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Fatturato e redditività: nella moda e nel lusso i grandi gruppi…

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Classifica pambianco

Fatturato e redditività: nella moda e nel lusso i grandi gruppi battono i piccoli

Piccolo o medio non è necessariamente brutto e grande non è necessariamente bello. Però le dimensioni, in contesti di estrema volatilità come l’attuale, aiutano. Nel giorno in cui Pitti Uomo passa il testimone alle sfilate di Milano, si può trarre questa prima conclusione dalle classifiche 2015 di fatturati e redditività dei principali gruppi italiani della moda e del lusso compilate dalla società Pambianco strategie d’impresa.

Al primo posto c’è saldamente Luxottica, che nel segmento degli occhiali di media e alta gamma è leader non solo in Italia ma nel mondo, grazie a marchi propri come Ray-Ban e alle licenze (oltre 20) di moda e lusso. Nel 2015 il fatturato ha sfiorato i 9 miliardi di euro, oltre il doppio di Gucci e Prada, che si trovano al secondo e terzo posto. Nel complesso i ricavi del campione sono cresciuti del 9,4%, passando da 36,679 miliardi del 2014 a 40,136. Oltre alle prime dieci (si veda la tabella a fianco). le aziende analizzate da Pambianco sono, in ordine di grandezza, Bottega Veneta, Safilo, Ermenegildo Zegna, Dolce&Gabbana, Tod’s, Valentino, Moncler, Geox, Versace, Golden Lady, Brunello Cucinelli, Furla, Etro, Liu Jo, Pianoforte (marchi Yamamay e Carpisa) e Aeffe, che chiude la classifica con 269 milioni.

«Per il 2016 prevediamo una crescita media inferiore, intorno ai 3-4 punti percentuali, e una redditività che potrebbe calare di 1-2 punti – spiega Carlo Pambianco, fondatore della societa di analisi –. Ma il confronto con il campione straniero dimostra la solidità delle grandi aziende italiane: nel 2015 i principali gruppi europei e americani sono cresciuti del 10,5% e anche per loro nel 2016 gli aumenti di fatturato e utili saranno più che dimezzati».

Il campione estero è guidato da Lvmh, il più grande gruppo del lusso al mondo, che ha chiuso il 2015 a 35,664 miliardi (+16,4%), seguito da Inditex, H&M, Adidas, Gap, Vf, Swatch, Pvh (marchi Calvin Klein e Tommy Hilfiger), Ralph Lauren, Hermès, Puma, Tiffany, Hugo Boss, Mango, Pandora, Guess, Yves Saint Laurent e Jimmy Choo, che chiude la classifica con 431 milioni (+6,1%).

«Mediamente, anche escludendo i colossi francesi Lvmh e Kering (che ha in portafoglio Gucci, Puma e Ysl, considerati singolarmente dalle classifiche perché la holding scorpora i dati, a differenza di quanto fa Lvmh, ndr), le aziende straniere sono più grandi. Però, in particolare negli Stati Uniti, presidiano la fascia media del mercato. Le italiane invece hanno un posizionamento molto chiaro e alto e brand altrettanto forti. Per questo non credo ci saranno consolidamenti nel nostro Paese».

Le operazioni di fusione e acquisizione, da parte di aziende o di fondi avverranno invece nel segmento delle Pmi. «Crescere è una priorità e bisogna farlo in fretta, ma ogni fatturato è relativo – spiega Pambianco –. Se fai 50 milioni devi arrivare a 100, se sei a 100 punti a 200 milioni. Molte operazioni sono nell’aria, altre ne verranno».

Un altro trend del 2016 sarà il retail. «Paradossalmente, siamo passati dalla politica delle aperture a quella delle chiusure: i network di negozi sono troppo grandi, anche per gruppi come Lvmh o marchi come Louis Vuitton. Non è solo una questione di andare a break even, il problema è che i millennials (i nati tra il 1980 e il 2000), cioè i consumatori del futuro, acquistano sempre di più online. A loro – conclude Pambianco – abbiamo dedicato uno studio che presenteremo mercoledì prossimo e che indica anche una crescente attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale».

Tornando alle classifiche e guardando alla redditività, l’ebitda del campione italiano è stato del 19,2%, in linea con il 2015. Leggermente inferiore quella degli stranieri, con un indice ebitda sui ricavi passato dal 18,1% del 2014 al 18,3%. I record spettano a Moncler (34,1%) e Pandora (40,2%).

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