Fashion, tecnologia e comunicazione. E nuove reti di impresa capaci di ridurre i costi di produzione sino al 15%, garantendo tempestività e lotta alla contraffazione. Lo strumento che lega la moda alla tecnologia si chiama eBIZ 4.0. Il programma, sviluppato dall’Enea (come responsabile tecnico-scientifico) in collaborazione con la Confederazione europea dell’industria del tessile-abbigliamento (Euratex), è stato adottato lo scorso anno da oltre cento nuove aziende di abbigliamento, tessuti e calzature in Europa – di cui un quarto in Italia – attraverso tre diverse piattaforme digitali sviluppate dalle software house partner (ClaveI in Spagna, Schaeffer Productique in Francia e Kyklos in Italia).
Il progetto, come chiariscono i ricercatori, parte dall’analisi del punto di debolezza della filiera: «la comunicazione tra
i vari componenti», che nel caso della moda interessa sia i produttori dei filati sia i terzisti. Difficoltà di linguaggio,
tempi lunghi e procedure farraginose. «Sino a oggi venivano usati mezzi tradizionali, prima i fax, poi le mail e poi informazioni messe in sistema – spiega Piero de Sabbata del Laboratorio Cross Technologies per distretti urbani e industriali dell’Enea e responsabile
dello sviluppo tecnico di eBIZ 4.0 –. Ogni azienda a seconda del tipo di gestione aveva i suoi sistemi. Basti pensare che mediamente un brand ha 18 interfaccia e in alcuni casi arriva a 85. Questo vuol dire avere costi elevati
e problemi nello scambio dei dati». Da qui la necessità di costruire un sistema che ha l’ambizione di creare una vera e propria rete in cui, con le dovute
credenziali di accesso, i diversi componenti della catena possono interfacciarsi parlando lo stesso linguaggio. Un modo per
conoscere lo stato della produzione di chi fa parte della squadra.
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«Le aziende del fashion che hanno aderito alla sperimentazione hanno compiuto un passo in avanti verso l’impresa 4.0 – precisa de Sabbata – . Ora sono in grado di collaborare tra loro in modo più efficiente e in tempo reale». Il modo? «Grazie a un unico linguaggio digitale, riescono a ottenere una migliore qualità delle informazioni, con connessioni dati affidabili e procedure condivise, e il tempo necessario a integrare a livello digitale nuovi partner commerciali si è ridotto di oltre il 70%. Inoltre si sono abbassati i costi e i tempi di fornitura e di commercializzazione e la gestione del magazzino è risultata ottimizzata».
Tra le novità il fatto che si tratta di uno strumento open source, gratuito e flessibile in grado di attivare nuovi servizi informatici in abbinamento ad altre tecnologie come la Rfid (Radio-Frequency IDentification), che identifica via radio, senza contatto visivo, dispositivi elettronici dotati ciascuno di un numero identificativo univoco. Un esempio di applicazione? Appaiare le scarpe, controllare che ci sia stessa misura e finiscano nella stessa scatola vengano spedite. Oppure la gestione del magazzino, la tracciabilità e il sistema di contrasto alla contraffazione.
«L’utilizzo di queste etichette digitali è ancora poco diffuso nelle filiere della moda rispetto alle sue potenzialità – chiarisce Gessica Ciaccio, del Laboratorio Cross Technologies per distretti urbani e industriali dell’Enea e responsabile del progetto eBIZ 4.0 per l’Agenzia –, ma potrebbe essere di grande aiuto per migliorare la gestione del magazzino, il controllo qualità, i tempi di consegna e la stessa commercializzazione, ma anche per garantire la tracciabilità dei prodotti nella continua lotta alla contraffazione e ai canali di distribuzione non autorizzati».
Una rivoluzione che va incontro anche alle esigenze della galassia di piccole e medie imprese che orbitano nell’universo della moda ma non hanno grosse disponibilità per investimenti elevati nel digitale. Quelle che,
rimarcano all’Enea «costituiscono la spina dorsale di un settore che in Europa ha un giro d’affari di circa 500 miliardi di
euro l’anno, con oltre 170 mila aziende e 1,6 milioni di persone impiegate».
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