comunque legato alla specifica tecnologia: per raggiungere gli obiettivi servono infatti figure capaci di affrontare il cambiamento imposto dal digitale con una visione sempre più ampia. Il Cio, insomma, deve imparare a svolgere un compito diverso rispetto al recente passato, aprendosi molto di più alle altre figure di management dell’organizzazione, a cominciare da Cfo e Cmo, e cioè i responsabili dell’area finance e del marketing. Un principio di “sharing” delle funzioni aziendali che ricorre da tempo e di cui la “disruption” portata dal digitale, per sua natura caratterizzata da declinazioni diverse (tecnologiche, organizzative, relazionali e via dicendo) ha accelerato i tempi di attuazione.

Nel 2016, evidenzia ancora lo studio, il fattore “disruption” continuerà a rappresentare la sfida principale per le aziende. Fra i tanti dati emersi scopriamo per esempio che per il 31% dei Cio italiani interpellati la trasformazione digitale aiuterà a fare meglio e in maniera più efficiente quanto realizzato fino a oggi, mentre per il 14% darà accesso a nuovi mercati. Oltre la metà del campione, inoltre, pensa che l’impatto delle tecnologie digitali creerà nuovi modelli di business, mentre sono invece quasi scomparsi (sono il 3%) i Cio che le considerano come totalmente ininfluenti.

Siamo dunque in una fase di «work in progress», e lo conferma il fatto che solo la metà del panel oggetto di studio ha parlato di trasformazione già in corso. Per il 25% dei manager It, l’impatto sarà invece più evidente nel 2018. Il problema, semmai, risiede nel 27% di aziende che ammette di non aver ancora predisposto un «digital masterplan» e nel 15% di imprese che ha esteso l’orizzonte temporale per intervenire fino al 2020.

QUALI AREE DI COMPETENZA DELLA STRUTTURA ICT IL CIO DEVE POTENZIARE? 
Valori % su totale panel (Fonte: NetConsulting cube, CIO Survey 2016)

Se governare l’evoluzione in maniera strategica è una sorta di requisito fondamentale per ottenere risultati, le aziende italiane, in linea generale, sembrano aver recepito il messaggio. Anche nell’ottica di un necessario rimescolamento di ruoli e competenze. L’implementazione di nuovi progetti legati alle tecnologie digitali è infatti guidata nella maggior parte dei casi (il 50,9%) ancora dai Cio, ma altrettanto spazio hanno avuto i Chief Marketing Officer, entrati in gioco nel 22,6% dei progetti, i «comitati misti» (nel 13,2%) e direttamente i Ceo (nel 7,6%).

Secondo il 72% dei manager intervistati, infine, il livello di coinvolgimento del top management è (non a caso) giudicato medio-alto, segno che la strada del cambiamento del ruolo è stato intrapresa. Con la consapevolezza di dover sviluppare nuove competenze e di essere (al momento) scoperti in fatto di skill adeguati in alcuni ambiti specifici come quello della data science-analytics, della programmazione su mobile e dell’Internet of Things.

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