Nessuno lo nasconde. L’obiettivo illustre dei jihadisti libici sono i giacimenti di petrolio e il personale straniero che vi opera. Davanti a una situazione che sta precipitando con il passare dei giorni, la major energetica italiana Eni, principale e storico operatore straniero in Libia, ha deciso di spostare gli espatriati sugli impianti offshore, dunque in mare.
Già martedì Il Sole 24 Ore aveva pubblicato la posizione della compagnia italiana. «La presenza di espatriati Eni in Libia è ridotta e limitata ad alcuni siti operativi offshore, garantendo in collaborazione con le risorse locali lo svolgimento regolare delle attività produttive nell’ambito dei massimi standard di sicurezza. Eni continua a monitorare con estrema attenzione l’evolversi della situazione».
Il rischio di attacchi alle installazioni petrolifere c’è. L’ultimo attentato contro il settore energetico è stato portato a termine sabato scorso, quando una bomba è stata fatta esplodere contro l’importante oleodotto che collega i giacimenti di Mesla e di el-Sarir (uno dei più grandi del Paese) al terminale di Hariga, vicino a Tobruk, in Cirenaica. Non è il primo incidente di questo tipo. Il 4 febbraio un commando armato di Ansar al Sharia legato all’Isis aveva sferrato un attacco contro il giacimento di Mabrook, a sud di Sirte, gestito dalla francese Total insieme alla Noc (la compagnia petrolifera di stato della Libia). Entrati nel sito, i jihadisti avrebbero ucciso 13 persone, tra cui tre lavoratori filippini e due ghanesi, decapitandone diversi. Con l’attacco all’oleodotto di Hariga la produzione libica è così precipitata sabato a circa 200mila barili al giorno, un ottavo rispetto ai livelli produttivi precedenti lo scoppio della rivolta, nel febbraio del 2011 (1,6 milioni di barili al giorno).
Fortunatamente la maggior parte delle installazioni e dei giacimenti in cui opera l’Eni, insieme alla Noc, si trova nelle regioni occidentali, meno turbolente e per ora meno esposte agli attacchi degli jihadisti, e nelle piattaforme offshore, in mare. Tanto che la produzione si troverebbe – almeno per ora- vicino al suo massimo potenziale. Le attività di Eni in Libia sono concentrate prevalentemente nell’area occidentale nei giacimenti offshore di Bahr Essalam (che attraverso la piattaforma di Sabratha fornisce gas al centro di trattamento di Mellitah, che lo convoglia poi al gasdotto Greenstream per l’esportazione verso l’Italia) e Bouri (petrolio), e nei giacimenti onshore di Wafa (gas e petrolio) ed Elephant (petrolio). Il giacimento petrolifero di Abu Attifel, in Cirenaica, la regione più instabile, è invece chiuso da un anno e mezzo.
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