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L’Italia è pronta alla guerra di Libia?

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LE INCOGNITE MILITARI

L’Italia è pronta alla guerra di Libia?

Sarà l'Italia a guidare la Coalizione che muoverà guerra allo Stato Islamico sul fronte libico? Il termine “guerra, inusuale per la politica italiana che non lo utilizza dal 1945 preferendogli la definizione “missioni di pace”, è stato evocato dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. L'Italia “è pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale. Non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall'Italia ci sia una minaccia terroristica attiva” aveva detto venerdì il ministro.

Una sfida che lo Stato Islamico ha raccolto e rilanciato con la propaganda e con le armi. Prima la radio dello Stato Islamico ha definito Paolo Gentiloni “ministro degli Esteri dell'Italia crociata” poi un gruppo di scafisti armati di kalashnikov ha imposto all'equipaggio di una motovedetta italiana di consentire loro di andarsene con il barcone una volta trasferiti gli immigrati clandestini a bordo sull'imbarcazione italiana. A tutti gli effetti un atto di aggressione a cui non risulta le nostre forze armate italiane abbiano risposto come ha fatto invece l'Egitto inviando la notte scorsa i cacciabombardieri a colpire postazioni dell'IS dopo la decapitazione di 21 egiziani copti.

Affermare che l'Italia è pronta a combattere ha un senso se si sono già autorizzate iniziative militari ma rischia di diventare un autogol se a queste parole fanno seguito la rassegnata accettazione che le nostre motovedette possano essere minacciate (e domani forse aggredite) da terroristi e miliziani e se l'unica operazione effettuata in Libia dagli italiani è l'evacuazione dell'ambasciata e degli ultimi connazionali. Una fuga, una ritirata che fornirà all'attenta propaganda dello Stato Islamico materiale utile a denigrare l'Italia.

Del resto sull'ipotesi di un intervento militare italiano c'è molta confusione. Lo ha escluso ieri il presidente della Commissione esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini che ha sottolineato “la necessità che l'Onu si assuma la responsabilità di convocare al
più presto il Consiglio di sicurezza”. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti si è invece spinta già a quantificare il contingente da schierare in Libia in 5 mila militari.
Quella libica diverrebbe così la più importante missione nazionale all'estero con un costo, considerati mezzi, velivoli e navi, superiore al mezzo miliardo di euro.
Dubbi circa la tenuta dell'Italia in un conflitto sono più che giustificati. Non riusciamo a fermare i flussi di immigrazione illecita e siamo pronti a fare la guerra in Libia? Siamo l'unico Paese della Coalizione che non autorizza i suoi aerei a bombardare i jihadisti a Mosul ma siamo pronti a bombardarli a Sirte?

Sbarcare in Libia con 5 mila soldati per combattere lo Stato Islamico non ha senso se non sono chiare le alleanze sul terreno. I due schieramenti politico –militari che si contendono il Paese e devono entrambi fare i conti con lo Stato Islamico, sono divisi al loro interno ma concordano nel non volere stranieri sul suolo libico.
Il governo laico di Tobruk guidato da Abullah al Thani è ai ferri corti col generale Khalifa Haftar che guida gran parte dell'esercito e la campagna contro gli islamisti.
I miliziani islamici (Fratelli Musulmani, Salafiti, milizie di Misurata) del “Fronte Alba della Libia” controllano molte aree della Tripolitania ma pare stiano perdendo alcune milizie attratte dal modello dello Stato Islamico. Come è accaduto in Libia l'IS utilizza armi e denaro per comprare l'adesione di milizie tribali o appartenenti ad altre organizzazioni. In Libia gli uomini del Califfato hanno incassato e incassano miliardi gestendo i traffici di immigrati verso l'Italia, denaro che possono investire nella guerra per conquistare Sirte e puntare ora su Misurata.

Prima di sbarcare truppe sulla nostra “quarta sponda” meglio chiarire che sarà una missione di guerra non certo di peacekeeping e che la presenza di nostre truppe sul terreno attirerà terroristi islamici da tutto il Nordafrica e Sahel. Tutta da definire anche la composizione dell'ipotetica coalizione che dovrà affrontare l'IS in Libia. Egitto e Algeria non sembrano interessati a inviare truppe in territorio libico mentre Francois Hollande ha escluso in gennaio un intervento ventilato invece a Capodanno dal ministro della Difesa, Jean Yves Le Drian.

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