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Le cinque fasi vincenti per un’azienda sostenibile

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L'Analisi|analisi

Le cinque fasi vincenti per un’azienda sostenibile

L'azienda di domani sarà sostenibile o non avrà modo di esistere. Gli indicatori ESG (Enviromental Social and Governance criteria), frutto ormai di ampio dibattito internazionale, sono diventati parametri di giudizio dei Ceo anche per riviste come Harward Business Review. E mentre si moltiplicano i framework di rendicontazione della sostenibilità (per una panoramica, si veda il sito Global reporting standard), impatto ambientale, rispetto dei diritti dei lavoratori e governance trasparenti sono ormai fattori imprescindibili di competitività. Lo chiedono i consumatori: secondo Gfk Eurisko, oltre un terzo degli acquirenti considera la sostenibilità un fattore decisivo almeno quanto qualità e prezzo. Riguardo agli investitori, si calcola che la dimensione del mercato globale di investimenti sostenibili rappresenti oggi almeno il 31% del totale gestito (fonte Gsia Global Sustainable Alliance).

Azienda sostenibile: la definizione corretta

Occorre però sgombrare subito il campo da un equivoco. Per azienda sostenibile si intende spesso una realtà attenta e motivata da principi etici, che redistribuisce una parte del valore generato sotto forma di beneficienza. Si tratta di una visione parziale del concetto di sostenibilità. Che non coglie, a mio avviso, l’essenza del fenomeno. La definizione giusta credo sia un'altra: un’azienda è realmente sostenibile se è in grado di garantire una posizione di business competitiva con ritorni stabili nel tempo. Tre i fattori chiave di questa «stabilità competitiva»:
1. Creare valore condiviso con tutti gli stakeholder in modo duraturo nel tempo.
2. Misurare le decisioni di business analizzando tutti gli impatti (economici e non) che esse determinano.
3. Comunicare gli impatti di sostenibilità delle decisioni per ciascun stakeholder.

Le aziende che sono riuscite a raggiungere posizionamenti distintivi realmente sostenibili hanno alcuni tratti che le accomuna.

Secondo i criteri definiti da MBS Consulting ci sono almeno cinque caratteristiche decisive che le definiscono:

1. Non guardare al «ritorno immediato»: avere una visione di lungo termine
Il punto di partenza è la volontà di creare valore nel medio lungo periodo. È infatti difficile e pericoloso cercare “scorciatoie” per massimizzare il ritorno a breve privilegiando uno stakeholder (tipicamente l’azionista) a scapito di altri stakeholder importanti. Potrebbero infatti generarsi effetti negativi per almeno quattro categorie:
clienti: politiche speculative e di scarsa trasparenza sui prodotti e servizi (per esempio nel settore finanziario) possono riflettersi sulla tenuta della base clienti;
dipendenti: frequenti ristrutturazioni mirate ad ottimizzare i costi di struttura (da evidenziare nelle trimestrali agli analisti) e limitato investimento nell’empowerment delle persone o nella cura dei percorsi di carriera sono un boomerang. La creazione di una squadra professionale, motivata e leale verso l’azienda è un percorso di orizzonte più che pluriennale;
distributori e fornitori: sbagliato sfruttare posizioni di forza dell’azienda a scapito di un rapporto di “partnership” con uno stakeholder importante, perché spesso è proprio questo stakeholder ad avere il contatto diretto con il mercato dell’azienda;
ambiente e comunità locali: azioni a impatto negativo sull’ambiente per minimizzare i costi industriali sono dannose oltre che in sé anche in termini di reputation.

Queste scorciatoie, nel medio e lungo periodo, fanno correre all’azienda una serie di rischi strategici e operativi che ne possono minare la posizione competitiva: perdita di clienti e danno d’immagine, impatti sanzionatori degli enti regolatori, manovre ostruzionistiche dei distributori…. Per inciso: tipicamente le aziende con la maggior visione a lungo termine sono le aziende imprenditoriali e familiari. Un dato che può apparire controintuitivo, ma che ha una sua ragion d’essere: la visione dei proprietari è di natura plurigenerazionale e non speculativa.

2. Considerare chi si ha a fianco. Ovvero: conoscere i propri stakeholder

Il punto di partenza fondamentale è la profonda (e onesta) conoscenza delle esigenze di relazione degli stakeholder nei confronti dell’azienda. Per questo, sono necessari sistemi gestionali per monitorare le esigenze e le loro evoluzioni. Spesso le aziende hanno molteplici sistemi di reporting che monitorano le variabili economico-finanziarie o i parametri operativi dei processi aziendali. Ma hanno poca dimestichezza con la raccolta sistematica delle “performance” di creazione valore verso i propri stakeholder. Quel che spesso manca loro è:
verifica di soddisfazione dei clienti con un’attenta analisi delle motivazioni di acquisto e di abbandono e delle relative traiettorie nel tempo e delle loro correlazioni con le performance commerciali (vendite, margini, retention,…);
verifica della competitività della propria value proposition verso i distributori in termini di qualità dei prodotti e livello dei servizi;
analisi della qualità dei rapporti con i fornitori, soprattutto con quelli che sono parte integrante del prodotto/servizio offerto ai clienti;
indagini di clima interno dei dipendenti per individuare in anticipo azioni di miglioramento dei meccanismi gestionali interni e dei percorsi di carriera;
analisi dello stato delle relazioni con le comunità locali e le istituzioni per individuare eventuali rischi di normativi e reputazionali.

3. Quantificare la soddisfazione degli stakeholder. E valutare su questo il management
Una volta rilevata la situazione in termini di soddisfazione dei propri stakeholder l’azienda dovrebbe dotarsi di adeguati obiettivi sul tema. Gli obiettivi dovrebbero essere inseriti nei sistemi di pianificazione e controllo dell’azienda e diventare parte integrante del sistema incentivante e premiante del management, a tutti i livelli. Gli obiettivi, coerentemente con la visione di lungo periodo, dovrebbero abbracciare orizzonti pluriennali e comprendere parametri che esplicitino la relazione tra soddisfazione degli stakeholder e performance di business come, ad esempio: retention dei clienti, volatilità e fedeltà dei distributori, livello di servizio dei partner di business e dei dipendenti delle strutture di front-end. Infine, dove possibile, si dovrebbe cercare di esplicitare in termini di impatto economico il rischio di non soddisfazione. Per esempio: quanto può comportare in termini di rischio reputazionale, mancate vendite o sanzioni un approccio commerciale non trasparente o non conveniente per i clienti?

4. Considerare gli stakeholder nei meccanismi decisionali dell’azienda
La creazione di valore infatti, non va misurata ex-post alla fine dell’anno per verificare come si è andati, ma va trattata nella normale operatività. Ogni scelta aziendale, quindi, deve generalmente gestire un trade-off tra la massimizzazione dell’azionista (visione di breve e spesso rischiosa) e l’equilibrio degli impatti verso la pluralità degli stakeholder (visione di medio-lungo che garantisce un posizionamento competitivo solido). La gestione di questi trade-off può essere svolta in molteplici forme quali, ad esempio: l’inserimento nei business case aziendali della visione degli altri stakeholder in modo da valutare le principali iniziative aziendali a 360 gradi. L'assegnazione di responsabili interni degli stakeholder che devono verificare gli impatti su di loro delle principali decisioni aziendali. L'inserimento nell’agenda dei management board di una sessione di analisi impatti sui diversi stakeholder al fine di rendere consapevole l’organo decisionale dell’azienda sulla reale situazione per ognuno di essi.

5. Fare cultura interna: generare valore per gli stakeholder è la mission dell’azienda
Gli elementi sopra citati sono di difficile attuazione se manca la consapevolezza di quanto la generazione di valore per gli stakeholder coincida con la solidità della posizione competitiva dell’azienda. In altre parole, il management deve maturare la convinzione e la consapevolezza che la generazione di valore per il sistema degli stakeholder non è niente altro che la mission dell’azienda e, pertanto, il suo principale obiettivo di business. Infine, parte integrante della cultura aziendale deve necessariamente essere il concetto di interfunzionalità e di corresponsabilità nella gestione e nell’impatto sugli stakeholder (i clienti non sono una responsabilità solo del marketing e delle vendite, come i fornitori non lo sono solo per gli acquisti e i dipendenti per il responsabile HR).

*Partner, Mbs Consulting

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