In un mondo in cui tutti si reputano consulenti in ogni settore professionale, il termine consulenza appare ormai inflazionato e svuotato di significato. Personalmente, ritengo che nel rapporto di consulenza entrino in gioco un paio di fattori chiave. Vediamola quindi, come sempre, dal punto di vista del cliente, ovvero di colui che sancirà se la consulenza fruita è di valore. Da un lato, la consapevolezza della propria “ignoranza” rispetto al tema oggetto della consulenza: «Io, cliente, non ne so niente (o poco)». Dall’altro, il riconoscimento di una superiore competenza tecnica del consulente: «Dato che io non ne so niente (o poco), è meglio che sia tu a fare o a dirmi che cosa fare».
Benissimo: qui siamo nella parte hard, nella prestazione «dura e pura» della consulenza. Poi però si parla anche di rapporto interpersonale tra consulente e cliente, di rapporto di fiducia, di relazione: e qui ci muoviamo in un mondo soft, fatto di percezioni, emozioni, comunicazione. Qualunque attività di consulenza professionale ha quindi sempre due dimensioni: quella tecnico/specialistica e quella relazionale. Quale sarà quella più importante?
Dipende dal tipo di consulenza offerta, che a sua volta è definita da due elementi sostanziali:
1) La percezione di «valore tecnico» (bassa quando la percezione del cliente è di ricevere servizi a basso valore o, al contrario,
alta):
2) L’importanza della “relazione” cliente/consulente (bassa, ossia poco rilevante per il cliente o, al contrario, alta).
Semplificando, possiamo immaginare una matrice (con la «complessità relazionale» sull’asse verticale e la «complessità tecnica» sull’asse orizzontale) con quattro diversi tipi di consulenza.
Azzardando una metafora nel mondo medico (in senso molto lato), nel quadrante in basso a sinistra (bassa complessità tecnica e bassa complessità relazionale) troviamo il consulente Farmacista: sono quelle situazioni in cui il cliente sa già che cosa vuole (il farmaco X) e pensa – a torto o a ragione – che le farmacie siano tutte uguali e che potrà acquistare da qualunque farmacista. Chi sceglierà? Il Farmacista che fa sconti, quello più vicino a casa o quello aperto all’ora più comoda. Un mero mestiere di distribuzione, quindi. Il vostro mestiere è così o viene percepito come tale dai clienti? Il prezzo qui è determinante e, in molti settori, la disintermediazione alle porte!
Nel quadrante in alto a sinistra (bassa complessità tecnica e alta complessità relazionale) troviamo il consulente Infermiere: mi riferisco all’Infermiere d’ospedale, quello del reparto, che misura la pressione o la febbre. Dopo due giorni, hai il tuo preferito, per il modo con cui si fa carico di tutta una serie di bisogni latenti di simpatia, ascolto, attenzione e disponibilità. Questo è stato, in passato, il classico ruolo del venditore: non ne so tanto del prodotto ma sono brillante, simpatico, istrionico… Una figura ormai desueta.
Nel quadrante in basso a destra (alta complessità tecnica e bassa complessità relazionale) troviamo il consulente Chirurgo: sono consulenze che prevedono, metaforicamente, un cliente (in sala operatoria) in totale sudditanza psicologica per la conoscenza che tu, Chirurgo, hai e che io, cliente, non metto in dubbio. Ovvero quel consulente che per contenuto professionale e per immagine è riuscito davvero ad essere considerato unico, un fuoriclasse. Il cliente delega totalmente alla figura professionale. Se ci siete riusciti, chapeau! Ma se questo lo pensate solo voi e vostra madre, allora forse è meglio rifletterci ancora un po’. Tra l'altro, in mercati concorrenziali, temo siano tanti i chirurghi bravi e non sempre sia così facile cogliere differenze nelle diverse offerte e condizioni. E quindi? E quindi, forse, è meglio abbinare all’alta competenza tecnica anche altre abilità che consentano di percepire una reale differenza di valore.
Nel quadrante in alto a destra (alta complessità tecnica e alta complessità relazionale) troviamo infine il consulente Psicoterapeuta: lo Psicoterapeuta deve avere una profonda conoscenza e competenza della materia che tratta, fatta di studi, analisi, percorsi, approcci e metodologie tecniche e, al contempo, deve disporre di capacità relazionali e comunicative superiori, per gestire con eccellenza emotività, timori, speranze, problemi e bisogni del proprio cliente/assistito.
Poiché i fuoriclasse (Chirurghi) sono per definizione pochissimi, per la maggioranza dei consulenti si tratta di provare a spostarsi stabilmente su quest’ultimo quadrante, aumentando il più possibile la percezione del valore della propria proposta di consulenza: non solo studiare, innovare, lavorare sodo, ma anche imparare a gestire le relazioni interpersonali da professionisti. In sostanza, o si riesce davvero a dimostrare di essere unici, oppure sarà opportuno cominciare a pensare che la capacità di comunicare e persuadere è la condizione indispensabile per fare bene il mestiere di consulente.
* Partner Newton Spa
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