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Dalla resilienza all’elasticità mentale: le 5 competenze per il…

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Dalla resilienza all’elasticità mentale: le 5 competenze per il cambiamento

Per attuare un processo di innovazione efficace in azienda è necessario puntare sulla consapevolezza di tutta la popolazione aziendale, dagli addetti operativi ai manager, rispetto ai requisiti richiesti dal proprio ruolo e rimanendo in linea con i piani di sviluppo predefiniti. Il consiglio è a firma di Intoo, la società di Gi Group attiva nei servizi di sviluppo e transizione di carriera, che ha delineato cinque competenze “soft” chiave, indipendentemente dal ruolo e dall’età dell’addetto, su cui far leva per agevolare e accogliere il cambiamento in azienda a cavallo della trasformazione digitale.

Quali sono? Elasticità mentale, resilienza, proattività, orientamento al mercato, autoconsapevolezza. Ciò che serve alle aziende è dunque la capacità di modificare gli schemi comportamentali e cognitivi necessari per affrontare e risolvere situazioni nuove e adattarsi in modo positivo e costruttivo alle circostanze, sono doti funzionali a perseguire il cambiamento continuo facendo fronte anche a situazioni difficili e riappropriandosi di un percorso di ripresa e di sviluppo possibile. Sono, ancora, la predisposizione a ricercare e perseguire soluzioni e risultati concreti e duraturi, ricorrendo a idee e azioni diversificate ed efficaci allo scopo, e ad assumersi la responsabilità che il ruolo richiede.

Fra le soft skill ritenute indispensabili alla trasformazione, infine, non devono mancare la comprensione del proprio ruolo e di come evolve nel mercato, la sua rispondenza alle esigenze organizzative e alle strategie aziendali, nonché la capacità di integrare gli obiettivi personali con quelli dell’impresa e di riconoscere e valutare le proprie competenze non strettamente tecniche.

Per identificare queste caratteristiche nei dipendenti già in organico o nei giovani talenti che si affacciano al mondo del lavoro si parte innanzitutto da un lavoro di assestment mirato a verificare l’impiegabilità delle persone e a renderle consapevoli della propria spendibilità. Si passa poi a proporre interventi formativi e attività di coaching e di counseling (e quindi orientamento e sviluppo) in grado di essere recepite velocemente da figure pronte e disponibili alla sfida. Ci sono, nelle (grandi) aziende italiane i presupposti affinché questo possa accadere?

«La trasformazione digitale – ha spiegato al Sole24ore.com l’amministratore delegato di Intoo, Cetti Galante - è una questione di attitudine oltre che di nuove competenze, e va considerato un processo in continuo movimento. Valutare la spendibilità delle risorse non può prescindere dalla conoscenza del mercato esterno, la vera bussola per orientare la trasformazione. Si parte quindi dall’analisi e dalla presa di consapevolezza delle competenze disponibili per confrontarle poi con l’attitudine e la possibilità di sviluppare quelle necessarie in base ai cambiamenti strategici in atto».

A gestire e guidare questo processo è chiamata la funzione Hr, ma non necessariamente in maniera diretta. «Alcune aziende - ha precisato in proposito Galante - hanno in parte le competenze interne per farlo, altre non sono abbastanza strutturate, altre ancora preferiscono affidare questa attività di diagnosi e di identificazione della spendibilità a un partner esterno in grado di garantirne la necessaria neutralità».

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