Il tema proposto, sviluppare nuovi algoritmi, non produce in effetti un immediato appeal.
Eppure, in Credem sono un centinaio le persone iscritte all’evento interno, data scientist ed esperti di Ict provenienti da diversi reparti che hanno accettato la sfida di incontrarsi e provare a disegnare dal basso nuovi strumenti e modelli di business.
Sono i primi risultati di un nuovo schema organizzativo che all’interno dell’istituto di credito prevede un manager ad hoc dedicato alla trasformazione digitale, un innovation manager appena sbarcato in banca dopo un’esperienza in Ducati.
«Dalle moto ai conti correnti in effetti il salto pare ampio - spiega il chief innovation officer Piergiorgio Grossi - eppure i target di fondo sono gli stessi: sfruttare al meglio le nuove potenzialità tecnologiche per migliorare il business innovando prodotti e processi. Il primo sforzo non è tecnologico ma organizzativo e il mio obiettivo è aiutare i team a cambiare il modo di operare».
Anche se non si può ancora parlare di scelta diffusa e pervasiva, il ruolo ricoperto da Grossi inizia a comparire in più di un organigramma, con medie e grandi aziende apripista nell’inserire in squadra figure trasversali a cui affidare la trasformazione digitale in azienda o più in generale l’innovazione a 360 gradi.
Il tema è del resto ben chiaro. Per il 55% delle imprese sondate nell’ultimo Osservatorio Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano la maggiore sfida organizzativa per un’efficace gestione dell'innovazione digitale è proprio questa, rappresentata dallo sviluppo di strutture ad hoc in grado di coordinare più funzioni. Scelta ancora non maggioritaria, perché anche tra le grandi imprese questo tema è affidato ad una direzione innovazione solo nel 36% dei casi. E quando il ruolo esiste, in otto casi su dieci è stato creato negli ultimi due anni. Come è il caso di Stevanato, produttore di packaging primario in vetro e plastica e di macchinari, che a metà 2017 ha creato la figura dell’idigital director. «Alle tipiche funzioni dell’It - spiega Nicola Gianese - stiamo aggiungendo altri compiti per arrivare alla smart factory: l’obiettivo è fornire a ciascun soggetto informazioni molto più “intelligenti” rispetto a quanto accade oggi, sfruttando i big data per estrarre valore e migliorare i processi».
Scelta in un certo senso scontata per chi parte da zero e decide di sviluppare il proprio business nel mondo digitale, come Banca Progetto, che ha posto come riporto diretto dell’amministratore delegato un responsabile specifico per il cambiamento. «L’obiettivo - spiega il chief transformation officer Angelo D’Alessandro - è sviluppare una piattaforma che consenta di creare una banca “conversazionale”, accessibile anche in termini di assistenza 24 ore su 24 da qualsiasi device e per qualsiasi esigenza». Il team digitale è già robusto e coinvolge la maggior parte dei settanta addetti dell’istituto, ma nuove assunzioni per profili tecnici sono previste a breve. «Le scelte organizzative di posizionamento del manager possono essere diverse - spiega il direttore dell’Osservatorio start-up intelligence del Politecnico di Milano Alessandra Luksch - ma si tratta comunque di una figura chiave, che spesso deve svolgere più un ruolo culturale che non tecnico, “evangelizzando” sui nuovi metodi di lavoro. Tra i suoi compiti vedo anche l’apertura a contaminazioni esterne, collaborazioni e partnership, per consentire all’azienda di sfruttare al meglio tutte le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. La digital disruption mette un po’ tutti in difficoltà ma oggi come non mai l’innovazione per l’azienda è una polizza sul proprio futuro». Capita così che anche controllate italiane di gruppi internazionali, come Alfa Laval, si dotino di figure manageriali dedicate al cambiamento. Già concretizzato ad esempio nella creazione di un’esperienza di realtà virtuale per avvicinare il cliente al prodotto, in questo caso un sistema di trattamento di liquidi. «L’obiettivo - spiega Il chief innovation officer Luca Gardonio - è coinvolgere nel cambiamento e in un processo di miglioramento continuo tutta l’azienda. Abbiamo appena terminato un concorso di idee interno e a breve porteremo al board i progetti migliori».
Evoluzione digitale al centro dell’attività anche per Pelliconi, produttore emiliano di tappi che ha deciso di accelerare nei prodotti e nei processi. Creando ad esempio una piattaforma per consentire ai clienti di interagire in modo diretto inquadrando sul proprio cellulare il Qrcode. «Le promozioni possono diventare più flessibili - spiega l’innovation manager Matteo Minardi - mentre i dati in arrivo dal consumatore finale servono all’azienda per migliorare la conoscenza del mercato». Il dipartimento innovazione in azienda è nato poco più di due anni fa come una sorta di start-up interna. Oggi occupa già nove persone
© Riproduzione riservata