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«La foto del “Miliziano”? Non è di Capa»

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Fotografia

«La foto del “Miliziano”? Non è di Capa»

Secondo Ara Guler 93enne, uno degli ultimi fotografi dell’agenzia Magnum ancora in vita, la leggendaria foto di Robert Capa, il “miliziano colpito a morte” ritratto durante la guerra civile spagnola, non fu opera del celebre fotografo, ma di una donna che era con lui, forse una sua assistente, che creò così una delle immagini più iconiche del XX secolo, il cui merito però andò al fotoreporter di origine ungherese.

Il fotografo turco-armeno lo rivela in un'intervista realizzata ad Istanbul da Simone Perotti, nell'ambito del Progetto Mediterranea. «Capa - dice Guler nell'intervista - era uno che non faceva abbastanza. Non era completo. Aveva sempre un mucchio di donne con lui, un viavai. La famosa foto del soldato che cade colpito alla testa, ad esempio, non l'ha fatta lui, ma una ragazza che era lì con lui. Di lui non si sa mai quali foto abbia scattato e quali gli siano state attribuite, ma [molte] non sono sue. Cartier Bresson invece faceva tutto lui, è tutta roba sua, e lui è stato un grande, certo».

La foto del miliziano repubblicano colpito a morte dai franchisti, scattata nel 1936 a Cordova, è da sempre oggetto di controversie, principalmente sulla questione se si trattasse di un'immagine costruita o di uno scatto casuale. Capa ne rivendicò sempre la veridicità, e diversi ricercatori hanno confermato le circostanze in cui fu scattata. Ma a suscitare ulteriori dubbi fu un libro del 2009, “Ombre della fotografia” di Josè Manuel Susperregui, dove l'autore scrisse che l'immagine fu scattata con una Rolleiflex, non la Leica, che era normalmente usata da Capa in quel periodo. La Rolleiflex, si afferma nel libro, apparteneva a una sua amica, la fotografa comunista tedesca Gerda Taro, poi morta nel 1937 nei pressi di Madrid a soli 27 anni.

Guler, ricorda Perotti, «è il più grande della squadra della Magnum ancora in vita, nato come attore e cineasta, poi fotografo per vocazione irresistibile, primo corrispondente a collaborare dalla Turchia con TimeLife, all'epoca una rivista da palcoscenico mondiale. Seguono Paris Match, Stern e il Sunday Times. Fu proprio Cartier-Bresson a portarlo alla Magnum». Ha pubblicato 56 libri fotografici, ripubblicati e tradotti in tutto il mondo.

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