Le chiamiamo abilità trasversali, competenze soft ed anche «life skills». Questa molteplicità di espressioni evidenzia come si tratti di concetti sfuggenti e capacità accessorie rispetto alle conoscenze tecniche. In realtà le aziende di ogni settore, tipologia e dimensione risentono concretamente della carenza delle life skills tra i propri dipendenti a tutti i livelli. E proprio grazie al patrimonio personale di abilità trasversali un candidato può differenziarsi da tutti gli altri ed emergere durante il colloquio di selezione. Non possiamo negarlo: a parità di competenze tecniche, qualunque selezionatore sceglierà il professionista che sa collaborare con i propri colleghi, che è orientato al problem solving o che è in grado di smorzare, sul nascere, i conflitti.
Tutte capacità, queste, che diventano cruciali anche per fare carriera. Un bravissimo medico che non dimostri intelligenza emotiva nei confronti del proprio paziente difficilmente riuscirà ad instaurare con quest’ultimo una comunicazione efficace; allo stesso modo, il responsabile delle relazioni con i clienti che non sia abile nel problem solving come affronterà la critica rivolta al servizio dell’azienda sui social media? E cosa potrebbe accadere al giovane avvocato, laureato a pieni voti, se non sapesse negoziare? Ancora, quali sarebbero le conseguenze della promozione di un professionista, tecnicamente ineccepibile, a manager di un team il quale dimostra in questo nuovo ruolo di non essere in grado di gestire le relazioni con i colleghi?
Da questi esempi emerge chiaramente che le conseguenze della mancanza di abilità trasversali creano ai professionisti che lavorano un accumulo di stress e tensioni; dal punto di vista dell’azienda, le conseguenze si trasformano in perdita di tempo, di clienti, di guadagni e di quote di mercato. Se i percorsi di acquisizione delle competenze tecniche sono ormai formalizzati, la situazione è molto diversa per le capacità trasversali. Oltre all’idea che queste competenze siano accessorie, infatti, c’è anche la presunzione che si tratti di abilità innate. È innegabile, infatti, che quasi nessun manager solleverebbe obiezioni alla richiesta di frequentare un corso per aggiornarsi sulle funzionalità di un nuovo prodotto o sui nuovi strumenti di vendita. Quanti, invece, si dimostrerebbero entusiasti di partecipare ad un corso dedicato alle life skills? Sicuramente pochi, ma è un grave errore.
Le life skills si possono imparare
In realtà, anche le life skills si possono acquisire ed allenare e un recente studio internazionale di Boston Consulting, primaria società di consulenza manageriale, invita le università ad introdurre nei propri percorsi queste aree in modo che i neolaureati siano pronti al mercato del lavoro di industry 4.0. Nel nuovo paradigma che vedrà la massiccia diffusione di innovazioni tecnologiche intelligenti e interconnesse, infatti, ai professionisti verrà richiesto uno sforzo significativo di adattamento ai cambiamenti che incideranno sui ruoli rendendoli sempre più trasversali e multidisciplinari.
Nell’era digitale sarà premiato chi è flessibile
«Aprire la mente» sarà sempre più un driver del cambiamento e la trasformazione digitale imporrà flessibilità, mentalità indiziaria, pensiero critico e disponibilità alle contaminazione esterne. Come diceva Louis Pasteur, infatti, «Il cambiamento favorisce soltanto le menti preparate ad accoglierlo». Sicuramente bisogna guardare con preoccupazione alle previsioni che prospettano una significativa riduzione dei posti di lavoro. Tuttavia, l’approccio più produttivo è quello di prepararsi ad affrontare queste innovazioni dotandosi degli strumenti professionali che permetteranno al nostro profilo di essere vincente anche nel rinnovato contesto, abbandonando quindi la visione del nostro lavoro come routinario.
Per concludere, quindi, non possiamo non essere d’accordo con Tim Cook che recentemente ha affermato, parlando ai laureati del MIT: «Non ho paura che l’intelligenza artificiale dia ai computer la capacità di pensare come gli esseri umani. Sono più preoccupato delle persone che pensano come i computer».
* Managing Director di EasyHunters
** Presidente Cineas
Di che cosa parliamo quando diciamo…
Intelligenza emotiva. È la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie e altrui emozioni.
Negoziazione. È un’attività di scambio resa possibile dal diverso valore che le persone attribuiscono alle risorse. Non vuol dire imporsi con aggressività, né cedere, né scendere a compromessi.
Problem solving. L’abilità di risolvere situazioni problematiche che si basa sulla capacità di distinguere prioritariamente quelli che sono i veri problemi dalle semplici scelte.
Lavoro di squadra. Il team si caratterizza per collaborare al raggiungimento di un obiettivo comune e proprio per questo aspetto si distingue dal gruppo i cui membri operano in vista di finalità disomogenee.
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