Le donne del Burkina Faso raccolgono, come da tradizione, le noci di karitè da cui estraggono i semi che vengono essiccati al sole e poi venduti attraverso le cooperative. Nella cosmesi, il burro di karitè è noto per le sue proprietà idratanti e lenitive. Quello utilizzato nei prodotti Garnier proviene da un approvvigionamento sostenibile in questo Paese dell’Africa sub-sahariana che ha una delle più grandi foreste di alberi della giovinezza (da cui si raccolgo i frutti del karitè) al mondo, ma anche un terzo della popolazione che vive sotto la soglia di povertà.
Il programma di approvvigionamento di Garnier garantisce un reddito equo e diretto, senza intermediari, a queste raccoglitrici; crea valore localmente attraverso la formazione sulle pratiche di raccolta e di trattamento; proteggere l’ambiente attraverso la conservazione degli alberi di karitè con l’uso di forni che riducono la deforestazione dovuta al consumo di legna per la lavorazione delle noci.
La tripla A e gli obiettivi 2020
È solo uno dei tantissimi esempi dell’impegno in materia di etica e sostenibilità del gruppo L’Oréal (26,02 miliardi di
euro il fatturato 2017), che per il terzo anno consecutivo ha ricevuto una tripla A dal Cdp, l’organizzazione no-profit che
analizza i dati relativi all’impatto ambientale d’impresa; e dei suoi marchi tra cui Giorgio Armani, Biotherm, Lancôme, Vichy,
Kérastase e La Roche Posay. Un impegno che ha preso forma nella missione “Sharing Beauty with All” annunciata nel 2013 con
la quale il gruppo ambisce a migliorare le proprie pratiche lungo tutta la value chain, dalla ricerca alla produzione, condividendo
la propria crescita con le comunità in cui opera. Tra gli obiettivi per il 2020, la riduzione del 60% delle emissioni di Co2
negli stabilimenti e nei centri di distribuzione, del consumo idrico e della produzione di rifiuti; nuove formule che impiegano
materie prime rinnovabili reperite in maniera sostenibile, packaging più ecologici.
Settimo Torinese green
In tutto questo la filiale italiana del gruppo francese gioca un ruolo trainante visti i risultati raggiunti finora che hanno
superato le aspettative di gruppo. «Le emissioni di Co2 del nostro stabilimento di Settimo Torinese sono arrivate a zero nel
2015 - racconta Francois-Xavier Fenart, presidente e amministratore delegato di L’Oréal Italia - e l’anno scorso il consumo
di acqua è sceso del 54% rispetto al 2005, mentre nei nostri depositi la riduzione è stata del 72%. La fabbrica torinese è
diventata una cosiddetta “dry factory”, uno stabilimento, cioè, che consuma acqua solo per uso umano e nelle formule. Quella
usata nei processi produttivi è purificata e riciclata: più di 48mila metri cubi all’anno, pari a 100 piscine da 25 metri.
L’obiettivo di gruppo per il 2020 è del -60%, ma considerando il fatto che in provincia di Torino si fabbrica shampoo che
richiede un grandissimo consumo idrico, possiamo dire di aver raggiunto l’obiettivo in anticipo. Abbiamo anche ridotto del
32% la produzione di rifiuti che valorizziamo al 100%».
Non solo ambiente
Molte sono, infatti, le iniziative di responsabilità sociale sviluppate da L’Oréal in Italia, come, solo per citarne alcune,
il premio L’Oréal Italia - Per le Donne e la Scienza, giunto alla diciassettesima edizione e promosso in collaborazione con
la Commissione nazionale italiana per l’Unesco, che ogni anno sostiene la carriera scientifica di sei meritevoli ricercatrici
italiane “under 35” cui la società mette a disposizione una borsa di studio del valore di 20mila euro. Dalla sua costituzione
il premio ha assegnato 82 borse di studio a altrettante borsiste. Dal 2014 la filiale italiana sostiene la Comunità di San
Patrignano con progetti specifici di formazione professionale dei suoi ragazzi, supportandone il percorso riabilitativo.
Ancora, la collaborazione con La Forza e il Sorriso e Cosmetica Italia per i laboratori di make-up per donne in cura per malattie oncologiche. Infine, l’anno scorso sono stati donati al Banco Alimentare 100mila prodotti da dare in beneficienza che quest’anno saranno 250mila.
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