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Alfano: crisi libica una priorità. Obama: leader islamici…

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il summit di washington sull’estremismo

Alfano: crisi libica una priorità. Obama: leader islamici facciano di più

WASHINGTON - La Libia deve essere «una priorità» della comunità internazionale. Deve esserci una «percezione globale» che Tripoli «è una miccia accesa», una «sfida» per tutti e non solo per l'Italia, che pure si è candidata, in sede di Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ad un ruolo di primo piano nel guidare una missione di monitoraggio di cessate il fuoco e di peacekeeping, di ricostruzione e di addestramento di forze di sicurezza. Una percezione che ha detto di riscontrare, perchè «la crisi è in testa all'agenda».

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano è giunto al Summit internazionale della Casa Bianca contro l'estremismo, che si conclude oggi, per sottolineare che «il mondo deve mostrarsi unito contro il terrore». E per indicare che «il lavoro deve essere orientato anche a deradicalizzare chi rischia di radicalizzarsi». Un summit con il quale il presidente americano Barack Obama, che interverrà nella mattinata americana, cerca di rafforzare una campagna globale contro il terrorismo, chiedendo anche ai leader islamici un maggior impegno a demistificare e denunciare gruppi quali lo Stato Islamico. «Tutti devono alzare la voce molto chiaramente - ha detto poche ora prima del suo discorso - i leader musulmani devono fare di più che semplicemente screditare la nozione che i nostri paesi intendono ridere dell'Islam».

La presa di posizione di Obama, la più esplicita sul dovere dell'Islam a ogni livello di isolare i terroristi, è scattata dopo l'intensificarsi delle critiche sull'inadeguatezza del summit e la debolezza del suo appello al mondo musulmano nel fronteggiare l'attuale emergenza. Il presidente ha tuttavia chiarito che «non siamo in guerra con l'Islam, siamo in guerra con gente che ha pervertito l'Islam».

Alfano, parlando della minaccia creata dalla spirale della crisi libica, ha affermato che l'Italia si muoverà «nel quadro delle Nazioni Unite» ma che la «rapidità dell'evoluzione della situazione libica richiede altrettanta velocità» nella risposta internazionale. Per questo «solleciteremo l'Onu» e siamo «pronti a fare la nostra parte». Ha però precisato che «finora non abbiamo trovato alcuna traccia di un nesso tra immigrazione e terrorismo». I controlli, comunque, sono «notevoli».

Sul fronte domestico il ministro ha aggiunto di aver discusso di condivisione di informazioni e di contrasto al fenomeno dei foreign fighters, a chi si reca a combattere nelle zone di conflitto. E ha rivendicato la necessità di partnership pubblico-privato, che si sono già concretizzate in colloqui con società leader del web per costruire «una contro-retorica» alla radicalizzazione. Ha inoltre annunciato la convocazione per il 23 febbraio di un incontro con le principali associazioni islamiche presenti in Italia, con l'obiettivo di rilanciare un dialogo che aiuti a «prevenire eventi tragici».

Il summit, tre giorni che terminano con la giornata odierna dedicata a incontri tra 60 rappresentati di organismi e governi internazionali, vede la presenza di Barack Obama e del Segretario di Stato John Kerry, che lo ospita allo State Department. Tra gli intervenuti anche quello del Segretario alla Homeland Security Jeh Johnson e il consigliere per la sicurezza interna Lisa Monaco. Il focus è stato però a tutto campo e soprattutto dedicato alle azioni politiche di lungo termine e domestiche per isolare l'estremismo. «Sappiamo per esperienza che il miglior modo per proteggere la gente, soprattutto i giovani, e impedire che cadano nelle grinfie di estremisti violenti è il sostegno delle famiglie, degli amici, degli insegnanti e leader religiosi», ha scritto Obama alla vigilia in un articolo pubblicato sul Los Angeles Times. Ancora: «Gruppi come Al Qaeda e Stato Islamico sfruttano la rabbia che cresce quando ingiustizia e corruzione li lasciano senza possibilità di migliorare la loro vita. Il mondo deve offrire ai giovani qualcosa di meglio».

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