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IL PIANO DI DUBLINO

Stop alla diaspora: l’Irlanda in pieno boom fa rientrare gli immigrati

L’emigrazione di massa è stata una costante della storia irlandese, dalla Grande carestia di metà Ottocento alla prima metà del Novecento, per poi tornare con prepotenza in seguito alla recente crisi europea. Ora però il Governo ha deciso di dire stop alla diaspora e, forte di una ripresa che ha fatto di Dublino l’allievo modello tra i Paesi “salvati” dell’Eurozona, ha lanciato un vero e proprio piano strategico nazionale.

Si chiama Global Irish ed è un mix di misure di sostegno agli irlandesi che emigrano o sono emigrati all’estero, compresi siti di informazione, e consigli (ed eventuali incentivi) per chi volesse tornare. Si tratta di una cifra ragguardevole. Negli ultimi cinque anni circa 165mila irlandesi tra i 15 e i 24 anni hanno lasciato il Paese, riportando in negativo un saldo che solo durante il boom economico - tra gli Anni 90 e la prima metà del XXI secolo – aveva invertito il segno. Jenny Deenihan, nominato l’anno scorso primo ministro per la Diaspora, ha dichiarato martedì che si stima che vivano all’estero circa un milione di persone con passaporto irlandese: più di un quinto della popolazione (4,6 milioni).

«L’emigrazione – ha detto il premier Enda Kenny - ha un impatto devastante sulla nostra economia perché ci fa perdere talenti ed energie. Abbiamo bisogno che queste persone tornino a casa». Il primo ministro ha aggiunto di attendersi che nel 2016, per la prima volta dopo sette anni di saldo negativo, gli irlandesi che rientreranno in patria saranno di più di quelli che se ne andranno. Affinché la previsione si realizzi, però, il governo sta valutando iniziative che incoraggino i rientri: tra queste, oltre a un’informazione capillare sulle opportunità in patria, la possibilità di offrire incentivi fiscali agli “expat” che tornano in Irlanda.

Fondamentale sarà però la ripresa del mercato del lavoro. La disoccupazione, che pure è calata dai picchi del 15% toccati negli anni più bui, è ancora sopra il 10%. Bisognerà dunque vedere se ci saranno abbastanza posti di lavoro per attrarre chi se ne è andato; e non basteranno posti qualsiasi: i due terzi degli emigranti dell’ultima ondata hanno infatti la laurea, o titoli equivalenti, in settori molto richiesti all’estero come Ict o sanità.

Nel frattempo Dublino si preoccupa anche di chi all’estero deve restare: i progetti di Welfare per le fasce più deboli continueranno a essere prioritari nel Programma governativo di sostegno all’emigrante, che negli ultimi dieci anni ha stanziato 126 milioni a supporto di 470 organizzazioni in trenta Paesi. Nel 2015 saranno resi disponibili 11,6 milioni.

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