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Chiude l'ambasciata a Tripoli

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L’ANTICIPAZIONE DEL SOLE

Chiude l'ambasciata a Tripoli

Anche l'Italia si accinge a seguire in tempi ravvicinati l'esempio degli altri Paesi occidentali e far rientrare a Roma il nostro ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Buccino, unico rappresentante diplomatico europeo ancora presente in Libia.

Una decisione in tal senso sarebbe stata già stata presa dal premier Matteo Renzi lunedì scorso per l'aggravarsi delle condizioni di sicurezza dopo l'attacco delle milizie islamiste all'Hotel Corynthia.

Ma gli ultimi episodi e l'escalation dello scontro in atto hanno di fatto ritardato l'operazione di chiusura della nostra ambasciata per non dare un'impressione di cedevolezza o perfino di resa di fronte alle minacce dell'Isis che si sono fatte sempre più gravi e insistenti. Ogggi è arrivata la conferma della Farnesina.

Ieri, il premier Renzi ha avuto contatti con tutti i ministri direttamente coinvolti nella crisi libica (Esteri, Difesa ed Interni) e con i responsabili dell'intelligence.

Conference call criptate con il nostro ambasciatore a Tripoli si sono susseguite per tutta la giornata mentre sull'altra sponda dell'Atlantico a New York la nostra rappresentanza all'Onu prendeva contatti con il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon per accelerare il più possibile i tempi di una presa di posizione della comunità internazionale sul caso Libia.
Nel frattempo l'Isis puntava il dito contro «l'Italia crociata» e il suo ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, dopo che il responsabile della Farnesina aveva definito inaccettabile l'avanzata delle milizie jihadiste a Sirte e aveva annunciato che l'Italia «è pronta a combattere nel quadro della legalità internazionale».

Secondo un messaggio diffuso dalla radio dei jihadisti al Bayan da Beirut «il ministro degli Esteri dell'Italia crociata Paolo Gentiloni ha dichiarato che l'Italia è pronta ad appoggiare un'alleanza di nazioni blasfeme per combattere lo Stato islamico».

In un'intervista televisiva il premier Renzi ha sintetizzato così la posizione italiana: «Abbiamo detto all'Europa e alla comunità internazionale che dobbiamo farla finita di dormire, che in Libia sta accadendo qualcosa di molto grave e che non è giusto lasciare a noi tutti i problemi visto che siamo quelli più vicini».

Secondo il primo ministro Matteo Renzi «ci vuole una missione più forte dell'Onu e l'Italia è pronta, all'interno della missione Onu, a fare la sua parte per difendere un'idea di libertà e di diritti soprattutto nell'area del Mediterraneo».

Anche il responsabile degli Esteri, Paolo Gentiloni ha chiarito come non si possa accettare l'idea che «una minaccia terroristica concreta esista a poche ore dall'Italia».
Gentiloni ha sottolineato come la situazione si stia «deteriorando» e l'Italia «ha la responsabilità di essere il Paese che sollecita questa priorità davanti alla comunità internazionale».

Anche per il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, la Libia deve essere una priorità assoluta della comunità non italiana ma internazionale: «O si spegne quell'incendio o le fiamme possono divampare superando i confini libici in maniera pericolosissima».
Ma per il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pierferdinando Casini «non esiste l'ipotesi di un intervento militare italiano in Libia. Esiste, invece, la necessità che le Nazioni Unite si assumano la responsabilità di convocare al più presto il Consiglio di sicurezza e non si limiti al rituale invio di un suo emissario».

E per l'ex ministro degli Esteri, Franco Frattini, c'è il rischio che la Libia diventi come la Somalia negli anni '90. «Abbiamo abbandonato la Libia al suo destino dopo la caduta del regime – ha osservato Frattini - disimpegno europeo e americano, invece che invio di addestratori, supporto logistico, esperti per aiutare e formare “ex novo” un esercito statale».

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