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Israele al voto, seggi in chiusura: affluenza ai massimi da 16 anni

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exit poll alle 21

Israele al voto, seggi in chiusura: affluenza ai massimi da 16 anni

È tornata a salire l’affluenza alle urne in Israele a due ore dalla fine delle operazioni di voto: secondo il Comitato centrale elettorale alle 20 (ora locale) ha votato il 65.7%, la percentuale più alta dalle elezioni del 1999.

I primi exit poll saranno diffusi alle 21 ora italiana, i risultati ufficiali saranno comunicati fra una settimana ma è probabile che già stanotte si avrà una idea dei vincitori. Le elezioni anticipate sono state volute dall’attuale premier e leader del Likud, Benjamin Netanyahu, che in sostanza ha chiesto un referendum sul suo operato e questo avrà in termini strettamente elettorali; altra invece è la portata del voto sui futuri assetti nazionali e della regione. Dichiarazioni, accuse, istantanee di una giornata importante per Israele tutto il Medio Oriente anche perché contemporaneamente, entra nella fase cruciale il negoziato sul programma nucleare iraniano. I colloqui del “5+1” continuano fra Bruxelles e Losanna, dove anche stamani il segretario di Stato americano John Kerry ha incontrato il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif.

Nervosismo a urne aperte
In queste ore di urne aperte Netanyahu accusa i rivali di portare arabi a votare in bus. Il suo avversario, Isaac Herzog, il leader dei laburisti che insieme a Tzipi Livni guida il blocco dell'opposizione di centro-sinistra, dice di essere l'uomo del cambiamento e votare Netanyahu vuol dire «proseguire nella strada dell’insuccesso» e attacca queste dichiarazioni di Netanyahu per la frase razzista sul governo di destra in pericolo a causa dell'alta affluenza degli elettori arabi, sottolineando che «il suo panico è imbarazzante». «Coloro che vogliono un primo ministro che ha a cuore i suoi cittadini e non incita o divide deve farsi avanti e andare a votare».

Sempre a urne aperte Netanyahu, con breve preavviso, convoca una conferenza stampa con alcuni giornalisti. Ma il garante delle elezioni, il giudice Salim Jubran, impedisce per ora la trasmissione alla radio e alla tv. Lo dicono Radio Gerusalemme e altri media. L'intervento del garante è stato chiesto dal partito centrista «C'è un futuro» di Yair Lapid.

Intanto il partito ultra-ortodosso sefardita Shas lancia appelli come «Coloro che votano per Shas andranno direttamente in paradiso». La Commissione Centrale Elettorale richiama alla laicità e ordina alla formazione sefardita di smettere di distribuire i volantini ma ha ricevuto un no. «Preghiere, mezuzot e talismani sono una parte inseparabile della tradizione della maggioranza dei cittadini. Siamo orgogliosi della nostra tradizione» fa sapere il partito ultra-ortodosso.

Affluenza in generale
Alle 12 ora locale, l’affluenza per rinnovare la Knesset (il parlamento israeliano), era buona: aveva votato il 26,5% degli aventi diritto, in linea con il dato del 2013 quando alla stessa ora la percentuale dei votanti era stata del 26,7%. Particolarmente alta l'affluenza nelle prime tre ore pari al 13,7%, il dato più alto dalle elezioni del 1999 (nel 2013 il dato era stato dell'11,4%). I seggi si sono aperti alle 7 del mattino (le 6 in Italia) in più di 10mila località del Paese. Alle 16 del pomeriggio, ora locale, aveva votato il 45,4% dei 5.8 milioni di israeliani chiamati oggi alle urne. Il dato è simile a quello del 2013 - pari al 46,6% - ma allora la percentuale era relativa ad un campione più piccolo di seggi.

L’affluenza che può pesare
L'elettorato arabo-israeliano ha risposto in forze all'appello di andare a votare: e' il messaggio che emerge dalle elezioni in corso in Israele, dove per la prima volta i quattro partiti arabi si presentano uniti con la Joint List. Funzionari del blocco arabo, citati dal New York Times, hanno riferito che l'affluenza nelle comunita' arabe era del 10% gia' alle 10 del mattino, poche ore dopo l'apertura dei seggi, ben al di sopra del 3% registrato alla stessa ora in occasione delle elezioni nel 2013. Negli ultimi sondaggi prima del voto, la Joint List era accreditata per 13 seggi, un risultato che la accrediterebbe come terza forza politica del Paese. Dal blocco arabo sono riluttanti a esprimere eccessivo ottimismo, riferisce Haaretz, nonostante arrivino notizie di lungo file fuori dai seggi nei villaggi arabi

Quasi sei milioni di elettori - tutti gli israeliani - sono chiamati a scegliere i 120 membri del Parlamento monocamerale israeliano. I seggi si chiuderanno alle 22 ora locale (le 21 in Italia) quando saranno immediatamente diffusi gli exit poll. I risultati definitivi non saranno ufficializzati prima del 25 marzo dal presidente Reuven Rivlin, anche se le consultazioni per la formazione del governo inizieranno prima.

Le formazioni
Chiamato al voto 22 mesi dopo la precedente consultazione, Israele decide se, dopo sei anni, l'era di Netanyahu debba finire. A guidare la sfida al premier uscente del Likud è il blocco dell'opposizione di centro-sinistra Unione Sionista, che punta sull'inedito duo Isaac Herzog-Tzipi Livni, dato stabilmente dai sondaggi a 24-26 seggi, davanti al partito conservatore, fermo a 20-22.

Un divario che ha portato negli ultimi giorni Netanyahu a lanciare accorati appelli all'unità della destra, mandando messaggi sempre più espliciti alla parte più oltranzista della base fino a promettere che finché ci sarà lui alla guida di Israele, uno Stato palestinese non vedrà la luce.

Proprio per fare il pieno di voti e rassicurare chi guarda con sospetto all'ex ministro della Giustizia del governo Netanyahu, la Livni ha invece annunciato che, se sarà necessario, è disponibile a rinunciare all'accordo con Herzog per la staffetta alla guida dell'esecutivo.
Buona l'affluenza alle urne: alle 12, aveva votato il 26,5% (in linea con il dato del 2013 quando alla stessa ora la percentuale dei votanti era stata del 26,7%).

Netanyahu, che ha votato di primo mattino nel seggio allestito in una scuola di Gerusalemme accompagnato dalla chiacchieratissima moglie Sara, ha ribadito ai cronisti che non intende formare un esecutivo con il centrosinistra: «Non ci sarà un governo di unità nazionale con i laburisti, formerò un governo nazionalista di centrodestra» afferma. Ma Bibi sa perfettamente che il suo governo è in pericolo.

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