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Dossier Veja, filosofia di una eco-sneaker: «La scarpa più…

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    Dossier | N. 11 articoli Moda sostenibile

    Veja, filosofia di una eco-sneaker: «La scarpa più sostenibile è quella che non comprerete»

    «Il nostro obiettivo è cambiare ogni fase del processo produttivo, dalle materie prime ai negozi». Sébastien Kopp, fondatore del marchio di eco-sneakers Veja insieme all’amico di una vita François-Ghislain Morillion, ha sogni ambiziosi per la sua azienda, fondata a Parigi nel 2004. In quindici anni i due amici e soci, entrambi 39enni, hanno visto crescere il loro progetto e la loro filosofia, che ha portato Veja a essere fra i primi marchi più desiderati della fine del 2018 (dato raccolto dal motore di ricerca Lyst), a vendere dal loro lancio 3 milioni scarpe fatte di cotone biologico brasiliano e gomma estratta in Amazzonia da coltivatori diretti, scarpe vendute in 1500 negozi in 40 Paesi (in Italia si trovano da Luisaviaroma, Rinascente e Penelope) e amate anche da celebrities come Meghan Markle, la duchessa di Sussex. Veja, che significa “sguardo” in portoghese, lingua ufficiale del Brasile, nel 2018 ha registrato ricavi per 21 milioni di dollari.

    I due fondatori di Veja, Sébastien Kopp e François-Ghislain Morillion, nella foresta amazzonica

    Laureati entrambi in investment banking, Sèbastien e François hanno presto capito che quella non era la loro strada: nel 2002 danno vita a una Ong di consulenza sull’impatto ambientale, viaggiano e studiano le pratiche delle aziende. Spesso, con molta frustrazione. Così, decidono di dare il loro contributo a una moda più sostenibile, creando scarpe che lo siano davvero, anche grazie al loro design: minimal e senza tempo, perfetto per durare nel tempo e deviare dal desiderio di comprare altre paia e altre ancora. E investono anche nella sostenibilità sociale, coinvolgendo le persone in percorso di riabilitazione dell’associazione Atelier San Frontieres, che si occupano del magazzino e dellle spedizioni dall’e-shop.

    Sèbastien, nel 2019 Veja festeggia i suoi primi 15 anni. Avete fatto molta strada. Come immaginate i prossimi 15?
    La nostra sfida è puntare sempre oltre. Abbiamo creato la prima sneaker dalla produzione tracciabile, fatta con materiali ecologici come cotone biologico e gomma selvatica dall’Amazzonia, che compriamo direttamente dai produttori (a un prezzo più alto della media del mercato, ndr). Veja sta crescendo senza investitori, in modo deciso e naturale. Non abbiamo obiettivi finali: il nostro unico obiettivo è dare vita a un’azienda che possa tracciare un percorso che in molti possano seguire, se lo desiderano.

    Novità in arrivo?
    Stiamo preparando molte sorprese per il prossimo anno, ma a differenza di altre aziende non parliamo di cose che ancora non sono sul mercato.

    È possibile che per sostenere l’aumento della vostra produzione coinvolgerete anche produttori di altri Paesi, oltre a quelli di Brasile e Perù con cui già lavorate?
    Insieme a Ghislain abbiamo iniziato con nessuna esperienza nell’industria della moda. Abbiamo lanciato Veja come un’avventura, volevamo solo creare una sneaker che rispettasse il pianeta e le persone. Volevamo creare una scarpa in tessuto, e dunque ci siamo chiesti: che cos’è il tessuto? È cotone, ok, ma cos’è il cotone? Come potrebbe essere migliorato? Così ci siamo imbattuti nella produzione del cotone biologico e fair trade in Brasile. Poi abbiamo fatto lo stesso con la suola delle sneaker e siamo andati in Amazzonia per incontrare i coltivatori di gomma della foresta. Certo, Veja sta crescendo e abbiamo bisogno di nuovi produttori. L’anno scorso abbiamo comprato 24 tonnellate direttamente dalle cooperative brasiliane e 74 in Perù, tramite un’azienda che ha iniziato già nel 1986 come pionieria dell’agricoltura biologica, e che oggi lavora con 160 famiglie. Il cotone peruviano ha la certificazione GOTS, quello brasiliano la IBD. In ogni caso noi abbiamo una persona sul campo che fa da consulente ai produttori e si accerta che le certificazioni siano rispettate.

    Raccolta del cotone in Brasile

    Oltre ai materiali naturali, state cercando di usare sempre più anche innovativi materiali da riciclo.
    Nel 2015 abbiamo trovato il B-Mesh, fatto al 100% di bottiglie di plastica riciclata. Quest’anno abbiamo sviluppato una tecnologia con un nuovo materiale fatto di cotone bio e Pet. Siamo sempre alla ricerca di materiali innovativi, che potrebbero avere un migliore impatto sull’ambiente. E uno lo abbiamo trovato in Italia: si chiama C.W.L, Corn Waste Laminated.

    Di cosa si tratta?
    È un nuovo tessuto chee abbiamo testato sul mercato, con grande successo: è fatto di rifiuti della lavorazione del mais e di plastica.

    Questa vostra costante ricerca di materiali innovativi potrebbe portarvi un giorno a lanciare una sorta di hub di ricerca sul tema?
    Certo, sarebbe interessante. Ma quello che ci rende soddisfatti è intervenire su ogni fase del processo, dalla ricerca e sviluppo alla realtà. Quando ci arriva la notizia di un nuovo materiale, contattiamo la persona, la start up o l’azienda e gli diciamo: «Mandaci un metro del tuo tessuto innovativo, lo proveremo per le nostre sneakers». E poi: «Possiamo vedere il tuo progetto, fin dove sei arrivato»?. Amiamo trasformare un materiale grezzo in un bel prodotto. Forse è come scrivere una canzone e poi cantarla in pubblico.

    Raccolta della gomma nella foresta amazzonica

    Chi è il cliente tipo di Veja? Un Millennial appassionato di sostenibilità oppure l’età non conta?
    Il nostro primo cliente siamo noi stessi: non facciamo mai studi o verifiche tramite benchmark, creiamo solo quello che ci piace indossare. I nostri clienti tipo sono giovani, per lo più vivono in grandi città come Los Angeles, New York, Londra, Milano, Hong Kong, Parigi. Hanno fra i 13 e i 30 anni, sia uomini sia donne, persone che amano la moda griffata fino alla signora agée che ho incontrato ieri per strada.

    Nel vostro sito affermate chiaramente «non vogliamo investitori, vogliamo essere indipendenti per difendere l’integrità del nostro progetto». Forse, però, per rivoluzionare il mondo della moda bisogna essere molto grandi.
    Credo che la cultura della crescita sia uno dei più grandi problemi di oggi. Secondo noi però la società è cambiata: non dobbiamo essere grandi per avere un grande impatto. Preferiamo crescere al nostro personale ritmo. Con questo non voglio criticare le aziende che scelgono di essere supportate da fondi di investimento o da grandi aziende della moda. Ma noi preferiamo la libertà.

    Veja x Bleu de Paname

    Qual è allora il vostro modello di crescita alternativo?
    Diciamo che non vogliamo creare un albero che cresce velocemente e molto in alto. Preferiamo creare radici profonde, per cui ci vuole tempo. Dal 2005 Veja cresce in modo organico, passo dopo passo, senza investitori. Certo, occorre tempo per controllare ogni materia prima e i nostri processi di produzione, ma non abbiamo dubbi che sia questo il modo migliore per creare un impatto positivo. Oggi Veja può contare su oltre 100 persone di talento, a Parigi e in Brasile. Abbiamo comprato oltre 265 tonnellate di cotone bio e abbiamo venduto milioni di paia, soprattutto negli Stati Uniti, il nostro primo mercato, seguito da Gran Bretagna, Cina e Francia.

    Un’altra scelta controcorrente è quella di non investire in pubblicità: è una scelta che rende più facile o più difficile raggiungere i vostri clienti?
    Secondo noi la pubblicità è uno dei problemi principali del capitalismo. Modifica tutto, anche la realtà. Una sneaker in questo senso è uno dei prodotti più interessanti, perché in essa si concentra la quantità maggiore di investimenti pubblicitari per i brand. La finzione ha superato la realtà. Quando compri un paio di sneakers di un grande marchio, il 70% del suo prezzo va in pubblicità e comunicazione, il 30% in materiali e produzione. Da noi accade il contrario: l’obiettivo di Veja è investire più in realtà che in finzione. Tagliando i costi di comunicazione e pubblicità li investiamo nelle materie prime, nella produzione, nei salari di agricoltori e impiegati. Le nostre sneakers potrebbero costare in negozio da 5 a 7 volte più di quelle dei nostri concorrenti, ma siccome non facciamo pubblicità, hanno lo stesso prezzo di quelle dei grandi marchi (il paio più costoso ha un prezzo di 185 euro, ndr).

    Meghan Markle con un paio di Veja

    Dunque seguite modi alternativi anche per comunicare.
    Crediamo molto nel potere del passaparola e dell’intelligenza collettiva che passa da essa. Molte celebs indossano Veja, ma se le comprano da soli. Collaboriamo anche con marchi molto interessanti (come Lemaire e Bleu de Paname, ndr) e organizziamo eventi ovunque. La nostra policy “zero adv” non ci ha mai impedito di farci conoscere.

    Credete che l’industria globale della moda stia facendo abbastanza per la diventare sostenibile?
    E tu che ne pensi (dice ridendo)? Ma non diamo lezioni a nessuno, prima di tutto vogliamo migliorare noi stessi.

    Sostenibilità è più innovare o preservare?

    Entrambi. Abbiamo lanciato Veja con una sneaker molto basic di tela. Lavoriamo con coltivatori di gomma che vivono e usano antiche tecniche nella foresta amazzonica. È una specie di danza: usare la tecnologia e preservare le tradizioni. E c’è molto ancora da fare.

    Quali sono i vostri consigli per essere più “Earth-friendly” anche con la moda?
    Dobbiamo smettere di comprare sempre cose nuove, soprattutto abiti e sneakers. Più invecchio e meno cose ho nel mio guardaroba. Mi sembra un segno di saggezza, di liberazione. Ho ovviamente molte Veja. Ma sono tutte del primo prototipo.

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