A guardare la base della piramide l’Italia risulta indietro rispetto agli altri Big europei, mentre man mano che ci si avvicina al vertice il nostro Paese recupera terreno nella partita del compensation mix della famiglia Hr giocata “contro” Germania, Francia, Gran Bretagna e Polonia.
A mettere sotto la lente gli elementi del pacchetto retributivo è la società di consulenza Mercer, che ha considerato in ognuno dei paesi citati un database di lavoratori con numero di partecipanti superiore ai quattrocento.
Il confronto riguarda quattro identikit professionali - low professional, professional, manager e director - misurati per retribuzione fissa annua lorda e retribuzione totale annua lorda comprensiva del bonus variabile di breve periodo. Non è stato, invece, considerato il variabile di lungo periodo «trattandosi di una prassi un po’ meno comune in altri paesi rispetto all’Italia, dove riguarda oltre il 52% delle aziende» spiega Mariagrazia Galliani, information solutions practice leader di Mercer.
Ma partiamo dal basso. Le figure alla base delle piramide organizzativa comprendono i ruoli di junior professional fino a 4 anni di esperienza dopo la laurea, oppure ruoli più operativi di lunga esperienza che a volte hanno la responsabilità di supervisori. Questa categoria della famiglia hr è pagata rispetto a una media di 39mila euro lordi annui dell’Italia:
il 46% in più in Germania
il 12% in più in Francia
il 5% in più in Inghilterra
il 54% in meno in Polonia.
Dal punto di vista del variabile, sono ben poche le aziende in Italia, Germania e Uk che lo prevedono a questo livello organizzativo, mentre in Francia e Polonia si riscontra una maggior percentuale di aziende che «arricchisce» il pacchetto anche di una componente variabile pari all’8-9% della retribuzione base annua. Se consideriamo la retribuzione minima (e non quella media),è possibile avere una fotografia delle retribuzioni d’ingresso dei neolaureati che in Italia da anni si attestano tra 26.000 e 28.000 euro.
Salendo di un gradino, la classifica dei paesi, ordinati per offerta retributiva ai professional dell’hr (nel 38% dei casi impiegati e nel 62% quadri) dal paese più generoso al meno generoso è la seguente: Germania (88mila euro), Uk e Francia (68mila euro), Italia (63mila euro) e Polonia (38mila euro).
Se invece consideriamo il peso della sola componente variabile sul pacchetto totale, la classifica cambia perché la Francia risulta essere il paese con una politica di variabile più generosa (15% della retribuzione annua lorda) seguita da Uk e Polonia (10%) e come fanalino di coda troviamo l’Italia insieme alla Germania (9% circa).
Salendo ancora un gradino della piramide, all’interno della categoria dei manager cresce notevolmente la variabilità retributiva, dovuta a diversi fattori: coesistenza di figure dirigenziali di prima e seconda linea al Ceo, manager che gestiscono staff di diverse dimensioni all’interno di aziende che spaziano da quelle piccole a quelle medio-grandi.
«Anche nella famiglia hr - sottolinea Galliani - le retribuzioni dei manager italiani sono più competitive a livello europeo a differenza di quella dei professional; i manager italiani sono praticamente al secondo posto con gli inglesi dopo la Germania in termini di fisso». Se consideriamo invece il variabile il dato medio a livello europeo è di circa 18.000 euro e le aziende italiane risultano le meno generose dopo la Polonia. Nel complesso in Italia la busta paga media è di quasi 117mila euro, contro i 140mila tedeschi e i 122mila inglesi.
Mettendo sotto la lente, infine, i direttori hr di aziende di medio-grandi dimensioni, la classifica cambia radicalmente, perché i nostri capi delle risorse umane hanno il primato in termini di pacchetti retributivi, con una busta paga annua lorda di 227mila euro, seguiti dai direttori hr inglesi (220mila euro), tedeschi (218mila euro), francesi (195mila euro) e polacchi (139mila euro).
Il dato medio del variabile degli hr director italiani e inglesi è pari a 50.000 euro (circa il 30% della retribuzione annua lorda) secondo in classifica dopo quello dei tedeschi (55.000 euro).
«Nel caso della Polonia - conclude Galliani -, tuttavia, va detto che le dimensioni delle aziende nel panel sono leggermente inferiori rispetto a quello delle aziende analizzate negli altri paesi, a cui consegue un minore complessità dei direttori polacchi rispetto a quelli europei e livelli retributivi più bassi».
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