Nel mondo del lavoro siamo quotidianamente esposti a cambiamenti di vario tipo, ma quelli che ci colpiscono di più sono quelli che impattano sulle nostre aree di comfort. Anche io, nonostante abbia una propensione al nuovo fortissima e sul lavoro mi piaccia fare attività diverse e studiare quello che accade anche in settori differenti dal mio, ho le mie aree di comfort da cui faccio veramente molta fatica ad uscire. Mi piace, ad esempio, lavorare in luoghi conosciuti con i miei strumenti (banalmente i pc, la scrivania, l’ufficio, la penna...), con gli stessi colleghi e gli stessi meccanismi consolidati; anche negli spostamenti adoro sapere in anticipo cosa fare, quale treno o aereo prendere: sapere esattamente quello che dovrò fare, mi dà un senso di tranquillità da cui faccio fatica a distaccarmi.
A volte, anche portare un nuovo cliente in un ristorante che non conosco mi mette in uno stato di non certezza. E il motivo è semplice: sono obbligata ad uscire dalla mia zona di comfort della quale conosco i limiti e i contorni. Delle mie zone, però, ho imparato anche ad accettare difetti e lati negativi. Ormai li conosco bene e mi ci sono quasi abituata. Immagino questa zona quasi come un’area di salvezza - che può essere più o meno grande - all’interno della quale ci si rifugia e che spesso rappresenta un enorme freno a mano. Qualcuno è più bravo a cambiarla e adattarla, qualcuno è decisamente meno capace di trovare il way out.
Nel mio lavoro, mi capita abbastanza spesso di incontrare candidati che decidono di rispondere ad un annuncio per un nuovo ruolo in azienda, in un settore diverso e magari in una nuova città. Un cambiamento radicale: nuovo ambiente lavorativo, nuovi colleghi, nuovo capo, nuovo ufficio e, magari, nuova città dove bisogna ricominciare da capo con amicizie, rapporti personali e proprie micro zone di confort. Nuovo lavoro significa inevitabilmente dover imparare molto e, spesso, può capitare di sentirsi incapaci.
Sono tutti elementi che chi fa selezione deve sempre considerare perché questi cambiamenti richiedono un periodo di adattamento che può variare a seconda delle persone. Nelle mie sezioni di coaching solitamente consiglio, in un cambio di lavoro, di avere almeno un elemento costante che aiuti a trovare una zona di certezza: stesso lavoro in un settore diverso, ma nella stessa città, oppure un ruolo nuovo, ma nello stesso settore con dinamiche note a cui fare riferimento. In base alla mia esperienza, posso affermare che una delle motivazioni più gettonate di coloro che rifiutano un nuovo lavoro è da ricercare nella non capacità/non voglia di uscire dalla propria zona di comfort. In tanti vorrebbero cambiare, ma se i lati positivi sono maggiori di quelli negativi alla fine si resta dove si è.
È un po' come accade con il nostro solito ristorante, dove magari non si mangia più così bene, ma il cameriere ci conosce, il tavolo è quello di sempre, dove non ci chiedono se vogliamo acqua naturale o frizzante perché lo sanno già e dove conoscono perfettamente i nostri gusti. Alla fine, inutile negarlo, tutti noi cerchiamo degli appigli che rendano più semplice un mondo già molto complicato di per sé.
* Managing Director di EasyHunters
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