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Manager: oggi una competenza chiave è la lingua... italiana

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il lavoro che cambia

Manager: oggi una competenza chiave è la lingua... italiana

Nelle università e nelle scuole di management di tutto il mondo è molto di moda l’espressione Stem: Science, Technology, Engineering and Mathematics. Sono queste le discipline del futuro, gli ambiti di competenza su cui si devono concentrare i manager di oggi e quelli di domani. Si parla anche di pensiero computazionale: la capacità cioè di pensare come un informatico, in modo algoritmico, scomponendo problemi complessi in singole parti, più gestibili se affrontate una alla volta. In Italia l’identikit del manager perfetto è completato dalla conoscenza perfetta dell’inglese (e magari di un’ulteriore lingua straniera) e dalle cosiddette soft skills, le capacità creative, decisionali e di interazione efficace con gli altri.

A questo quadro tuttavia manca qualcosa, una competenza fondamentale che essendo stata sempre data per scontata non è mai entrata nel radar della formazione manageriale: la piena padronanza della lingua italiana. Oggi più che mai saper parlare e scrivere con una piena, disinvolta e forbita proprietà dell’italiano costituisce per chi lavora un enorme valore aggiunto. È un dato che suona paradossale se solo si pensa ai testi delle mail o alle conversazioni tipo che intercettiamo nella quotidianità: abbreviazioni, elenchi puntati, espressioni gergali, inglesismi, utilizzo di un numero sempre più limitato di parole.

Qualche anno fa un direttore del personale mi rivelò che un’analisi rigorosa svolta all’interno della sua azienda rivelava che le performance nelle vendite, nel recupero crediti e nell’assistenza ai clienti dei singoli erano correlate in modo impressionante al livello di padronanza della lingua italiana. L’abilità nel manipolare la lingua era l’indicatore più importante nel predire il successo delle persone. Questa rivelazione mi colpì molto e mi condusse ad osservare e ad approfondire il tema. Oggi posso affermare con convinzione che esistono almeno 4 motivi per cui un manager italiano, pur lavorando nel «villaggio globale», è in grado di correre con una marcia in più quando è capace di usare in modo speciale e distintivo la sua lingua madre:

1) Saper parlare bene in italiano significa riuscire ad adattare qualsiasi concetto al contesto, al destinatario, al mezzo. Questa competenza consiste nel saper variare adeguatamente struttura sintattica e registro linguistico a seconda che ci si trovi di fronte alla definizione di uno slogan pubblicitario o ad un contratto, a seconda che il mezzo sia un post su un Facebook o una lettera formale, a seconda che si tratti di una presentazione in pubblico o di un colloquio riservato. Oggi la capacità di plasmare le proprie parole in modo camaleontico è fondamentale perché chi ci legge o ci ascolta è pigro, presuntuoso e distratto da un sovraccarico di informazioni. Pretende di capire al volo, senza alcuno sforzo, ma soprattutto si distrae molto facilmente. Una mail lunga due righe più del dovuto non viene letta con attenzione perché percepita come troppo impegnativa; un concetto articolato in modo ridondante genera equivoci e incomprensioni perché il cervello del lettore/ascoltatore si disconnette ogniqualvolta percepisce complessità. Il manager che manipola la lingua è capace quindi di ottenere sempre l’attenzione vigile di chi legge e ascolta perché è capace di tagliare e cucire le frasi a seconda dei suoi obiettivi e del contesto in cui opera.

2)Saper parlare particolarmente bene in italiano significa per un manager avere un potente strumento di elaborazione creativa e di revisione critica di ciò che gli viene proposto. Questo meccanismo è ben visibile nelle dinamiche di apprendimento a scuola: i bambini che ripetono la lezione con parole proprie si stanno appropriando di un concetto, e nel contempo il loro cervello sta stabilendo nuove associazioni e conessioni, trovando nuovi significati. Il pensiero critico e quello creativo si formano in questo modo. Lo stesso accade nella testa di un manager che legge per esempio la bozza di una proposta contrattuale. Legge, elabora, ricostruisce e quando ha un vocabolario solido e articolato e una padronanza sintattica forte è in grado di scomporre e ricomporre in mille modi diversi i testi, e con i testi i concetti. In questo modo trova nuove opzioni e nuovi significati. I processi creativi nascono da questo giocare con le parole, spostarle, lavorare per associazioni, metafore. Pensiamo a quante idee ci vengono in mente quando leggiamo un articolo in italiano e quante invece quando leggiamo lo stesso articolo tradotto in un’altra lingua che conosciamo meno bene.

3) Saper parlare bene in italiano significa per un manager trovare le parole giuste per connettersi con chi gli sta intorno dal punto di vista emotivo. Gli esperti hanno dimostrato che il presupposto dell’intelligenza emotiva è la capacità di saper descrivere in modo esatto e ricco di sfumature le proprie emozioni. Il meccanismo cerebrale è semplice: se sono capace di descrivere (e quindi di riconoscere) in modo ricco ed esaustivo le mie emozioni aumentano le mie capacità di riconoscere quelle delle persone intorno a me. Per chi lavora questo significa avere un surplus di empatia. Significa di conseguenza saper motivare colleghi stanchi o depressi, significa poter gestire clienti contrariati, dire di no ai propri collaboratori in modo incisivo e al contempo rispettoso, significa commentare un errore senza giudicare.

4) Saper parlare bene in italiano significa potenziare la propria capacità di affabulare, di raccontare in modo affascinante e persuasivo. Viviamo in un tempo in cui il manager deve non solo organizzare qualcosa, ma deve forse soprattutto raccontare qualcosa. Nel mondo del management i concetti di narrazione e di storytelling hanno ormai travalicato i confini del marketing. Da questo punto di vista chi conosce profondamente l’italiano ha assorbito nella sua ricca esperienza di lettura gli schemi e i modelli del racconto ed è dunque spontaneamente, si potrebbe dire inconsapevolmente, un narratore.

* Managing Partner della società di consulenza e formazione Sparring

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