Mondo

Spy story in Israele: Netanyahu «smentito» dai suoi 007 sul…

  • Abbonati
  • Accedi
fuga di notizie in israele

Spy story in Israele: Netanyahu «smentito» dai suoi 007 sul nucleare in Iran

Utile premessa: in Israele si vota il 17 marzo, il Likud, partito di destra dell’attuale premier Bibi Netanyahu, che cerca una riconferma, è leggermente avanti nei sondaggi in queste elezioni anticipate. Netanyahu ha giocato un ruolo da protagonista sulla scena internazionale nell’ultima parte del suo mandato: ha voluto l’ operazione militare per smantellare i tunnel di Hamas, organizzazione islamista che non ha mai smesso di lanciare razzi contro Israele: l’operazione denominata Protective Edge nel luglio-agosto 2014 è costata la vita a circa 1.400 civili palestinesi nella striscia di Gaza.

L’11 gennaio scorso il premier israeliano ha voluto essere presente alla marcia di Parigi contro il terrorismo islamista oggi incarnato da Califfato e sigle locali di al Qaeda, dopo la strage nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato kosher pieno di clienti ebrei, uno degli obiettivi del commando jihadista formato dai fratelli Kouachi e Ahmed Coulibaly. Dalla sinagoga di Parigi Netanyahu ha detto che Israele è pronta ad accogliere gli ebrei minacciati in Europa dalla nuova ondata del terrorismo islamista. Ha ripetuto il concetto dopo l’attentato in Danimarca anche se in quel caso è stato un autorevole rabbino di Copenhagen a rispondere: no, grazie gli ebrei danesi restano qui. Ha fatto tutto ciò con una Casa Bianca a dir poco fredda verso il primo ministro di un Paese suo storico alleato e diversi parlamenti europei - Svezia, Spagna, Gran Bretagna - che hanno votato mozioni, risoluzioni, documenti per riconoscere lo stato di Palestina (anche il parlamento italiano si è mosso ma non è arrivato ad alcun voto). Il 3 marzo Netanyahu terrà un discorso davanti al Congresso americano ora a maggioranza repubblicana.

Nel frattempo Netanyahu ha dovuto affrontare noie domestiche: la stampa ha accusato sua moglie Sara e dunque lui d’aver sottratto denaro pubblico - una somma risibile se si pensa a quello che succede altrove, 4.000 shekel, circa 885 euro - facendo la cresta sui vuoti a rendere delle bottiglie acquistate per ragioni di rappresentanza dall'ufficio del primo ministro israeliano. La somma doveva andare all'Erario, il premier ha difeso lui e sua moglie con un lungo post su Facebook. Un piccolo giornale gratuito Yisrael Hayom, al premier molto vicino, ha parlato di «campagna di calunnie».

In questo contesto, oggi è scoppiata una bomba mediatica dai contorni della spy story: il quotidiano britannico Guardian, orientamento di sinistra, il primo che rivelò il Datagate, la massa di dati sottratti all’agenzia di sorveglianza federale americana Nsa da Edward Snowden, informatico-spia americano ora protetto dal Cremlino, ha rivelato altri documenti: lo scoop va sotto il nome di Spycables e arriva a pochi giorni dal controverso - anche perché irrutuale - discorso che lo stesso Netanyahu terrà davanti al Congresso americano il 3 marzo.

Cos’è Spycables
Il Mossad non era d’accordo con Benyamin Netanyahu sul pericolo della bomba atomica iraniana: incombente per il premier israeliano, irrealistico - o almeno remoto - per il suo servizio segreto. È lo scenario che emerge da uno dei documenti d'intelligence filtrati oggi su Al Jazeera e sul Guardian, in quella che viene presentata come la più clamorosa fuga di notizie top secret dopo il caso Snowden, sullo sfondo del braccio di ferro che proprio il dossier Iran ha innescato fra lo stesso Netanyahu e la Casa Bianca.

Il nucleare iraniano
Questa volta si tratta di documenti saltati fuori dagli archivi dei servizi d'informazione del Sudafrica: con vicende e carteggi che coinvolgono direttamente rapporti d'intelligence degli 007 d'Israele, Stati Uniti e Gran Bretagna. Fra i file dello scandalo ribattezzato “Spycables”, spiccano le rivelazioni sul programma nucleare di Teheran e rendono esplicita la divaricazione - peraltro non inedita - fra la destra di governo israeliana e il Mossad: non solo nella percezione della “minaccia”, ma anche nelle valutazioni di fronte agli interlocutori internazionali.

Il discorso di Netanyahu a Whashington
Netanyahu si prepara alla sua controversa missione al Congresso Usa (concordata per gli inizi di marzo con la sponda dei repubblicani e a dispetto dell'amministrazione Obama) per cercare di bloccare il preannunciato accordo fra le potenze dei “5+1” e l'Iran: la rivelazione rischia di azzoppare seriamente il premier agli occhi del mondo.

Secondo i documenti saltati fuori oggi, si scopre che a fine 2012 il Mossad si premurò di far sapere che Teheran non stava in effetti «svolgendo l'attività necessaria per la produzione di armi» atomiche, ma lavorava solo per avvicinarsi a obiettivi «apparentemente legittimi», come l'arricchimento di uranio per i reattori. Valutazioni vecchie di un paio d'anni e tuttavia imbarazzanti per la leadership politica israeliana, tenuto conto che in quelle stesse settimane Netanyahu - dalla tribuna dell'Onu - sosteneva platealmente il contrario: mostrando allarmato il grafico di una bomba stilizzata che raffigurava l'Iran degli ayatollah a un passo (un anno) dalla realizzazione dell'ipotetica arma atomica.

Guardian e al Jazeera affermano di disporre di numerosi documenti confidenziali dei servizi sudafricani, pervenuti in forma digitale. Si tratta di informazioni raccolte per anni nel corso di incontri non solo con emissari del Mossad, ma anche con altri servizi segreti, fra cui quelli statunitensi e britannici. Per dimensioni, stima il giornale israeliano Haaretz, non si è troppo lontani dalla gigantesca fuga di notizie orchestrata dall'ex analista Snowden all'origine dello scandalo Datagate. O ancora da quello del dossier di Wikileaks, promosso da Julian Assange.

Fra le carte, ve ne sono anche alcune che riguardano la Corea del Nord, i presunti rapporti di sudditanza dei servizi sudafricani rispetto all'intelligence Usa o all'MI6 britannico. Non mancano rivelazioni sui tentativi della Cia di stabilire contatti con Hamas nonostante la fazione islamista al potere nella Striscia di Gaza fosse formalmente bandita come “organizzazione terroristica” dal governo di Washington. Sulla questione Mossad-Netanyahu va d'altronde ricordato come l'ex capo degli 007 israeliani, il leggendario Meir Dagan, “dimissionato” nel 2011, avesse in realtà già esposto in pubblico le proprie divergenze con il premier sulla gravità della minaccia iraniana. Minaccia ridimensionata esplicitamente anche da un altro ex capo del Mossad, Efraim Halevy.

I dubbi della stampa israeliana
In queste ore i giornali israeliani sollevano dubbi sulla ricostruzione del Guardian. Se il Times of Israel scrive che i documenti forniti dal Guardian non contraddicono il premier, Haaretz di orientamento opposto a Netanyahu sostiene con un tweet che il Mossad non smentisce affatto Netanyahu.

I dubbi online
Nei siti web israeliani viene intanto discussa la possibilità che dietro le rivelazioni del Guardian e di al-Jazeera possa esserci questa volta in qualche modo proprio la diplomazia dell'alleato statunitense, molto infastidita dall'intenzione di Netanyahu di rivolgersi al Congresso in aperta sfida al presidente Obama e al galateo diplomatico.

La telefonata di Obama a Abu Mazen
Anche Obama compare in questi documenti: il presidente «intimò» in una telefonata ad Abu Mazen di ritirare la richiesta all'Onu riconoscere alla Palestina lo status di «osservatore». Secondo un rapporto dell'intelligence sudafricano, che cita a sua volta fonti dei servizi palestinesi, la telefonata di Obama risale al novembre del 2012. L'opposizione Usa alla mossa diplomatica del presidente palestinese era peraltro già pubblicamente nota ma, malgrado i toni ultimativi, non sortì alcun effetto visto che la richiesta fu portata avanti e l'assemblea generale garantì alla fine il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro: lo stesso status della Svizzera e del Vaticano.

© Riproduzione riservata