Scatta il brano anni ’70, il sipario si apre, Danny canta a Sandy “you’re the one that I want”. Fin qui nulla di strano, a Gallarate va in scena l’ennesima replica di Grease. Anche se ad imitare le evoluzioni e i duetti di John Travolta e Olivia Newton John questa volta non ci sono attori professionisti ma un ricercatore (Stefano) e il capo delle risorse umane (Ketty). Sul palco, infatti, si sviluppa una parte del corso che la Liuc di Castellanza ha strutturato per Lamberti, azienda chimica del territorio che ha scelto un percorso inconsueto per la formazione del proprio personale.
Episodio curioso ma non certo isolato, perché a giudicare dai business sviluppati dagli atenei sono sempre più numerose le aziende che fanno ricorso a queste formule, formazioni tailor-made ritagliate in modo specifico su particolari esigenze. Soddisfatte andando oltre i percorsi dei tradizionali master, costruendo progetti mirati che abbracciano l’intero spettro delle metodiche possibili: dalle sessioni d’aula tradizionali allo show-cooking, dai singoli eventi esauriti nello spazio di una giornata alle academy aziendali continuative.
«Credo che negli ultimi 5-6 anni queste formule siano raddoppiate - spiega Giovanni Tomasi, responsabile dei corporate custom programs alla Sda Bocconi di Milano - e nel nostro caso prevediamo oltre 200 diverse iniziative all’anno per almeno un centinaio di clienti. Aggiungendo anche i gruppi finanziari coinvolgiamo ogni anno 9000 persone». Percorsi che per l’ateneo milanese (sesto in Europa in questo settore nell’ultima classifica del Financial Times) spaziano dall’attività racchiusa in poche ore alla vera e propria accademia aziendale, corsi strutturati rivolti a platee varie, dai giovani talenti al top management, con un quarto dei clienti in arrivo dall’estero (da Abb alle Ferrovie indiane) e i due terzi dei corsi tenuti in inglese.
«Gli obiettivi possono essere vari - spiega Tomasi - dal team building alla formazione specifica. Il vero tema per noi è però la customizzazione, perché le sessioni sono erogate solo dopo una fase di analisi a monte, costruendo casi di studio specifici da proporre in aula esattamente su quel particolare modello di business». Tra gli esempi il percorso di otto mesi disegnato per 120 business developer internazionali di Enel Green Power, oppure l’academy strutturata per il gruppo Ferrero. Il know-how tecnico è invece l’area di caccia del Politecnico di Milano, contattato dalle aziende per corsi che possono arrivare anche a sei mesi, con finalità diverse.
«In qualche caso le richieste sono estremamente specifiche - spiega Federico Colombo, dirigente area sviluppo e rapporti con le imprese - come ad esempio l’analisi delle vibrazioni meccaniche o lo studio del comportamento della gomma in date condizioni. In altre situazioni si ragiona invece ad ampio spettro e le aziende ci coinvolgono per avere un’idea della direzione presa dalla ricerca, in modo da avere uno scenario di evoluzione per il proprio settore».
A questa offerta si aggiungono anche percorsi ad hoc diretti a persone esterne all’azienda. Un esempio è il master in ingegneria delle costruzioni sponsorizzato da Salini Impregilo, interamente gratuito per i partecipanti, laureati che ragionevolmente dopo una pre-selezione entreranno all’interno del perimetro del gruppo.
I corsi customizzati sono nelle corde anche della Liuc di Castellanza, università nata proprio sulla spinta dell’imprenditoria locale. Ogni anno sono in media 50 le aziende coinvolte e un migliaio le persone formate. Anche in questo caso con volumi in crescita. «Le imprese stanno investendo in modo evidente - spiega Monica Giani, responsabile del business development della Liuc Business School - e i filoni di sviluppo sono diversi, dando ampio spazio alla creatività per proporre alle persone anche situazioni inconsuete e proprio per questo sfidanti. Corsi in cui sfruttiamo anche il nostro laboratorio i-Fab, che simula il funzionamento di una fabbrica organizzata secondo logiche digitali e lean».
Si passa così dalle tecniche di improvvisazione teatrali, un modo per uscire dalla propria “zona di comfort” ed imparare a vincere i propri limiti, ai percorsi per BTicino o Lindt, dove alla dimensione tecnica si aggiungono anche sessioni sul senso di appartenenza, sull’imprenditorialità, sugli aspetti gestionali e relazionali. O ancora l’università della birra, che nel primo semestre 2019 avrà oltre 100 giornate d’aula e 200 partecipanti. Percorso originale, rivolto non solo ai dipendenti ma anche al mercato di riferimento, i professionisti attivi nel canale distributivo (birrerie, hotel, ristoranti) che riceveranno indicazioni non solo tecniche ma anche gestionali.
Impegnata in questo terreno è anche la Luiss-Guido Carli, con 73 programmi custom erogati nel 2018, 7500 persone coinvolte e più di 700 giornate d’aula. «Il tasso di crescita di queste iniziative è nell’ordine del 20%, spiega il rettore della Business School Paolo Boccardelli - ed è evidente il riorientamento della domanda da parte delle aziende, più inclini a chiedere percorsi ad hoc che non ad utilizzare prodotti già esistenti. Anche per questo la crescita è in un certo senso plafonata: le economie di scala sono relative e per garantire qualità serve tempo da dedicare ad ogni progetto. Un esempio è Terna, che per sviluppare la propria presenza internazionale ha manifestato il bisogno di attrezzare i propri project manager con competenze da amministratore delegato. Dall’analisi dei bisogni è nato un progetto specifico, disegnato proprio per agevolare il successo di questo piano industriale».
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