Sono oltre 300 e provengono da oltre 20 Paesi di quattro diversi continenti. Sono gli alunni passati negli ultimi quattro anni dalla Startup School di Mind the Bridge, l’organizzazione nata per sviluppare, promuovere e supportare nuove iniziative imprenditoriali di tutto il mondo. Con base a San Francisco e in Italia, la MtB School ha preso vita ufficialmente nel 2007 come progetto sperimentale affiancandosi ai primi «Italy Tour» e ai primi «Bootcamp», per poi assumere qualche anno dopo i connotati di un progetto formativo strutturato su moduli intensivi (dalla durata di tre settimane) rivolti agli aspiranti startupper.
«Siamo partiti nel 2007 come semplice ponte tra l’Italia e gli Stati Uniti - ha commentato in una nota Marco Marinucci, fondatore e Ceo di Mind the Bridge - ma poi, anche grazie a progetti europei come Welcome e SEC2SV (Startup Europe Comes to Silicon Valley, ndr.) abbiamo aggiunto sempre più rampe di accesso al nostro ponte virtuale con il cuore dell’innovazione tecnologica mondiale, dove oggi siamo un punto di riferimento per la formazione imprenditoriale. Abbiamo infatti ospitato e supportato centinaia di founder che vogliono fare un reality-check valido e circostanziato della loro value proposition in un periodo di tempo ragionevolmente breve, e utilizziamo il modello della Startup School non solo per startup consolidate ma anche, opportunamente adattato, per giovani studenti universitari e delle scuole superiori che vogliano avere una prima esperienza strutturata e un’esposizione mirata nel contesto della Silicon Valley».
La Scuola ha quindi affrontato negli anni un cammino che l’ha portata a una dimensione di vero e proprio hub internazionale, massimizzando le partnership strette con realtà come il Polo Tecnologico di Pavia e la Fondazione Denoth in Italia, il programma europeo Welcome e Brilliant Labs in Medio Oriente. Al crescere dei Paesi rappresentati (erano tre nel 2012, fra cui l’Italia) è aumentata di pari passo la partecipazione femminile, passando dal 6% di cinque anni fa a oltre il 25% dell'anno passato.
La riflessione di Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge, ci fa però capire le difficoltà di affermarsi e ritagliarsi spazi vitali dall’altra parte dell’oceano: «Trovare sbocchi professionali in Silicon Valley è un percorso ristretto a una piccola nicchia di super talentuosi. Le barriere all’ingresso in termini di visti e di competenze e conoscenze – conferma Onetti - sono infatti molto alte, e per questo l’auspicio è che si aprano in Italia nuovi sbocchi professionali e opportunità di lavoro». Le dimensioni dell’ecosistema delle nuove imprese innovative nel Belpaese sono però tali, e nella fattispecie ancora limitate, da rappresentare spesso e volentieri un ostacolo arduo da superare.
«Il problema – spiega Onetti – è da un lato la mancanza, o comunque lo scarso numero, di grandi aziende. Dall’altro il fatto che molte delle medie e piccole imprese protagoniste della crescita dell’economia italiana nei passati decenni non si sono innovate e stanno avendo difficoltà. Solo poche startup, che rappresentano il nuovo tessuto industriale, diventano grandi e sono capaci di offrire opportunità di lavoro dimensionalmente significative. La strada è tracciata, ma siamo bloccati in una specie di limbo tra le Pmi che faticano e le nuove imprese che non decollano».
I casi eccellenza nati sotto il cappello di Mind The Bridge non sono però mancati e fra le startup che hanno partecipato alla School gli esempi più brillanti sono quelli di Timbuktu e InteriorBe. La prima si è fatta strada in Silicon Valley raccogliendo tre milioni di dollari di finanziamenti con il progetto «Rebel Girls» e rivelandosi la campagna di maggior successo in ambito editoriale al mondo sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter; la seconda, selezionata attraverso il concorso «Ti Porta Lontano» di Nastro Azzurro, è ritornata da pochi mesi nella Bay Area ed ha appena annunciato un nuovo round di finanziamento seed da 250mila euro guidato da un fondo italiano.
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