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La ricerca del top manager ideale passa attraverso gli algoritmi

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La ricerca del top manager ideale passa attraverso gli algoritmi

Da anni chi opera nella ricerca del personale di livello executive è impegnato a ridurre gli errori nella scelta delle figure manageriali. Uno studio della Cambridge University ha rilevato in proposito come, nella valutazione delle competenze dei candidati, anche gli head hunter più esperti siano esposti a diverse trappole di tipo cognitivo. Con una diretta, quanto “pericolosa”, conseguenza: esprimere valutazioni sullo stesso candidato che differiscono tra loro di circa il 20-30% pur avendo pari seniority e pur utilizzando lo stesso modello di selezione. Se l’'obiettivo ultimo dell’attività di selezione rimane la pertinenza del giudizio, ecco che la disponibilità di avanzati strumenti diagnostici, basati su algoritmi testati e validati, costituisce un passo in avanti importante per l’operato degli Hr manager.

Nasce proprio da questi presupposti il modello scientifico, di fatto unico nel suo genere in Italia, che EXS, la società di «executive search della multinazionale italiana Gi Group» (è nata a inizio 2016 ed è specializzata nell’attività di recruitment di figure apicali per l’azienda) ha sviluppato con Sda Bocconi. Di cosa si tratta? Di un sistema strutturato di valutazione delle doti di leadership (chiamato non a caso «EXS Leadership Dna») in grado di prevedere il potenziale delle performance di management in ruoli direzionali. Il metodo in questione si basa su un algoritmo “binario”, brevettato, che lavora su un insieme di competenze di tipo manageriale (dalla visioning al problem solving) e di potenziale rispetto alle quattro dimensioni della learning agility, a cui si aggiungono molteplici comportamenti indipendenti ed esaustivi, valutati con specifiche.

«La tecnologia - spiega al Sole24ore.com Pasquale Natella, Amministratore delegato di EXS - riduce l’errore umano, azzera i rischi di dispersione e aumenta l’oggettività della valutazione di un candidato. Il nostro compito è quello di mettere la persona giusta al posto giusto, raggiungendo i massimi livelli di coerenza e fitting fra ruolo e azienda». L’algoritmo, che attraverso sistemi di “fine tuning” apprende e si migliora nel tempo, non rende totalmente oggettiva la valutazione delle competenze ma le rappresenta in modo omogeneo e comparabile. Il software, questa almeno la convinzione di EXS, non può essere sostitutivo del selezionatore, ma può affiancarlo e supportarlo nello svolgimento delle sue funzioni. Al cacciatore di teste rimane quindi la responsabilità di leggere e comprendere al meglio, in una dimensione prospettica, il contesto e le necessità più evidenti del ruolo ricercato, al fine di inserire gli input corretti nell’algoritmo. Venendo meno questa attenzione, il risultato, sebbene preciso, sarebbe comunque sbagliato.

L’intelligenza artificiale, una chatbot, potrà mai sostituire la figura dell’head hunter? «Per l’attività di mera valutazione di alcuni parametri - dice Natella - è teoricamente ipotizzabile, perché si automatizzerebbe un processo ripetitivo. Il nostro ruolo ci impone però di diventare mentori del candidato, della sua crescita professionale e di conseguenza della sua vita personale. La componente relazionale è fondamentale e per questo dico che il ruolo del consulente è insostituibile. Il nostro lavoro non termina con l’inserimento dei manager, perché per almeno tre anni continuiamo a monitorarne le performance a vantaggio del cliente e della qualità del nostro metodo».

L’attività di analisi delle performance, attraverso avanzati strumenti tecnologici, serve insomma a dare continuità al ruolo della consulenza e a migliorare l’efficienza e l’efficacia del sistema. «Gli stessi head hunter - aggiunge in proposito Natella - diventano misurabili. La tecnologia che utilizziamo diventerà un servizio a vero valore aggiunto, un “add on” della tradizionale attività di consulenza, e sin d’ora ci aiuta a ottimizzare anche la componente costi, perché i danni finanziari correlati alla scelta errata di un executive possono impattare a bilancio, per decine e decine di migliaia di euro».

Gli algoritmi, per contro, non sono la ricetta infallibile nella ricerca di figure nuove come il Chief innovation officer o il Chief digital officer. «Non misuriamo le competenze tecnologiche, ma le attitudini manageriali e le capacità di management nel gestire i processi di sviluppo e di innovazione dell'azienda. Prima dell’algoritmo che valuta le competenze interviene la business intelligence umana, a cui è affidato il compito, fondamentale, del pre-screening». L’identificazione del profilo executive ideale nasce insomma da una elaborazione personalizzata dei dati storici e delle informazioni raccolte dal candidato, dall’organizzazione e dal gruppo di lavoro in cui il professionista è chiamato a lavorare.

Dopo diversi mesi di test, confermano da EXS, il sistema è arrivato a un livello di varianza di valutazione tra i recruiter inferiore al 3%. I progetti di ricerca executive effettuati, a 18 mesi dall’introduzione del metodo «Leadership Dna», sono circa 70, mentre arrivano alla decina i progetti di «managerial appraisal» (valutazione dei profili di leadership attuali e di potenziale futuro dei manager chiave) e sono quattro i piani di successione di top manager. Complessivamente sono stati finora valutati, circa 1.400 candidati e i fra i benefici evidenziati dalle grandissime imprese coinvolte spiccano efficienza, precisione e rispetto delle tempistiche.

Il lavoro di affinamento del sistema per ridurre i tempi di valutazione del candidato (il target è di arrivare sotto le cinque ore) non è comunque finito e va di pari passo con l’utilizzo della video intervista per applicare due ulteriori strumenti di giudizio, l’analisi comportamentale e quella delle micro espressioni facciali. Più avanti, e questo è l’oggetto di un progetto avviato con l’Università La Sapienza di Roma e in collaborazione con la startup Egg-Up, entreranno in azione un ulteriore nuovo modello di selezione (EXS Personal Dna, oggi in fase di sperimentazione presso una grande azienda italiana) per indagare il profilo dei tratti della personalità e una metodologia che permetterà di calcolare come ciascun candidato in “short list” possa contribuire al potenziale di un team già esistente in azienda.

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