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Yemen, attacchi kamikaze in moschee: 137 morti. L’Isis rivendica, ma la Casa Bianca: mancano prove

Almeno 137 morti e 350 feriti. È questo, per ora, il pesante bilancio degli attacchi kamikaze contro le moschee di al Badr e al Hashuhsh, entrambe frequentate da fedeli sciiti appartenenti alle tribù Huthi, nella capitale yemenita Sanaa. Due grosse esplosioni avvenute quasi in contemporanea questa mattina. Inoltre, secondo fonti locali, un’altra moschea sarebbe stata attaccata nel nord dello Yemen.

Nei Paesi musulmani, il venerdì è il giorno dedicato tradizionalmente per la preghiera in gruppo e i luoghi di culto sono solitamente affollati di fedeli. In Yemen, un altro Paese in cui la primavera araba è sfiorita quasi subito, c’è una guerra civile fra sunniti - come sunniti sono i terroristi dell’Isis - e ribelli sciiti. L'Isis, scrive Site in un tweet, ha rivendicato «cinque attentati suicidi a moschee houthi nei governatorati yemeniti di Sanaa e Saada».

Nel comunicato, la filiale yemenita dello Stato islamico (Isis) rivendica le «operazioni di martirio», recita il titolo del documento diffuso in rete dell'Isis, nel quale si spiega: «Cinque cavalieri del martirio con le loro cinture esplosive si sono lanciati in una operazione benedetta da Allah che l'ha resa possibile» e si prosegue che «quattro di loro si sono infilati nei covi dei Rafidah (termina per indicare i sciiti, ndr) Huti nella provincia di Sanaa facendo saltare per aria le loro sedi Badr e al Hashush»; ovvero le due moschee attaccate.

Tuttavia, la Casa Bianca non conferma che dietro il sanguinoso attacco in Yemen ci sia l'Isis e sottolinea come al momento non ci siano indicazioni in questo senso e non si esclude che si tratti di pura propaganda. «Gli Usa stanno ancora indagando sulla rivendicazione della branca yemenita dello stato islamico», ha detto il portavoce Josh Earnest.

Intanto, secondo quanto ha riportato la tv al Jazeera, nella provincia di al Beitha nel centro del Paese, le milizie sciite Huthi hanno fatto saltare per aria l'abitazione del leader di «al Rashad» partito salafita sunnita opposto alle milizie Huthi.

Il capo dei militari ribelli dell'esercito yemenita, il maggiore Abdel Hafiz al Saqaf, ha lasciato Aden dopo il fallimento del suo tentativo di golpe contro il presidente Abde Rabbo Mansur Hadi e ora si trova con i suoi uomini nella città di Taiz. La presidenza yemenita ha infatti annunciato che è fallito il golpe tentato giovedì contro Hadi ad Aden dove ora si registra una situazione di calma.

Il colpo di Stato, già attuato dai ribelli sciiti yemeniti a Sanaa due mesi fa, era stato riproposto da militari fedeli al deposto presidente Ali Abdullah Saleh alleato degli sciiti. L'esercito yemenita fedele a Hadi controlla ora saldamente l'aeroporto di Aden e la caserma delle forze speciali che giovedì i ribelli avevano tentato di conquistare. Negli scontri tra le due fazioni dell'esercito sono morte 13 persone.

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